Tutti i modi per ottenere l’effetto Reverse Searing

Post tipi Reverse Sear -min

Le diverse tecniche del Reverse Searing

Se mi conosci da un po’ o se hai partecipato ad uno dei miei corsi sulle tecniche di cottura delle Steakhouse, mi avrai sentito raccontare questo aneddoto almeno un milione di volte: hai mai visto il film Il Diavolo veste Prada? Ricordi la scena in cui Anne Hathaway per entrare nelle grazie di  Meryl Streep corre come una matta per fare per lei le commissioni più assurde? Ricordi quando carica di pacchetti passa direttamente dalle cucine di Smith & Wollensky (famosa e storica Steakhouse di New York) a ritirare per il suo capo una bistecca “to go”, poi arriva in ufficio, scopre che senza nemmeno avvisare lei è uscita a pranzo e per la rabbia e la frustrazione la scaraventa nel cestino della spazzatura? Se ci fai caso, poco prima che la bistecca gli venga messa nel piatto dallo chef del ristorante, viene tirata fuori da un forno. Alcuni chiamano quel metodo “newyorker” ma francamente non credo abbia un nome vero e proprio. E’ semplicemente il sistema più diffuso per cuocere e servire la bistecca da quelle parti. Questo almeno fino a quando non è nato il Reverse Searing.

Reverse Searing Diavole Veste Prada

Continuo ad approfittare del tuo senso di immaginazione per farti pensare a quanto debba essere complicato somministrare bistecche cotte alla perfezione come ci si aspetta da una Steakhouse, con una velocità di servizio considerata accettabile negli States (quindi velocissima) per il numero di persone che comunemente e quotidianamente affollano un locale di quel tipo. Il metodo newyorker (o come preferisci chiamarlo) prevede che per diminuire i tempi di servizio (che su quegli spessori sarebbe di almeno 10-15 minuti), si proceda a cauterizzazione e poi a mantenimento a temperatura controllata in forno.

Ad un certo Christopher Finney è venuto in mente che forse era più comodo invertire le fasi: prima mantenimento e poi cauterizzazione al momento della comanda, offrendo un prodotto più fresco e fragrante. La sua sorpresa è stata nello scoprire che quella sosta a temperatura controllata partendo da carne cruda, attivava alcuni tra gli infiniti enzimi esistenti (le catepsine) che procedevano ad una parziale demolizione delle fibre. In sostanza il prodotto finale era più tenero, morbido, cedevole rispetto alla stessa materia prima trattata con il newyorker. Inoltre la lenta e progressiva crescita di temperatura nella fase iniziale donava alla carne una uniformità cromatica tendente al rosa intenso, decisamente più gradevole rispetto al classico “effetto crudo” di una classica bistecca al sangue e la temperatura era piacevolmente tiepida e non fredda-frigo al centro. Questo effetto “Reverse Sear” definisce da quel momento un nuovo standard di servizio della bistecca e nasce cosi la tecnica chiamata Metodo Finney o Reverse Searing come viene più comunemente conosciuto, cioè cauterizzazione inversa, ovvero all’inverso di come avveniva prima con il newyorker.

NOTA BENE. Voglio essere estremamente caro con te. Contrariamente a quello che viene comunemente raccontato in Italia, il Rverse Searing rappresenta una tecnica avanzata di cottura della bistecca che io consiglio di approcciare solo dopo aver ben compreso il funzionamento di un grill con coperchio ed in particolare solo dopo aver preso dimestichezza con la tecnica di base corretta per la cottura di una bistecca. Prima si impara a camminare e solo dopo a correre! La tecnica del Reverse Searing deve essere adottata per ottenere degli effetti specifici sulla bistecca ed unicamente per quello.

E proprio qui nasce l’oggetto del post di oggi. Finney ha fatto del proprio metodo una vera e propria ragione di studio e tutta la prima fase di vita mediatica del Reverse Searing è stata improntata sull’impostazione creata dal suo inventore: mantenimento iniziale in cottura indiretta a 200°F e poi cauterizzazione diretta ad alta temperatura. Si, hai letto bene: 200°F, ovvero 94°C circa. La fase successiva, nella quale si è cominciato a parlare di Reverse Searing in Italia è coincisa con alcuni studi che asserivano come l’attività enzimatica raggiungesse il suo culmine nella fascia di temperatura intorno ai 50º C e non a 100. Su questo principio è nata una sorta di furba scorciatoia “for dummies”, che in un paese totalmente ignaro della materia è finito per essere considerata LA strada per ottenere l’effetto reverse sear: far coincidere la temperatura di esercizio con quella di cottura target della bistecca (circa 50°C), si è ben pensato di lasciare la carne a riposo a quella temperatura fino a quando la temperatura al cuore non raggiungesse anch’essa quel valore (ripeto il consiglio: se non stai capendo cosa sto dicendo, leggiti PRIMA l’articolo sulla tecnica di base di cottura di una bistecca). La successiva cauterizzazione a quel punto diventava una formalità anche per chi non era particolarmente avvezzo alla gestione di un grill, decretando un utilizzo “parallelo” discretamente efficace ma drammaticamente inefficiente a causa delle lunghissime tempistiche richieste come dazio.

