Il Ruolo del Rest nel BBQ

Post Rest

Perché Far Riposare la Carne dopo la Cottura

Molti dei punti di contatto della cucina barbecue con quella tradizionale sono ancora pervasi da quell’alone di mistero misto ad incertezza che solo il mondo glitterato e fumoso generato dal culto degli chef a 3 stelle, è in grado di generare. E’ un contesto confuso di incerti cuochi prestati alla griglia, in grado di generare dogmi assoluti che in molti casi si riducono alla creazione di banali ed insensati luoghi comuni come “non salare il cibo prima di cuocerlo” e tutte la altre regole “chiaviche” che senti raccontare negli inserti gastronomici dei giornali e della televisione. Nel nostro mondo non funziona così: la cucina barbecue è estremamente tecnica ed uno dei fattori che me la fa più apprezzare è il fatto che la sua conoscenza debba necessariamente passare per la comprensione dei processi che ne sono alla base. Diversamente, si è destinati a rimanere grillers dozzinali e approssimativi senza arrivare mai a diventare dei Grill Masters, padroni del proprio risultato in griglia.

Proprio in quest’ottica è utile approfondire uno dei tanti consigli che generalmente si associano al barbecue, quella di far riposare la carne dopo la cottura. Sull’onda di quello che ti dicevo in premessa, bisogna capirci bene su quello che intendiamo: in realtà non si può dire semplicemente “riposo”, bisogna distinguere almeno due contesti distinti: quello del Rest BBQ, tipico del barbecue americano in purezza e il cosiddetto Holding, adottato nelle cotture tradizionali e nel grilling delle bistecche in particolare.

Il Rest BBQ e il Collagene

Il collagene è un elemento cardine del funzionamento di una cottura barbecue ed è necessario quindi tu lo comprenda molto bene per riuscire ad ottenere buoni risultati sul tuo Brisket o i tuo Pulled Pork. Si tratta di un composto proteico per lo più contenuto nei tagli più poveri ed in parti di scarto come ossa, articolazioni o tessuti sottocutanei. Post Rest CollageneGli amminoacidi che lo formano sono strutture a tripla elica che tendono a collegarsi tra loro con un’intensità diversa a seconda dell’età, delle vita o della genetica dell’animale. In sostanza creano tra loro una rete che ha la brutta, bruttissima tendenza ad irrigidirsi se sottoposto a cotture violente. Al contrario, in ambiente umido, a temperatura bassa e costante, a partire dalla temperatura di cottura al cuore di 60°C, lentamente le eliche iniziano a districarsi e a srotolarsi, indebolendo la rete che conteneva le fibre.

Te lo spiego meglio. Prova ad immaginare di grigliare del biancostato: ne tiri fuori una specie di immasticabile copertone da camion, giusto? Hai mai provato a farlo bollire invece? Non esiste ambiente più umido e l’acqua non oltrepassa per definizione i 100°C. Le eliche si srotolano e la rete si destruttura. Non c’è più nulla che mantenga insieme la carne, che infatti si sfalda con la semplice pressione della forchetta. La stessa cosa avviene nella carne in cottura barbecue in purezza …ma con tutto il gusto, i colori e gli aromi che solo il nostro mondo riesce a creare.

Va bene, ancora un passaggio: cosa succede esattamente all’interno della carne? Prova a lasciare riposare in frigo il brodo e ci troverai all’interno della gelatina solida. Questo avviene perché dopo che il processo di degradazione del collagene è stato completato, un successivo abbassamento della temperatura porterà una progressiva tendenza alla ricostruzione dei legami in forma più ramificata. Ossia si forma la gelatina: una struttura altamente instabile che in un processo irreversibile tenderà ad irretire le molecole d’acqua che nel frattempo si sono liberate durante la cottura. Al di sotto dei 35°C assumerà una consistenza solida, salvo poi eventualmente riprecipitare con il riscaldamento. Un fattore importante in questo processo è il tempo in cui avviene: la costruzione di questi legami è relativamente lenta, quindi più lentamente si abbasserà la temperatura, più legami si formeranno e più fitta sarà la rete che trattiene le molecole d’acqua. Nel barbecue in purezza, tutto questo avviene all’interno del pezzo di carne che infatti diventa tenero come il burro, trattenendo una quantità mostruosa di liquidi e sciogliendosi letteralmente in bocca.

