Come fare il Pulled Pork in 5 Passi

Come fare il pulled pork

La Ricetta del Pulled Pork Ideale in forma Analitica 

Posso serenamente dirlo senza timore di smentita: ne ho visto di barbecue americano passare nei grill degli italiani… Oggi addirittura Brisket e Pastrami li puoi trovare abbastanza comunemente a fette e confezionati nei supermercati (quantomeno qui al nord, piano piano arriveranno anche al sud) o il Pulled Pork surgelato nei Cash&Carry e nei discount. Io però appartengo ancora a quella generazione che ha vissuto le prime volte in cui negli eventi pubblici dovevi “tradurre” la ricetta del Pulled Pork o delle Ribs attraverso un sottotitolo in italiano che le spiegasse. Kansas City Style Ribs? “costine  di maiale cotte lentamente a bassa temperatura, affumicate nei nostri smokers e glassate con salsa barbecue“. Pulled Pork? “sfilacci di spalla di maiale cotta lentamente e affumicata nei nostri smokers“. Roba cosi insomma.

Come di cucina il Pulled PorkLa cosa bella, è che sono preparazioni golose, abbastanza facilmente comprensibili e che quindi facevano breccia in modo piuttosto veloce tra chi le assaggiava. Ora, io so che se ti dovessi chiedere di scommettere sul piatto di maggior successo tra gli assaggiatori della prima ora, tu probabilmente diresti “le ribs!“. Ha senso: è probabilmente all’interno delle preparazioni classiche riconducibili al barbecue in purezza, quella più vicina alle tradizioni italiane delle “costarelle” e della “rosticciana”. Eppure… ti potrebbe stupire sapere che nella mia personale classifica di gradimento da parte del pubblico, il Pulled Pork vince a mani basse.

Una delle chiavi di lettura per spiegarne i motivi, è che le ribs sono il primo piatto che ordini, mentre il Pulled Pork Sandwich è quello che torni a riordinare. Perché? Non è una regola, ma se devo essere onesto con te, a parità di golosità del piatto, ti posso dire di aver mangiato spesso negli eventi pubblici delle american ribs, non entusiasmanti diciamo. Sono buone se “azzecchi” una cottura “perfect bite”, ossia la carne che si separa dall’osso al primo morso, con un bark “croccante” e ben formato e con una glassatura definita, che non è un semplice bagno in una dolciastra salsa barbecue, cosi poco incline al palato italiano. Altrimenti… Il Pulled Pork invece è decisamente più alla portata: si cuoce una spalla fino a farla collassare a seguito della completa destrutturazione del collagene in gelatina, fino a quando questo non riesce più a contenere le fibre e… voilà!




In realtà avevo già spiegato come la cottura del barbecue pork non dovesse necessariamente arrivare ad essere “pulled” e di come anzi, la sua degustazione sia tutto un’altro pianeta sulle cotture intermedie ma è innegabile che la ricetta del pulled pork sandwich rappresenti un grande classico sul quale chiunque prima o poi si vuole cimentare. E qui viene il bello: rispetto alle ribs e naturalmente al brisket, si tratta di una cottura più semplice ma… bisogna saperla fare!

Alcune delle classiche problematiche contro le quali ho visto imbattersi il griller alla prima esperienza:

Il pulled… non pulla! Sono arrivato a fine cottura ma ho dovuto “strappare” le fibre con la forchetta per farlo sfilacciare!

Oppure

Sono riuscito a pullare ma… sapeva di lesso di maiale…

O ancora

Troppo, Troooooppo piccante. Ma è giusto che debba essere cosi?

Sai benissimo la mia visione della cucina barbecue: l’esperienza deve crescere sul traliccio della conoscenza. Capire come “funziona” una cottura ti permette poi di governarla anche nei minimi dettagli e di ottenere sempre ed esattamente quello che vuoi, come lo vuoi, quando vuoi. Molti siti “semplicioni” ti raccontano la “ricetta del Pulled pork” come farebbe la Parodi ma la realtà è che il “cosa” devi fare e il “come” dipendono come sempre da cosa vuoi e da cosa hai in mano per ottenerla. Essere un (vero) Grill Master significa saper tracciare una linea tra il primo di questi concetti ed il secondo. Quando è il momento del foil? Le injections servono o no? È necessario un riposo? Se sì, di quanto?