https://youtube.com/shorts/p62pW6flnwA?feature=share

Il Reverse Searing però non è affatto questo e i benefici di un effetto Reverse Sear possono essere raggiunti in molti altri modi decisamente più coinvolgenti, meno “meccanici” ma sicuramente più intelligenti. Chiariamoci sul concetto generale: un Reverse Searing è una tecnica ibrida di cottura di una bistecca, ovvero una combinazione di due fasi di cottura distinte. Nella prima fase detta “enzimatica“, le basse temperature innescano un’azione di intenerimento delle fibre e parziale intensificazione del profilo umami grazie al risveglio di una lista (parecchio lunga) di enzimi latenti, che intervengono in misura diversa a seconda della temperatura scelta. QUESTO è il vero obbiettivo di questa tecnica e tutti gli altri effetti collegati al Reverse Sear come la nota uniformità di colore e di temperatura sono delle piacevoli concause e nulla di più, che possono essere raggiunte in mille altri modi semplicemente adottando un corretto approccio tecnico di base alla cucina barbecue, come ho per altro abbondantemente dimostrato nei miei corsi specifici sulle tecniche per le Bistecche da Steakhouse. Nella seconda fase, quella di Searing vero e proprio ossia di cauterizzazione, si procede invece alla cottura in griglia vera e propria, ossia alla capacità del Grill Master di associare il corretto livello di Maillard esterna al livello di cottura da lui più gradito in base al proprio progetto di cottura.

Ma quindi quali sono le modalità tecniche espressive di un effetto Reverse Sear, per come lo dovremmo intendere? Te le descrivo:

Di mio, io posso dire che nell’arco degli anni ho ulteriormente è progressivamente abbassato la soglia della fase enzimatica a 35ºC, rilevando empiricamente a queste temperature i risultati migliori in termini di incremento di tenerezza delle carni, senza peraltro riscontrare alcuna determinante correlazione con il grado di frollatura come si sente dire in giro. Ma vediamole nel dettaglio:

Le Teorie in Campo

Il Metodo Finney – Il metodo originale del pioniere di questo approccio innovativo, prevedeva di inserire una sonda nella bistecca e di farla sostare nella fase enzimatica a 100°C F fino a quando questa non abbia raggiunto una temperatura inferiore di 5 gradi a quella corrispondente al grado di cottura preferito. Si procede poi con un riposo fino a quando questa non fosse scesa di ulteriori 5 gradi, poi searing diretto ad alta temperatura. Per fare un esempio, se vogliamo una bistecca a 55°C al cuore, dovremmo tenerla in Reverse fino a 50°C, per poi farla riposare fino a 45°C e poi cauterizzarla.

Reverse Sear a 50°C – Il Reverse diventa negli anni successivi un metodo consolidato e iniziano ad uscire approfondimenti su riviste specializzate come Modernist Cuisine e pubblicazioni analoghe a quelle apportate da Finney a supporto delle proprie tesi, dalle quali emergerebbe come in realtà il range di temperatura all’interno del quale le Catepsine lavorerebbero meglio sarebbe intorno ai 50°C. Come detto, questa è la fase in cui il Reverse Searing viene introdotto in Italia. La bistecca viene lasciata in riposo a 50°C per un periodi di almeno 1 ora, termine necessario ad attivare completamente l’attività enzimatica, raggiungendo oltretutto un livello di disidratazione superficiale maggiore che contribuisce poi alla velocità di cauterizzazione nella successiva fase di grilling diretto ad alta temperatura.

Reverse Sear a 35°C – Gli studi proseguono negli anni successivi e si scopre che le Catepsine non sono gli unici enzimi attivati e responsabili del processo. Inoltre, uno degli effetti degli enzimi in questione sulla bistecca è quello di “rompere” le catene proteica in amminoacidi, in un processo simile a quello che avviene durante la frollatura e che comporta la liberazione di una serie di peptidi, responsabili dell’evidente arricchimento del profilo aromatico, riscontrabile sia in una bistecca dry aged, sia in una bistecca in Reverse. Il punto è che sembrerebbe che tra questi enzimi aggiuntivi, figuri la Calpaina che però non si attiva a temperature superiori ai 40°C. Come detto, il lavoro della Calpaina e delle Catepsine rompe le proteine in Peptidi, a loro volta disgregati in amminoacidi liberi tramite le aminopeptidasi. Di queste ultime ne esistono diverse tipologie e anche in questo caso una temperatura inferiore ai 40°C è quella che ne attiva il maggior numero. Tutto questo noioso trattato di chimica ci serve solo per dire che in soldoni sembrerebbe che temperature inferiori ai 40°C pur non essendo quelle di massima resa delle Catepsine, sommino l’effetto di più enzimi aumentando nell’insieme l’effetto di intenerimento finale e che donino una carne più aromatica e gustosa.