Far riposare la carne dopo la cotturaArriviamo al dunque: in che modo ci può aiutare far riposare la carne dopo la cottura? Supponiamo di cuocere in barbecue Low & Slow un Boston Butt fino ad ottenere il fantastico Pulled Pork. Al superamento delle temperatura di pullaggio tutte le eliche del collagene saranno degradate ma se lo puliamo subito tenderà a disidratarsi molto velocemente. I succhi liberi tendeanno ad evaporare in fretta prima di venire irretiti dalla gelatina in formazione, lasciandoci un pulled pork asciutto e poco invitante. E’ solo la fase di rest del bbq infatti che creerà le condizioni affinchè lentamente e progressivamente si generi la gelatina, che oltre che irretire i liquidi, agirà come lubrificante tra le fibre, attribuendo al morso l’incredibilmente golosità che rende giustamente il pulled pork uno dei piatti più famosi ed apprezzati dell’America barbecue. Ovviamente lo stesso ragionamento è valido per le Ribs, il brisket e tutte le altre preparazioni tipiche.

Quindi in sostanza: più lungo sarà il tempo di Rest del BBQ e più succoso e avvolgente sarà il risultato finale.




Fare Holding con le Bistecche

Vale per qualsiasi taglio di carne, compresi quelli più grandi e anche per i classici da cottura indiretta ma è alla cottura della bistecca che nelle cotture tradizionali viene associato un periodo di riposo dopo la cottura. Hai presente quando consigliano di lasciare riposare una bistecca avvolta in un foglio di stagnola per 5 minuti, 10, 15 o chissà che altro per poi mangiarla fredda o bollita? Tutto questo insieme di comportamenti, giusti o sbagliati si riassume con il nome di holding o “mantenimento”.

Questo è in realtà un aspetto approcciato in maniera meno scientifica e più empirica rispetto al Rest nel BBQ, il che rende l’argomento molto dibattuto ed oggetto di vari tentativi di debunking da parte di molti siti. Per quella che è la mia esperienza, mi trovo molto in linea con i risultati ottenuti da siti come Serious Eat, dove si sostiene forse in modo un po’ semplicistico, fumettistico e colorito ma molto efficace, che le fibre si comportino come dei contenitori per i liquidi, i cui strati alle estremità si contraggano se sollecitati dal calore, costringendo i succhi e l’acqua libera nella parte più lontana dalla superficie. In questo momento la carne si comporta come una bottiglia di soda che è stata agitata: il contenuto sottoposto ad eccessiva pressione tenderà ad esplodere verso l’esterno se la bottiglia verrà aperta. La bistecca quindi se tagliata immediatamente dopo essere stata tolta dalla griglia perderà i succhi eccessivamente compressi nella parte centrale. Un fase di holding tenderà ad allentare la contrazione e a ripristinare l’equilibrio.

far riposare la carne dopo la cottura e Carry OverDi certo sappiamo che le fibre della carne si contraggono quando a contatto con una superficie di cottura molto calda e che nel punto di contatto tenderanno a disidratarsi molto di più che nel resto del corpo della bistecca in modo proporzionale alla massa e alla temperatura di esercizio: in altre parole tanto più la bistecca è spessa e tanto più la temperatura attraverso la quale la sollecitiamo è elevata e tanto più tenderà a presentare una disomogeneità al suo interno in questo senso. L’altra certezza che abbiamo è che far riposare la carne dopo la cottura in modo adeguato, ridurrà il problema, come per altro già sappiamo dalla conoscenza della tecnica base di cottura della bistecca.

Per completezza di informazione riporto come il contraltare di questa teoria sostenga che questo fenomeno sia in realtà dovuto semplicemente ad un cambiamento di densità dei succhi interni alla bistecca e non a modifiche nella concentrazione. Io da questo punto di vista utilizzo il mio solito approccio da agnostico: in assenza di fonti che attestino in modo certo le dinamiche che avvengono in questi casi all’interno di una bistecca, mi limito a partire da ipotesi sostenute da fonti le più autorevoli possibili incrociandole con la mia esperienza empirica per tirarne fuori una tendenza di comportamento pratica. In questo caso specifico la mia esperienza diretta mi fa propendere a convalidare maggiormente la tesi di Serious Eat, per quanto forse eccessivamente colorita. Mi spiego:

carry overDevi sapere che far riposare la carne dopo la cottura comporta un fenomeno chiamato Carry Over, conseguente al fatto che la crescita della temperatura al cuore non cessa istantaneamente nel momento in cui la si toglie da cottura ma si arresterà progressivamente. Immagina il Carry Over come un treno lanciato in corsa sul quale improvvisamente viene innestato il freno: non si bloccherà all’istante, giusto? L’inerzia farà si che continui la propria marcia rallentando la propria velocità. Tanto più grande sarà il peso del treno (leggi massa della carne) e tanto più sarà la sua velocità (leggi temperatura) e tanto più lungo sarà il suo spazio di arresto, quindi il Carry Over. Sulla bistecca questo vorrà dire che la sua temperatura si alzerà ugualmente di qualche grado anche dopo che la toglierai dalla griglia. Chiaro?




Ora, uno dei criteri di holding sul grilling che a mio avviso funzionano meglio è quello di inserire una sonda nella bistecca durante il riposo, attendendo che cessi il carry over e che cali quindi la temperatura al cuore. Non appena smetterà di crescere e si invertirà la tendenza rilevando l’abbassamento di un grado, la bistecca sarà pronta per poter essere affettata e servita. Logico quindi che il Carry Over sia funzione della diversa massa ma che su una bistecca di dimensioni standanrd si stia parlando di un range abbastanza contenuto. Se si trattasse di un semplice cambiamento di densità, quanto potrebbe incidere l’abbassamento di un grado? Con ogni probabilità nulla. Invece seguendo questo metodo si ha un cambiamento tangibile ed evidente nella perdita di succhi.

Già che ci siamo: aiuta avvolgere la bistecca in un foglio di stagnola? No. Ma perché mai dovrebbe aiutare? La stagnola ha l’unico senso di mantenerla calda se adotto tempi di holding molto (troppo) lunghi. È un po’ come se “addolcissi” il freno con il quale tenti di frenare il treno. Peccato che allunghi anche a dismisura il Carry Over sballando completamente la temperatura di cottura desiderata. Non è come nel Rest BBQ dove più lungo è il tempo di riposo, meglio è. La bistecca come ti ho spiegato, deve risposare il giusto, sfruttando il Carry Over nella misura strettamente funzionale a ciò che ti serve.

far riposare la carne dopo la cottura e Carry OverL’unica cosa sulla quale mi discosto è la tendenza di Serious Eat ad azzardare delle tempistiche universali che invece secondo me come detto, dipendono da caso a caso, a seconda dello spessore, della massa e di tutti gli altri fattori che di solito influenzano la cottura di una bistecca e che quindi sono a mio parere da associare alla imparziale lettura di un termometro. Le mie prove dimostrano come in fase di holding, la temperatura superficiale della bistecca sarà la prima a calare, creando i presupposti per un ripristino della contrazione delle fibre e solo successivamente inizierà il calo delle temperatura interna. Il mio approccio è personalmente quello di non andare mai oltre questa fase. L’ideale è quindi come detto, lasciare la sonda inserita e tagliare la bistecca nel momento in cui verifichiamo che la temperatura al cuore ha una flessione.

Ti sei mai accorto di quanto fossero importanti la fase di rest nel bbq e di holding nel grilling? Allora non ti resta che metterle in pratica.

Buon divertimento e buon barbecue!

Fonti:
seriouseat.com
le Scienze Blog

American Barbecue

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8 Comments

  • Sempre io a romperti con qualche domanda.
    Il rest va fatto lasciando il pezzo avvolto nell’alluminio o lasciato dentro una leccarda senza essere chiusa?
    Per la bistecca parli di lasciar riposare finchè non vi è un calo al cuore, questo vale ad esempio anche per il pulled pork o altri tagli in generale?
    Capisco che tu non voglia dare tempi…ma un minimo almeno potresti azzardarlo?
    grazie per la disponibilità e per gli articoli sempre interessantissimi che proponi!