Proviamo allora a definire insieme come cucinare il pulled pork, distinguendo la procedura in 5 fasi distinte, in ciascuna delle quali tu dovrai imparare a prendere delle decisioni. Sei pronto?

1. La Materia Prima

Principalmente il Pulled Pork è ricavabile da tre tagli del suino e se hai studiato i principi di base dell’American Barbecue sai che la discriminante è il collagene. Il primo è la spalla di maiale, ossia quella che in base al sezionamento italiano va dalla clavicola fino allo stinco della zampa anteriore: molto ricca di collagene ma abbastanza povera di grasso, in particolare di infiltrazione. Il taglio quindi tende a rimanere succoso a causa dell’abbondanza di gelatina ma con un sapore poco intenso. Il secondo è la coppa, un grande classico nel nostro paese, ovvero il “collo” dell’animale: grasso, molto infiltrato ma con una quantità di collagene non straordinaria. Il taglio americano per eccellenza è invece il Boston Butt, quella porzione del suino che va dalla spina dorsale fino all’articolazione della zampa anteriore e che comprende quindi la coppa e una parte di spalla.

Tagli Suino

La scelta di come cucinare il Pulled pork naturalmente è in funzione di cosa trovi ma se hai più di una possibilità, il mio consiglio è (ovviamente) quello di complicarti la vita il meno possibile: scegli il Boston Butt e tutto andrà già praticamente nella giusta direzione. In alternativa opta sempre per la coppa: al 90% dovrai fare poco se non avere qualche piccola accortezza che poi ti spiegherò. Se non hai alternative, procedi con la spalla che invece necessiterà però di alcuni accorgimenti e di un po’ di attenzione.

2. Il Seasoning

Nel tuo progetto di cottura, l’obbiettivo finale è molto chiaro: sfilacci succosi e saporitissimi che in mezzo ad un panino, magari accompagnato da una acidula coleslaw a bilanciare l’eccesso di grasso. Ciò che fa di te un Grill Master è la decisione relativa al cosa fare per portare la materia prima da cui parti a questo obbiettivo. E il tuo principale alleato lo sai, sono gli strumenti di seasoning. Sarebbe scontato in questo senso citare il Rub, tipico un po di tutta la cucina barbecue. Più interessante soffermarsi sul tema “injections” e in parte, salse.

Partiamo dalle prime. Molti ritengono sulla ricetta del pulled pork che le injections siano superflue. Posso in parte anche essere d’accordo, ma troppo spesso chi sostiene di essere contrario alle affermazioni assolute è il primo ad abusarne. Bisogna capire esattamente di cosa si sta parlando. Un’injection è un sistema per far arrivare al cuore di un taglio di carne sostanze che diversamente, difficilmente ci arriverebbero. Lo scopo dipende quindi da quali sono queste “sostanze”. Nel caso specifico della ricetta del Pulled Pork, gli scopi possono essere essenzialmente due: veicolare sapore e veicolare gelatina, nei casi in cui si ritiene ce ne sia bisogno.

Post InjectionLa spalla ad esempio come detto, è povera di sapore rispetto ad altri tagli e certamente può giovare di un injection ricca di elementi umami, come ad esempio una base brodo, arricchita magari di birra ambrata e/o burro. Una coppa invece, ne può beneficiare unicamente se l’injection è a base di brodo fatto in casa, ricco di gelatina per andare a compensarne una presenza discreta ma non straordinaria. Sulla coppa si può farne a meno? Certamente si e con buoni risultati ma dire che le injection siano ininfluenti non è oggettivamente vero. Comunque decidi tu, non è fondamentale. Quasi stesso discorso sul Boston Butt nel momento in cui tu dovessi decidere di fare davvero un pulled pork, ossia nel momento in cui dovessi scegliere di non evidenziare in cottura le varie parte per gustarti separatamente ad esempio un money muscle da dei chunks ma propendere per pullare tutto assieme.