Effetto Reverse Sear

Se non sei al primo articolo tra quelli che ho messo gratuitamente a disposizione del mio percorso formativo Grill Experience, sai che la mia convinzione è che l’insegnamento ideale debba massimizzare efficacia ed efficienza: non impazzisco per trasformare l’esperienza in griglia nell’esercizio di una formula di chimica o anche solo di fisica applicata. Il mondo della cucina semplicemente non funziona cosi, soprattutto quella delle cottura outdoor. Questo è ancor più vero nella determinazione dell’effetto Reverse Sear, per diversi motivi:

  • Stiamo parlando di un livello di approfondimento a livello biologico sul quale anche gli addetti ai lavori non rientranti in quell’ambito specifico, se sono onesti con te e con loro stessi, fanno fatica ad esprimersi con una vera cognizione di causa. Io non sono un biologo, non sono nemmeno lontanamente interessato a diventarlo e ancora meno a far finta di sembrarlo. In un mondo in cui tutti vogliono essere “tuttologi” su qualsiasi argomento, mi limito a prendere in considerazione le conclusioni delle ipotesi che mi vengono sottoposte e a testarle ripetutamente sul campo portandoti i frutti delle mie esperienze.
  • Stiamo parlando di teorie relativamente nuove, vere fino a quando non si scoprirà una nuova pagina di una storia ancora in evoluzione. Fino alla scoperta di Finney nessuno poteva immaginare gli effetti di un Reverse Sear, salvo poi scoprire risultati migliorativi a 50°C, salvo poi scoprire che forse a 35°C potrebbero essere addirittura migliori, salvo poi scoprire che…. Siamo in attesa della prossima puntata.
  • Per quanto codificata, l’applicazione di queste teorie nel concreto è influenzata da troppi fattori, troppe variabili che possono influire sul risultato, a maggior ragione se parliamo di tecniche di griglia e non di cucina, che non si concretizzano in un’ampolla di vetro sterile ma più verosimilmente in un terrazzo o in un giardino.
  • La cucina deve essere sano divertimento, fatto crescere su un sufficiente substrato di conoscenza ed esperienza. Se l’ordine di questi fattori viene invertito, si perde a mio avviso molto del senso generale del perchè siamo qui.

Tutto questo per dire che a mio avviso nessuno studio potrà mai sostituire l’esperienza empirica e che ciascuno di noi deve prendere spunto da ogni parere e poi provare sulla propria pelle. Ho voluto quindi organizzare di seguito un esperimento concreto nel quale mettere direttamente a confronto gli effetti su intenerimento, cauterizzazione e gusto dei tre menzionate approcci al Reverse Searing.

Le Regole del gioco

Se abbiamo detto che l’effetto rilevante e prioritario in un Reverse Sear è l’intenerimento del fibre, lo scopo del test deve essere quello di valutare l’efficacia in questo senso dei diversi approcci. Diciamo di partire da un unico taglio di entrecote di carne argentina, dal quale ricaviamo 3 ribeye dello stesso spessore di due dita. Le lasciamo riposare ciascuna per 100 minuti in un kettle stabilizzato ad una temperatura diversa: 35°C, 50°C e 100°C. Kettle Reverse SearingL’intento non è evidentemente quello di realizzare una cottura corretta ma solo di verificare gli effetti sulla carne di ciascuna temperatura di Reverse Searing, ceteris paribus come si dice in economia, ovvero a pari condizioni. Faremo un’unica eccezione per la bistecca a 100°C nella quale inseriremo una sonda: nel caso in cui la temperatura dovesse superare di molto i 50°c al cuore ne verrebbe penalizzata la morbidezza. Nel caso quindi interverremo prima del decorrere dei 100 minuti. Non applicheremo sulle bistecche alcun tipo di seasoning e neppure il classico filo di olio prima di passare alla successiva fase di cottura ad alta temperatura.

Utilizzeremo un Weber Q3200, estremamente potente in proporzione alle dimensioni della camera, sul quale procederemo a cottura alla temperatura di 300°C e utilizzeremo come superficie una piastra in ghisa che renda il più omogeneo possibile il calore indipendentemente dal punto in cui posizioneremo la bistecca. Il tempo di cottura per tutti sarà di 60 secondi esatti per lato indipendentemente dal livello di cauterizzazione e tra una cottura e l’altra tamponeremo dai grassi e spazzoleremo la piastra per evitare influenze sulla cottura successiva. Le fotografie del risultato verranno fatte in uno di quei light box da fotografo che si usano per le foto da campionario, in modo che le immagini risultanti non siano influenzate da giochi di luce strani o dalla posizione da cui vengono scattate.

Bistecche Reverse Searing
Bistecche Reverse Searing

Il Test

In realtà non c’è stato bisogno di anticipare la cottura della bistecca in Reverse a 100°C, perchè dopo 100 minuti si trovava ancora a 46°c al cuore. Abbiamo potuto cosi procedere alle cotture in sequenza, lasciando tra una e l’altro il tempo alla piastra in ghisa di riportarsi in temperatura. Le temperature di stabilizzazione effettive dei kettle sono state da 96°C a 98°C, da 51°c a 55°c e da 35°c a 40°C. Valuteremo per ciascuna bistecca la disidratazione pre-cottura, la morbidezza pre-cottura, il livello di cauterizzazione raggiunto in 120 secondi di cottura, la morbidezza/succosità/gusto post-cottura.