    • Ciao, non rompi mai figurati
      Se intendi american bbq il rest va fatto in cambro con la carne nelle stesse condizioni in cui era nello smoker (presumo foil).
      Per il calo della temperatura è una prassi solo nel caso della bistecca e per i tempi su una bistecca da 300 gr direi 3-4 minuti sul tagliere

        • Intendo in un contenitore isotermico (di cui cambro è il maggior esponente appunto. Un po’ come la carta casa che per antonomasia è lo Scottex).
          Per i tempi, non ho materiale dimostrativo a supporto ma per la mia esperienza l’ideale è due ore

  • Ciao Marco, rileggevo questo articolo e mi è venuto in mente l’ultimo brisket che ho fatto tempo fa. Arrivo a temperatura molto prima di cena, bark che mi soddisfa e penso:”finalmente riesco a fare un bel rest in isobox (di polistirolo) fino a quando lo mangerò” ricordo di aver aperto il foil subito dopo cottura per ricavare il point per le burnt ends, ho richiuso e via in isobox. Quando ho riaperto purtroppo il bark era un lontano ricordo e il mio bel brisket era praticamente bollito…
    Cosa puoi consigliarmi come regola generale?

    • Cerca sempre sul blog un post sulla gestione dello stallo. So che apparentemente non c’entra ma contiene molte info che fanno al caso tuo. Se è successo questo significa che il bark non era completamente formato. Leggi e fammi sapere

    • Ciao Giorgio, ti dico esattamente cosa penso per punti:
      1. Ho una grande stima per il lavoro di meathead. Trovo però che a volte tenda alla ricerca forzata del debunking, (che è poi quello per cui è famoso) anche dove non sia cosi evidente e che per perorare la sua causa tenda in alcune occasioni a mettere sullo stesso piano le sue conclusioni con i dati e gli esperimenti sulle quali sono basate, il che da loro una percezione di autorevolezza che non sempre hanno. I dati sono dati, il “quindi è cosi” non è sullo stesso livello. Questo naturalmente detto con tutto il rispetto per il professionista, che reputo essere estremamente qualificato e professionale.
      2. Meathead qui parla di una differenza concettuale tra il “resting” e il “holding” ed è questa la fonte della discrepanza di temperature e collagene a cui ti riferisci e certamente ha ragione ma è solo una questione terminologica. Per quello che è la mia piccola esperienza parlando con i professionisti stranieri del settore, io “sul campo” sento parlare genericamente di “resting” per descrivere entrambi i processi, includendo in questo termine anche quello che lui chiama holding (che invece è un termine che vedo applicato molto raramente a quel contesto) e che come giustamente dici ha per oggetto i grossi tagli di carne ricchi di collagene in luogo delle bistecche.
      3. Come ti ho accennato al punto 1, lui in base ai suoi test deduce che durante la fase di holding (che io nell’articolo includevo nel termine “rest”) si verifica un “carryover dolce” che porta avanti la cottura migliorando per questo motivo la consistenza della carne, da qui il suo parere che una buona cottura sia molto più importante di un buon rest (o hold che dir si voglia). Come si diceva però, è una deduzione. Io invece ho basato il contenuto di questo articolo su uno studio dell’ottimo Bressanini sul processo di destrutturazione del collagene in gelatina nel tempo, ma più ancora l’ho basato sulla mia esperienza diretta nel tentare di verificare questa teoria.

      In conclusione: come per quelli sul Reverse Searing e per altri studi fisico chimici legati alle varie reazioni del cibo quando sollecitato dal calore, io sono profondamente convinto che in questo micro mondo non esistano le vere condizioni “cereris paribus” in base alle quali poter formulare una formula algebrica applicabile universalmente. Una cucina non è un laboratorio di chimica (e ancora meno lo è una griglia) e un pezzo di carne non è un composto molecolare predeterminato. Subentrano troppi fattori nei processi per poter dire che siamo in assoluto in grado di controllarli tutti, quindi l’approccio migliore a mio parere è quello di partire da una base teorica sulla quale cercare un’applicazione pratica che sappiamo essere vera in una certa misura per noi, a casa nostra, sulla nostra griglia, con la nostra carne e magari (forse, non è dato saperlo) non vero in altre condizioni incognite. In altre parole, tutto questo pippozzo (spero di non averti annoiato 😀 ) per dire che provate sul campo, nel mio modo di fare barbecue riscontro più verità in quello che c’è scritto nel post rispetto a quello che dice meathead. Ma ci sta che ci sia chi la pensa diversamente e forse la cosa bella sta proprio in questo 😉

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