La salsa, quella barbecue in particolare, è un condimento tipico del classico pulled pork sandwich ma io qui volevo suggerirtene un utilizzo alternativo. Chi ti racconta “la ricettina da microonde” parla genericamente di “maiale”. Bisogna però rendersi conto che è come dire “manzo”: quale manzo? Tra un Fassone piemontese, un Black Angus o un Wagyu, ci passa un universo di differenza nel mezzo. Stesso discorso si può dire per la carne di suino: la carne di maiale disponibile nei nostri supermercati è spesso tedesca, tendenzialmente magra e più economica, che si differenzia in modo considerevole ad esempio da un Duroc o da molti dei nostri suini nazionali. La quantità di grasso e di collagene cambia molto non solo da una all’altra ma anche da animale ad animale. Solo che il grasso lo vedi, il collagene no! Questo è il motivo per cui ti dicevo prima che l’injection può essere un valor aggiunto da non trascurare a prescindere. Indipendentemente da questo, se ti accorgi che al momento di pullare la carne, i suoi umori non risultano abbastanza “untuosi”, può essere utile mischiarvi un paio di cucchiai di salsa barbecue che li renderà più viscosi, al di là di quanta ne metterai poi a condimento del sandwich. Ma per adesso tieni questa informazione nel cassetto, la capirai meglio tra poco, promesso.

3. Il Bark

Non fidarti di chi ti dice che il Low&Slow nasce e muore a 110°C. Con una carne poco sensibile come quella di maiale non dobbiamo avere la paura di essere troppo “irruenti” che avremmo invece con il Brisket. Nello scegliere come cucinare il Pulled pork possiamo permetterci qualche grado di temperatura di esercizio in più. Possiamo quindi approfittarne per spostarci su un più opportuno 125°C che ci permette di raggiungere facilmente un bark corposo e “crostaccioso” che dovrebbe essere una caratteristica tipica della preparazione. La ricetta del Pulled Pork tradizionale (come tutto il barbecue americano) vuole che sia affumicato. Nel caso, questa fase iniziale è il momento in cui aggiungere legna alle braci (o al gas). Per approfondimenti in merito ti rimando al mio articolo sull’affumicatura.

Low&Slow
Calore Pulled Pork

Un mito che avrai certamente sentito almeno una volta, vorrebbe che questa fase termini al raggiungimento della temperatura al cuore di 60°C rilevata dal termometro a sonda. In realtà siamo sempre nel territorio delle “ricette alla Parodi”, fatte per ridurre la ricetta del Pulled pork (come tutte le altre) a delle istruzioni del microonde per cuochi improvvisati, senza alcuna capacità di discernimento. Ciò che dovresti fare è invece esattamente il contrario: in questa fase il termometro non ti serve proprio, puoi tranquillamente fare a meno di inserirlo.

Bark Pulled Pork Post-min

Il tuo unico focus deve essere il bark. Una cottura Low&Slow complessiva dura in modo molto sommario, circa 2 ore per kg di carne. Tu dovresti considerare come indicazione di massima un primo terzo di questo arco temporale oltre il quale dover iniziare a controllare il bark. Prima non porti nemmeno il cruccio, non serve. Rilassati, goditi una birra in veranda e lascia che sia lo smoker (o il tuo kettle correttamente sestato per il Low&Slow) a lavorare per te. Fregatene della temperatura al cuore e aspetta semplicemente che si formi un bark compatto e spesso, fermo e completamente definito. L’aspetto deve presentarsi uniforme, intenso e dorato, senza arrivare a punti di bruciatura (che portano sensazioni amare e che in tutta la cucina, ma in quella barbecue in particolare, sono sempre sgradevoli e sintomo di un errore). Per completezza ti devo precisare che su alcuni dispositivi come il bullet smoker, un eccesso di umidità della camera di cottura può incidere negativamente sulle formazione del bark ma non essendo l’argomento specifico di questo articolo, ti rimando per eventuali approfondimenti al mio post sull’utilizzo del Water Pan.




Ok, adesso interrompiamo un attimo la descrizione della procedura per approfondire alcuni aspetti. Un po’ come avviene anche nella cucina tradizionale, intorno alle ricette più famose si generano una serie di luoghi comuni dovuti essenzialmente al proliferare di un fastidioso circolo vizioso del tipo: la ricetta ha successo sempre più persone la fanno più persone la fanno e più persone pensano di saperla gestire più persone pensano di saperla gestire e più persone pensano di saper insegnare come si fa più persone improvvisate spiegano e più nascono i dogmi “devi fare cosi”, semplicemente perché loro hanno sempre fatto cosi, la maggior parte delle volte per partito preso, senza capirne le ragioni.