Temp Reverse Sear
RS 100°C

Temp Reverse Searing
RS 50°C

Bistecche Reverse Searing

Questo è ciò che ne è risultato:

Disidratazione

La bistecca maggiormente disidratata superficialmente è stata naturalmente quella posta in Reverse Searing a 100°C, con un colore quasi mogano e le fibre leggermente in evidenza, il grasso è diventato giallo intenso. Non poi molto distante viene quella a 50°C con un colore leggermente più chiaro ed i contorni delle parti anatomiche definiti, il grasso è diventato giallo chiaro. Ultima viene la bistecca a 35°C che appare poco diversa rispetto a quando l’abbiamo posta in Reverse Searing, con la superficie asciutta ma solo i bordi della copertina disidratati in modo evidente, il grasso è rimasto praticamente immutato nel suo candido bianco. Fin qui nessuna sorpresa rispetto a quello che ci aspettavamo.

Precottura Reverse Searing 100
RS 100°C

Precottura Reverse Searing 50
RS 50°C

Precottura Reverse Searing 35
RS 35°C

Morbidezza Pre-Cottura

Questo è il parametro che ci interessa di più e quello che maggiormente esprime la capacità enzimatica del processo ma si tratta di un valore difficile da misurare e soprattutto difficile da rendere percettibile a chi non era presente. Per riuscirci abbiamo fatto con la bistecca il medesimo test che si fa con le fette di brisket per verificare quanto la cottura sia stata efficace sul suo collagene: posizionarla a cavallo del dito indice e sottoporla al suo stesso peso, per vedere quanta resistenza oppone. Diciamo subito che la partita si è giocata tra il 50°C e il 35°C: il metodo Finney tradizionale ha dato una carne piuttosto compatta, non particolarmente cedevole. Nettamente su un altro livello le altre due bistecche ma tra le due, quella in Reverse Searing a 35°C aveva oggettivamente dei punti in più, come emerge abbastanza chiaramente anche dalle foto.

Tenerezza Reverse Searing 100
RS 100°C

Tenerezza Reverse Searing 50
RS 50°C

Tenerezza Reverse Searing 35
RS 35°C

Cauterizzazione

Altro fattore interessante. Partiamo da un assunto importante: lo scopo di questo test non è la ricerca della cottura ideale. L’applicazione di tempi fissi sulle bistecche senza tenere conto delle temperature ha comportato delle differenza poi sul grado di cottura finale, naturalmente. Nel nostro test, la temperatura finale al cuore della bistecca in Reverse Searing a 100°C è stata di 51°C, mentre le altre due sorprendentemente distavano tra loro di un solo grado, rispettivamente 36°C e 35°C. La cosa che emerge in maniera abbastanza evidente è che una grande differenza in termini di disidratazione superficiale di partenza tra le tre bistecche non si è poi tradotta in una differenza altrettanto evidente sul livello di cauterizzazione finale, soprattutto se si tiene conto che le ultime due bistecche avrebbero dovuto proseguire la loro cottura per raggiungere i 50°C al cuore. Anche senza tenere conto di questo fattore, tra le 3 bistecche probabilmente la cauterizzazione più omogenea è stata quella del Reverse Searing a 100°C, molto simile quella delle altre due. In generale comunque definirei come poco percettibile la differenza tra le tre bistecche.

Cottura Reverse Searing 100
RS 100°C

Cottura Reverse Searing 50
RS 50°C

Cottura Reverse Searing 35
RS 35°C

Effetto Reverse Sean 100°C
RS 100°C

Effetto Reverse Sean 50°C
RS 50°C

Effetto Reverse Sean 35°C
RS 35°C

Morbidezza/Succosità/Gusto

Abbiamo deciso di tagliare ciascuna bistecca in due, prelevando poi una fetta centrale, cosi da evitare lo Spinalis Dorsi, il muscolo esterno che naturalmente è la parte più succosa e grassa. Ciò che emerge in prima battuta è che il Metodo Finney ha recuperato parzialmente il gap con le due rivali in termini di morbidezza, mantenendo una buona succosità, il gusto all’assaggio è molto neutro, se ha guadagnato qualcosa in termini di profilo aromatico è davvero molto poco. Sebbene il gap sia meno evidente rispetto a quello che le sensazioni da crudo lasciassero presagire, ancora una volta la partita si gioca tra le altre due soluzioni. Entrambe erano molto tenere e succose. Ancora una volta però devo rilevare come il Reverse Searing a 35°c avesse qualche punto di vantaggio, tanto che ho incontrato qualche difficoltà nel riuscire ad afferrare in modo fermo le fibre tra le dita per riuscire a fare la foto. Mi sarei aspettato invece qualche differenza in più sotto il profilo aromatico: entrambe erano certamente un passo avanti rispetto al Metodo Finney ma non ho rilevato grandi diversità di intensità gusto tra le due.