Tu devi uscirne se vuoi riuscire davvero a governare questa cottura. Proviamo allora a sfatarne qualcuno partendo dalle domande che più frequentemente mi sono sentito porre da chi si cimenta per la prima volta nella ricetta del Pulled Pork:

COSA SIGNIFICA “UN BARK DEFINITO”? Significa che deve presentarsi come una “crosticina” appunto e non come una poltiglia, sia essa più o meno compatta. Fai questa prova: passa sulla superficie il dito e se non vi lascerà traccia ne sul tuo dito troverai residui di rub, allora vuol dire che ci sei.

E SE NON È COSÌ? Semplicemente aspetta, lascia che la cottura prosegua fino a quando non sarai soddisfatto del bark. È importante che tu lo faccia perché molti ingredienti degli American Rub (ma lo stesso concetto può essere esteso a qualsiasi rub in generale) tipici per queste preparazioni, necessitano di “tostare” in un bark, per dare il risultato voluto. Il bark dell’American Rub è goloso e “caramellato” per creare un bark pronunciato e saporito. Se però hai letto il mio articolo sulla costruzione di un rub, sai che un bilanciamento tipico del dolce è con il pepato/piccante. Ma il sapore finale del Pulled Pork sarà quindi piccante? Nossignore. Proprio perché tostando, questi elementi perderanno molto del loro carattere pungente per rimanere un discreto e mai fastidioso condimento di sottofondo. Se però tu non termini nella maniera corretta questa fase, tutto questo carattere potente te lo ritroverai invariato nel morso alla fine della cottura.

Spray Bark NEL MENTRE DEVO SPRUZZARE LA SUPERFICIE CON DEL SUCCO DI MELA COME DICONO TUTTI? Ni. Come sempre, farlo “a macchinetta” non serve a nulla, bisogna capirne le ragioni per poter decidere. Anche il mio Rub456, pur essendo un American Rub ridisegnato sul palato italiano, rispettando i canoni del genere, contiene zucchero, ovvero saccarosio. Quando ti parlavo del rapporto tra zucchero e cottura, ti spiegavo come gli zuccheri semplici come il fruttosio, maillardizzano molto meglio e più facilmente rispetto ai disaccaridi come appunto il saccarosio. La buona notizia è che in ambiente acido questi ultimi tendono abbastanza facilmente a scindere in zuccheri semplici. Tradotto in “barbecuese” significa che un’alta presenza di zuccheri semplici definiranno il bark e maillardizzeranno creando un meraviglioso aspetto mogano, molto prima di quando i cristalli di saccarosio formino fastidiosi punti di eccessiva brunitura. Per altro, al di là di tutte le favolette sull’aromatizzazione della carne che ti hanno sempre raccontato, questo è l’unico senso per il quale il rub viene lasciato riposare sulla carne (che in idoneo stato di conservazione è un ambiente moderatamente acido) tempo prima di andare in cottura. Quindi in definitiva, devi spruzzare o no? Devi dirmelo tu. Nel senso: ne hai bisogno? L’aggiunta del succo di mela serve per acidificare la superficie e per apportare ulteriore fruttosio in aiuto alla formazione del bark, ma ti serve farlo? Se vedi che rimangono troppi cristalli di zucchero, che stanno brunendo troppo prima di quanto velocemente si stia uniformando il bark, allora si: dai una spruzzata ogni 20-30 minuti fino a quando non vedi che il bark reagisce. Se invece tutto si incanala già da solo verso il risultato ideale, non ha alcun senso farlo e puoi tenerti il succo di mela per il tuo Apple Martini della sera.

E SE VADO IN STALLO?? E chi se ne frega. Nel senso: perché ne hai timore? Tra le stupidate che sento frequentemente in questo ambiente, uno dei grandi classici è “non appena raggiungi i 60°C al cuore procedi con la successiva fase di foil, perché cosi eviti lo stallo“. Ma perché caspita lo devi evitare? Per capirci, lo stallo è un fenomeno tipico del barbecue in purezza, nel quale con temperature di esercizio cosi contenute, gli umori affioranti sulla superficie della carne a seguito della trasudazione conseguente all’aumento di temperatura e alla contrazione delle fibre, arrivano ad essere cosi rilevanti da assorbire più energia termica di quanta sarebbe necessaria alla carne per continuare il suo processo di cottura. Ne avevo per altro parlato abbondantemente in un articolo dedicato. In altre parole la crescita della temperatura al cuore si pianta li e non va più avanti. È cosi brutto? Boh. Considera che lo stallo interessa al 99% periodico il finale della fase di cottura appena descritta sopra. E qual è l’obbiettivo di questa fase? Esatto, il Bark. Sei in stallo e non hai ancora raggiunto il bark? Perfetto. Quando ci sarai riuscito, le successive condizioni di foil, come appunto sottinteso da questo luogo comune e come vedremo tra poco, sembrano fatte apposta per superare lo stallo. Raggiungi il bark senza andare in stallo? Meglio ancora. Qualsiasi sia la tua temperatura al cuore aspetta il bark e basta. Anzi, nel dubbio come detto, in questa fase non inserire nemmeno la sonda del termometro, cosi non ti viene nemmeno la tentazione…

Chiariti questi aspetti possiamo andare avanti.

4. Il Foil

Una volta raggiunto il bark desiderato, è il momento di agevolare e velocizzare il più possibile la conversione del collagene che “irretisce” le fibre dei tagli poveri come i nostri, in morbida e arrendevole gelatina, in modo che una volta raggiunto il “collasso” totale della struttura, questa le lasci libere di “pullare”, che è un po’ la caratteristica tipica di questa preparazione, evitando di disidratarla inutilmente a causa di un’eccessivo prolungamento della cottura. E come sappiamo dallo studio dei fenomeni che governano il buon esisto di una cottura American Barbecue, l’umidità è un fattore determinante. Questo è il senso della fase di foil sul come cucinare un pulled pork: avvolgere il taglio di carne con della stagnola che possa trasmettere facilmente calore e al contempo trattenere l’umidità trasudata in cottura.

Sui principi alla base del foil e sulla possibilità di utilizzare eventualmente materiali alternativi all’alluminio come la famosa Butcher Paper, ti rimando all’articolo che avevo scritto a questo scopo su questo argomento. Più banalmente trovo più utile approfondire in questo momento, il “modo” con il quale devi procedere. Nella ricetta del pulled pork esistono sostanzialmente due scuole di pensiero: avvolgere semplicemente il taglio in un paio di strati di alluminio in fogli (ovvero quello che viene comunemente definito Texas Crutch) e posizionarla all’interno di una vaschetta di stagnola per poi avvolgerla/sigillarla con l’alluminio.

come cucinare un pulled pork - foil

Una volta che sarà stato sfilacciato, il pulled pork tenderà ad una forte evaporazione (leggi disidratazione). È estremamente importante quindi che tu proceda a rimescolare in fretta le fibre nei suoi stessi succhi, che saranno ricchissimi di collagene denaturato in gelatina e che, esattamente come avviene quando si mette la gelatina  sul paté o su una crostata di frutta, le avvolgeranno idratandole e proteggendole, oltre a dargli più sapore. Ergo: a noi i succhi servono eccome! Non considero quindi il Texas Crutch un sistema di foil ideale per la ricetta del Pulled Pork, preferendogli nettamente la vaschetta.

Ancora un piccolo angolo “luoghi comuni”, vuoi? Lo so, fa male ma ti servirà, vedrai…