cottura bistecca Reverse Sear 100°C
RS 100°C

cottura bistecca Reverse Sear 50°C
RS 50°C

cottura bistecca Reverse Sear 35°C
RS 35°C

Conclusioni sul Reverse Sear

Possiamo concludere che in termini di Reverse Sear, le differenze tra i tre risultati sono inversamente proporzionali alle differenze di temperature di esercizio, con un netto distacco del Metodo Finney e differenze più sottili tra le altre due ma che comunque oggettivamente esistono. Ti devo confessare una cosa: nel tempo io mi sono progressivamente spostato verso temperature sempre più basse rispetto al Metodo Finney classico e anche al Reverse a 50°C ma questo è successo molto tempo prima di leggere quello che ho riportato nelle “Teorie in Campo” che hanno semplicemente confermato inclinazioni che già avevo avuto. Questo test è servito più che altro a dimostrati che molte delle certezze assolute che tipicamente vengono vendute in associazione al Reverse Searing sono in realtà molto poco “certe” e ancor meno “assolute” e che l’effetto Reverse Sear sia frutto in realtà di una serie di variabili che in ogni caso arrivano dalla consapevolezza e della buona dimestichezza con le regole base della cucina barbecue.

Il mio parere è che questo tipo di esperienza sia un elemento imprescindibile del processo di formazione di ciascuno di noi. Leggi tutto quello che ti metto a disposizione ma poi sperimenta e gioca ma soprattutto divertiti a rimetterti in discussione la volta dopo. Divertiti ad imparare e a migliorare. In fondo sei qui per questo no?

Buon divertimento e buon barbecue!

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83 Comments

  • Con un pizzico d’invidia ti dico che hai fatto un ottimo articolo. Invidia perché fai quello che io (e penso molti altri appassionati) vorremmo fare: sperimentazione. Grazie

  • Che Reverse ci consigli quindi per la classica costata o fiorentina con t interna dei canonici 55°C? Temperatura di circa 35°, ma per quanto tempo? Se la temperatura iniziale della carne dopo il RS a 35° è bassa, non rischio di cucinare troppo la carne per raggiungere i 55° al cuore? Io faccio RS con temperature variabili (dipende da quanto tempo ho a disposizione, temperatura iniziale della carne, spessore della carne, ecc.) tra i 40° ed i 60° per il tempo necessario ad arrivare al cuore attorno ai 45°-50°. Poi griglia o piastra.

    • Se non si fosse capito, la mia temperatura di esercizio del RS è 35°c ma il senso del post è proprio che ciascuno debba trovare la propria.
      Nel caso, il tempo minimo per innescare l’attività enzimatica è di un’ora. Da li in su va tutto bene.
      In realtà secondo me si rischia di più nel RS a 50°c di andare overcooking perchè la finestra è davvero piccolissima. Il passaggio da 35°c a 50-55°c sarà abbastanza veloce e ti consentirà di gestire meglio e con più flessibilità i tempi 😉

      • E se da un post volessimo dimostrare tutto scientificamente con dati chimici e un panel vero addestrato per arrivare ad una pubblicazione seria, ne uscirebbe un progettino niente male.

        • Sicuramente sarebbe una cosa estremamente interessante.
          Però a mio parere per dare davvero un dato eloquente e non opinabile si tratterebbe di un “lavorone”.
          Però se un domani servisse io darei la mia piena disponibilità 😉

  • Ottimo articolo, letto con grande curiosità!! La cosa più sorprendente è la differenza di un solo grado di temperatura finale tra RS50 e RS35. Sarebbe interessante capire come si comporta una bistecca in Sous vide a 35…

    • Grazie 🙂
      Il solo grado di differenza credo sia imputabile al fatto che abbiamo sottoposto le bistecche a RS per un tempo relativamente breve. Avessimo aspettato, quella a 35 sarebbe rimasta a 35 mentre presumibilmente quella a 50 sarebbe ulteriormente cresciuta. Il SV a 35 potrebbe essere un esperimento interessante. Prova! 😉

  • Sarebbe davvero molto interessante rifare questi test alla cieca, per quanto io non dubiti della tua professionalità e le differenze si vedano già visivamente, spesso le aspettative possono cambiare di molto l’esperienza gustativa. La mia non vuole essere una criticata, tra l’altro ritengo che le tue descrizioni siano molto oggettive, era solo una curiosità personale.

    • Ma hai assolutamente ragione. E’ vero. Per quanto uno si sforzi è possibilissimo io sia stato condizionato in qualche maniera dal conoscere da quale smoker proveniva la bistecca.
      Però vedi, il vero senso di questo post non vuole essere quello di dire che una temperatura è meglio di un’altra, ma bensì quello di porre dei dubbi. La curiosità, la sperimentazione, la capacità di analisi sono il sale di questo mondo, che per nostra fortuna è ancora in erba. Il momento in cui fare un cottura significherà applicare letteralmente delle istruzioni (metti in forno a 650W, imposta 10 minuti, clicca ON, aspetta in “Diiiin!”) sarà la morte di tutto questo.
      Prova tu stesso. E’ possibile tu giunga a conclusioni esattamente opposte alle mie. Se e quando succederà scrivimi e ci confronteremo.
      Non è la parte più bella questa? 😉

  • È da parecchio che pubblico su BBQ4All i miei test sul reverse searing nel kettle, e mi sono “rivisto” tantissimo in questo post!! Devo dire che è un contributo preziosissimo e contribuisce ad aggiungere ulteriori sfaccettature ad una tecnica che deve tenere conto di tantissime variabili! Una delle quali la presenza di marezzatura della carne. Credo che un reverse relativamente breve e a temperatura inferiore ai 50gradi sia l’ideale anche per non trasformare carni magre (quindi la maggior parte di quella che troviamo in macelleria) in suole di scarpa! Che ne pensi?