DEVO AGGIUNGERE UN LIQUIDO NEL FOIL? Ancora una volta, niente ricette-medicina. Dipende. La trasudazione di una massa di carne di quel genere è più che sufficiente ad ottenere il processo che ci serve e non serve alcun liquido aggiuntivo, anche se so che ti avranno detto il contrario. Lo scopo invece è quello naturalmente di raccogliere gli umori per poi poterli riutilizzare. Questi umori sono sostanzialmente dati da acqua libera, grassi ed eventualmente midollo in scioglimento e naturalmente collagene denaturato in gelatina. Se quindi hai un taglio molto grasso e “fresco” come una coppa, aggiungere liquidi è abbastanza irrilevante. Idem se usi una carne in osso come il Boston Butt. Se invece usi carne di suino frollata due settimane (se non hai mai provato, valuta la possibilità perché ne vale la pena) e quindi leggermente più asciutta oppure un taglio più magro come la spalla, allora certamente può avere senso fare una “base”, un fondo nel quale raccogliere gli umori che ne ricaveremmo in forma più contenuta. Nel caso, qualsiasi liquido di tuo gradimento va bene: brodo, birra, succo di mele, ecc. Questo naturalmente, salvo l’aggiunta di un liquido non sia un intervento voluto per completare la ricetta del pulled pork. in questo senso a mio parere un misto di brodo e burro è un classico che funziona sempre molto bene.

MA SE NON STRINGO IL FOIL FORTE-FORTE-FORTE MI SI ROVINA IL BARK!! Che sciocchezza. Il maggior vapore che si crea con il metodo della vaschetta rispetto al texas crutch rovina il bark solo se… il bark non c’è. La reazione di maillard che è alla base della formazione del bark, è un processo irreversibile. Non si torna indietro. Se una volta tolta la carne dal foil il bark si disfa, vuol dire solo che non hai fatto un buon lavoro nella fase precedente, che hai lavorato in ambiente troppo umido o che hai anticipato troppo la fase di foil. In altre parola, che il bark era a malapena accennato e che non ha retto. Ti assicuro che se il bark è fermo e perfettamente definito, non c’è nessun foil che possa rovinarlo, vaschetta, texas crutch, butcher paper o qualsiasi altro esso sia. Se al limite il bark dovesse risultarti eccessivamente “bagnato” (non indebolito, solo troppo umido), rimetti la carne nello smoker per un ulteriore quarto d’ora e tornerà perfetto.

A QUESTO PUNTO POSSO ALZARE LA TEMPERATURA DI ESERCIZIO CHE TANTO NON SUCCEDE NULLA. Abbastanza vero, ma occhio! Nel senso: temperature più alte hanno un’effetto diverso sulla contrazione delle fibre, che finiscono inevitabilmente per espellere più umori. E se sono fuori, non sono dentro, per capirci… È come se dopo aver lavorato finora di fioretto, decidessi improvvisamente di imbracciare la sciabola. Si può fare ma devi potertelo permettere. Se stessimo parlando di un brisket, ti direi che sei matto. Ma effettivamente sui tagli da pulled pork è generalmente possibile. Meglio magari su una coppa che su una spalla e meglio se possibile, limitandosi ad alzare la temperatura di qualche decina di gradi, evitando di di superare inutilmente i 160°C.

Quindi posiziona la carne nella vaschetta, avvolgila in doppio strato di stagnola e sigilla molto bene gli angoli in modo che sia più ermetica possibile, inserisci la sonda del termometro al cuore e ritorna in cottura.

5. Il Rest

Ora, in una ricetta per il pulled pork, a quale temperatura al cuore la cottura può dirsi terminata? “95°“.., “massimo 97°C“…, “almeno 99°C cosi sei sicuro“… Ne ho sentite di ogni. La verità è che un altro falso mito che ti devi togliere dalla testa è quello che vorrebbe la denaturazione del collagene come un pulsante ON/OFF che scatta al raggiungimento di determinate condizioni. Non funziona cosi. Si tratta di un fenomeno graduale che graficamente viene descritto da una curva. E il bello è che è ogni volta diversa: non esiste UNA temperatura, sono pezzi di carne mica bulloni. Ognuna si comporta come vuole.

Il termometro quindi serve per tenere la situazione monitorata, per avere un momento che potremmo indicare in circa 94-95°C oltre il quale iniziare a fare quello che tecnicamente si descrive come Probe Test. Immagina di lasciare un panetto di burro fuori dal frigo per un’ora. immagina ora di prendere la sonda del termometro (“probe” in inglese appunto, ma vale anche per uno stuzzicadenti o qualsiasi altra cosa) e di infilzarla ripetutamente nel burro. Quella sensazione rappresenta il grado di resistenza alla penetrazione opposto da un collagene quasi completamente denaturato, appena prima di sfaldarsi completamente. Fai esattamente la stessa cosa sul tuo taglio di carne, ricontrollando frequentemente in caso di esito negativo: indipendentemente dalla temperatura, quando avvertirai quel tipo di resistenza in tutte le parti, sarà il momento di toglierlo da cottura.