    • 🙂 Mi fa molto piacere sentirlo.
      Sono d’accordo con te tranne sul fatto che il tempo debba essere breve. Al di là dell’attivazione dell’attività enzimatica, per un buon risultato in cottura ti sarà utile che la temperatura interna sia la più vicina possibile a quella di esercizio e a 35°ci vorrà del tempo. Nel nostro test a cottura ultimata eravamo a 36°C ma ciò significa che siamo partiti molto più bassi. Non credo ci sia davvero il rischio di disidratarla cosi tanto, soprattutto a quella temperatura

  • Complimenti, finalmente un bell’articolo con referenze scientifiche; cosa che spesso manca e alcuni “maestri” dichiarano come scienza esatta il metodo che preferiscono.
    Personalmente ho avuto poche esperienze in merito con bistecche etc. perché preferisco altro ma prometto di recuperare; concludendo ottimo riferimento per esperimenti personali!
    Grazie

    • Grazie mille a te Giorgio. Io credo davvero che la varietà di alternative e le preferenze personali siano ciò che rende il mondo della cucina, e del barbecue di conseguenza cosi bello. Se vuoi sperimentare e giocare un po’ , ti consiglio di dare un occhio anche ai post sul prefreezing e sulle diverse temperature del Reverse Searing. Sono tutte variabili con le quali ci si puo divertire a sperimentare per trovare la propria strada preferita. Buona griglia! 😉

    • Ciao Enrico! Un piacere averti qui!
      Non ho l’abitudine di arrivare a durate così esasperate. Certamente 6 di Reverse a qualunque temperatura hanno un effetto diverso da 3, quantomeno in termini di disidratazione superficiale. Sono convinto che in termini di intenerimento invece le seconde tre ore siano quasi insignificanti rispetto alle prime. Sarebbe interessante però provarci

  • Ciao, sto iniziando ora a leggere ed ad informarmi su queste tecniche di cottura della carne e ho letto qualche tuo articolo e altri vari sulla rete. Non ho però ben chiaro un passaggio.
    Ho letto che generalmente quando fai RS imposti il dispositvo a 35 e lasci la carne all’interno per circa 1h e poi la passi in griglia per la cauterizzazione.

    La carne però, ipotizzando di avere un taglio di spessore “due/tre dita”, dopo 1h a 35 gradi, avrà una temperatura interna di circa 30 gradi e comunque non superiore ai 35 (come anche in questo articolo) Quindi per raggiungere i fatidici 52/55 al cuore quanto tempo la lasci in griglia per parte?
    Non rischi di doverla lasciare troppo sulla griglia con la conseguenza che avrai una superficie troppo cotta rispetto all’interno?
    Oppure al contrario se la lasci in griglia giusto quei 30 60 secondi per parte per la Maillard, non rischi che all’interno la carne rimanga troppo cruda?

    A prescindere quindi dai 35 o 50 gradi del forno per fare RS non sarebbe più giusto basarsi sulla temperatura interna della carne e toglierla quindi dal forno quando si è raggiunta la giusta temperatura?

    Ciao e scusa le mille domande ma sto cercando di capire 😉

    • Ciao Alessandro. Ma figurati! Niente di cui scusarti ed è un piacere poterne parlare insieme.
      Le tue supposizioni di base sono corrette, succederà esattamente che inizierai la cauterizzazione ad una temperatura inferiore di quanto si farebbe nel comune Reverse a 50°C. Questo tema era stato per altro dibattuto in un commento al post sul confronto tra Reverse Searing e Sous Vide, ti invito poi a dargli un’occhiata per ulteriori chiarimenti.
      In sommi termini la risposta ai tuoi quesiti è riassumibile in due punti:
      1. Francamente mi è capitato più spesso di vedere il contrario, ovvero gente che nel Reverse a 50°C “fulmina” la bistecca andando oltre la temperatura target durante la cauterizzazione. Il punto è che si tratta di una finestra molto piccola nella quale è facile sbagliare. 15 gradi di margine sono invece molto più facili da gestire. Considera che le bistecche che hai visto nelle foto dell’articolo sono state cotte per circa 4 minuti, quindi un tempo certamente non definibile come “lungo”
      2. Hai mai provato a grigliate direttamente pezzi particolarmente “importanti” come ad esempio Fiorentine da oltre 2 Kg? Nella vecchia scuola (intesa come precedente all’uso del Reverse Searing) come si faceva? si cercava la cauterizzazione esterna fino al tuo punto di gradimento ideale e se poi (come probabile) non avevi raggiunto la temperatura interna desiderata, semplicemente spostavi in indiretta e aspettavi con una sonda inserita. Senza arrivare a questi accessi, ma se anche dovesse succedere che su un Reverse a 35°C raggiungi la cauterizzazione in anticipo, fai sempre a tempo poi ad allontanare da calore proseguendo con la sola temperatura interna. Se invece capita che a 50°C sbagli qualcosa come intensità di calore o la disidratazione non è sufficiente, è molto facile che tu ti trova con una bistecca cauterizzata bene ma con una temperatura interna magari a 58°C contro i 52 che volevi ottenere.