Finita qui? No. O meglio: Ni. Potresti anche pullare tutto, andare a tavola e chiudere la questione, ma significherebbe… godere solo a metà, per riprendere un vecchio claim pubblicitario. Come ti avevo spiegato nel mio articolo sul cosiddetto Rest, la conversione del collagene in gelatina non termina interrompendo la sollecitazione da parte del calore. La gelatina ha una struttura ramificata che anzi, tenderà a formarsi per lo più nelle ore successive. E tanto più lento sarà il calo di temperatura e tanto più fitta sarà la ramificazione. I vantaggi? Tanto per cominciare un capacità notevolmente maggiore di trattenere le molecole di acqua libera, rendendo il pulled pork decisamente più succoso e avvolgente. In secondo luogo il fatto che la conversione sia decisamente più omogenea lungo il corpo del taglio di carne. Hai mai visto tutti quei video nei quali ancora si cerca di stupire, facendo vedere la carne che letteralmente “si disfa” tra le mani alla semplice pressione delle dita? Con ogni probabilità quella carne ha fatto rest.

Cambro BoxL’ideale è metterla in un cambro box (o contenitore isotermico che dir si voglia), comunemente in vendita in qualsiasi cash&carry a cifre ormai abbordabilissime, oppure un semplice contenitore di polistirolo o in generale qualsiasi altra cosa possa fare da isolamento termico con l’ambiente esterno. Alla peggio puoi usare una borsa termica di quelle per portare a casa i surgelati dal supermercato, oppure semplicemente metterla in forno a 50-60°C. Non devi fare nulla: lasciaci la carne ancora in foil come l’hai tirata fuori dallo smoker. Mettila in isolamento termico e dimenticatela li. Più ci sta meglio è, e migliore è la capacità di conservazione e maggiore naturalmente sarà il tempo nel quale potrai conservarla a temperatura di servizio. Considera che con un cambro box anche solo decente puoi tranquillamente arrivare alle 8 ore e forse oltre, a seconda della stagione. In generale comunque ti consiglio di prevedere nel tuo progetto di cottura una sosta in rest non inferiore alle 2 ore.

Non resta che rendere il tuo pork… pulled e servire. Togli la copertura di alluminio lasciando la carne ancora immersa negli abbondanti succhi presenti nella vaschetta e inizia a pullare: utilizzando le apposite “unghie d’orso” o in sostituzione due semplici forchette, “tira” (“pull” appunto) le fibre dal centro verso l’esterno in direzione opposta. Senza fare fatica ti troverai davanti dopo quattro o cinque passaggi una massa di sfilacci fumanti. Questo è il momento di rimestarli nei loro stessi succhi, in modo che questi abbiano modo di rivestire le fibre come un untuoso vestitino, che le renderà ancora più golose e le proteggerà dalla disidratazione. A me personalmente la ricetta del pulled pork piace “nature”, ma come detto all’inizio, se temi che il tuo taglio possieda una quantità di collagene non eccezionale o se invece semplicemente ti piace un sapore più ricco, puoi aggiungere ai succhi della vaschetta un paio di cucchiai di salsa barbecue, magari della mia Double Cherry, che ci sta davvero un gran bene.

Pullare Pulled Pork Post-min

Ora sai esattamente come approcciarti nel modo didatticamente corretto al come cucinare il Pulled Pork senza doverti fidare dei consigli del “cuggino”, ma comprendendo davvero le motivazioni che ci sono dietro la TUA ricetta del pulled pork ideale, come il metodo Grill Experience insegna, ma soprattutto con la certezza di avere sempre in mano il controllo della tua cottura in ogni condizione.

Se poi deciderai di voler raggiungere risultati di eccellenza assoluta, magari estendendoli a tecniche di cottura come l’hot&fast, c’è sempre il mio video corso “advanced” Homepetition Barbecue Pork.

Buon divertimento e buon barbecue!

American Barbecue

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