      In altre parole, se stiamo confrontando i due sistemi tenendo in considerazione solo l’aspetto cauterizzazione, tralasciando gli altri, vedo più rischiosa una cottura partendo da 50°C di una partendo da 35°C, che non comporta per altro nessuna controindicazione in contropartita 😉

  • Salve.
    Qualche chiarimento….
    Non ho ben capito quanto T sono rimaste le bistecche alle varie temperature…1h?
    Una volta messe sulla griglia si è badato solo ai 60″ per lato e non alla T al cuore?
    Nessuna ha fatto rest?
    Grazie

    • Ciao Roberto,
      certamente, molto volentieri
      – non esattamente, come precisato nell’articolo si è semplicemente sottoposto le bistecche a quelle temperature per 100 minuti ed è stata riportata solo la temperatura finale del processo prima della fase di cauterizzazione. Lo scopo era di valutare solo il contributo di ciascuna fascia di temperatura al processo di intenerimento delle fibre conseguente all’attività enzimatica. quindi è stato calcolato un tempo fisso di permanenza per ciascuno e confrontato il risultato. L’altro presupposto ala base è che l’attività enzimatica non è un pulsante on/off che scatta ad una data temperatura ma come molti altri processi fisici presenti in cucina subiscono una curva di crescita e semplicemente a quella temperatura risultano più efficaci. Non è stato quindi valutato il tempo di permanenza in riferimento alla temperatura interna. Anche perché il significato originale del RS non è questo.
      – Esatto. Lo scopo non era eseguire una bistecca in modo corretto per poterla poi degustare ma sottoporre tutti i campioni alle medesime condizioni, quindi cercando di lasciare come unica variabile l’attività enzimatica.
      – No, per lo stesso motivo, nessuna ha subito una fase di rest

      😉

  • complimenti per l’articolo, finalmente un approccio scientifico e illuminante a questa tecnica che sta prendendo sempre più piede. a tal proposito vorrei chiederti un tuo parere su questa mia esperienza avuta non molto tempo fa:
    – 2 costate da 1,2kg l’una (due pezzi “importanti” )
    – reverse 3 ore a 40° che mi ha portato la temperatura interna da 7° a 25° circa
    – passaggio in cottura diretta 1 minuto per lato il bark ottenuto era quello che desideravo ma la temperatura interna era appena 35°
    – dopo altri 5 minuti non avevo ancora raggiunto i 50 e l’ho tolta, con sommo dispiacere al momento del taglio mi sono accorto che il termometro era andato a quel paese, infatti la cottura era evidentemente ben superiore ai 55°, non era un bel rosa della cottura al sangue, ma il classico “grigio” da ben cotta 🙁
    Dopo questa premessa, per evitare lo stesso errore, supponiamo per il futuro che rifaccia tutto esattamente ma la togliessi prima (es. 40° interni), per essere sicuro di non andare oltre… sarebbe troppo?

    • Ciao Elio,
      ti ringrazio dei complimenti. In realtà io mi limito a far vedere tutte le facce della medaglia, in modo che poi ciascuno possa scegliere quella che gli piace di più 🙂

      Riguardo il tuo problema: è chiaro che il grande vantaggio del “metodo BBQ4All” diciamo, quello con una lunghissima stasi ad una temperatura di mantenimento vicina a quella interna target, è di renderlo un processo scomodo, lungo ma sicuramente quasi automatico, esente da interpretazioni consentendo davvero a chiunque di realizzarlo da subito, anche se alle prime armi. Considera che fino a non moltissimi anni fa il Reverse Searing (inteso come metodo classico non come “metodo BBQ4All” veniva insegnato nei corsi avanzati). Adottare il metodo classico (qualsiasi sia la temperatura di riferimento adottata) comporta inevitabilmente il gestire la cottura e senza un termometro attendibile, come per qualunque altra cottura di una bistecca diventa quanto meno una complicazione in più.
      Ti dico la mia, che però vuole essere solo uno spunto di riflessione: se utilizzi il riverse classico cambiano un pochino le regole, non puoi pensare di usare lo stesso approccio. Nel metodo sopra citato il passaggio finale deve essere a temperatura estremamente alta perché sei talmente vicino al target che hai bisogno una cauterizzazione pressoché immediata, che non abbia tempo di contribuire in maniera significativa all’innalzamento della cottura interna perchè altrimenti vai over, ma qui è diverso. Se non stessimo parlando di un Reverse ma di un normalissimo grilling, per grigliare un pezzo particolarmente “importante” dovresti gestire un po’ di più calore e posizionamento della carne, giusto? Se lo sottoponessi al calore dell’Etna cauterizzeresti la superficie in 3 secondi e per il resto ti mangeresti una bellissima bistecca rigorosamente… cruda a 4°C. Corretto?
      Nel reverse classico non si arriva a questa esasperazione ma rimane il fatto che stai togliendo il cambio automatico del “metodo BBQ4All” e devi gestire un pochino di più la cottura. In altre parole: si ottengono i classici benefici del Reverse, quindi intenerimento delle fibre (a temperature cosi basse non solo per opera delle catepsine ma anche di altri enzimi), una maggiore omogeneità di cottura rispetto al grilling e una più veloce cauterizzazione ma se poi il taglio è alto 6 dita necessiterà probabilmente di un calore leggermente più attenuato, di una fase di cottura sull’osso se c’è molta disomogeneità di temperatura lungo la fetta e in caso davvero di estrema lontananza dal target (ma in quel caso probabilmente l’avresti lasciata troppo poco in reverse), uno spostamento in cottura indiretta per ultimare. Niente più e niente meno di come si fa un grilling normale, solo con tempi decisamente più rapidi e risultati nettamente migliori 😉 Chiaramente però per fare tutto questo ti serve un termometro che funzioni 😉
      Comunque considera che iniziare la cottura diretta da 25°C (se sono davvero 25°C) è probabilmente un filo prestino. Senza impazzire con le regole che spaccano il grado ma mi sarei avvicinato un po’ di più 😉
      Se hai bisogno di qualsiasi cosa siamo qui 😉

      • Grazie, molto chiaro. Semplificando all’estremo potrei dire che se voglio fare reverse, in un modo o nell’altro PRIMA di passare in cottura diretta devo raggiungere il più possibile la temperatura di target (diciamo 50° considerando qualche grado di innalzamento al passaggio della diretta). Nel mio caso sarebbe stato più opportuno un passaggio in indiretta, tipo 110°, per dare un’accelerata al tutto. Giusto?

        • Diciamo di sì ma con alcune precisazioni:
          Nella scelta della temperatura Interna a cui fermare il reverse considera che su tagli più fini la crescita in fase di grilling sarà maggiore rispetto a tagli più spessi come il tuo. Quindi in questo caso specifico si, è così. Se avessi una bistecca più fine probabilmente ti dovresti fermare prima.
          Il passaggio in indiretta è da valutare nel caso in cui a fronte di una cauterizzazione già abbondantemente definita manchino troppi gradi al target. Ma è sufficiente spostarla in griglia da diretta ad indiretta in un dispositivo in set up a due zone. Non è necessario fare riferimento ad una temperatura ma in questa condizione sarà sicuramente molto più alta di 110ºC

  • Davvero ottimo articolo.
    Spero tu possa rispondere ad alcune mie perplessità sul metodo reverse searing proposto a 35° e 50°. La permanenza della carne a queste temperature non favorisce la proliferazione batterica? Sicuramente il successivo passaggio in griglia ad alte temperature può distruggere i batteri superficiali, ma non c’è il rischio che i batteri intacchino anche lo strato più interno della bistecca e, di conseguenza, anche la fase di cottura diretta possa essere insufficiente alla loro eliminazione?
    Grazie mille

    • Ciao Marco,
      grazie mille per i complimenti, sempre molto graditi.
      Per la risposta alla tua domanda, sto preparando un articolo che da una risposta approfondita proprio a questi dubbi. Per non anticipare nulla quindi ti chiederei di portare pazienza ancora per poco tempo e di rimanere collegato con la nostra pagina. Tra non molto uscirà il post che farà al caso tuo 😉

        • 😀 arriva, arriva,
          mancano i dettagli, il problema è che sono state settimane molto piene. Ma è li, un pezzettino oggi, uno domani…. 😉

  • Ciao!

    Grazie dell’articolo, sto provando un una certa perseveranza il metodo del reverse searing e il tuo suggerimento di utilizzare i 35° incontra un dubbio che era nato quando, volendo effettuare l’ennesimo test con poco tempo, ero arrivato solamente a 38° interni… Il risultato è stato notevolmente superiore ai precedenti tentativi effettuati con i 52° canonici.

    Ho solo un dubbio… Consiglieresti il reverse searing a 35° anche per bistecche di una – due dita? Senza cadere nella battuta trita e nemmeno più divertente che sotto le 4 dita è carpaccio consiglieresti il reverse searing a 35° per un ora anche per tagli meno importanti?

    Grazie

    Nicola

    • Ciao Nicola,
      ti ringrazio infinitamente del feedback. Sono molto felice che il tuo riscontro sia stato positivo.
      Cerco di rispondere compiutamente, come la tua domanda merita e lo farò per punti:

      -partiamo dal presupposto che per come la vedo io, il Reverse è genericamente una tecnica (indipendentemente dalla temperatura), mentre quello dei 52°C è un metodo. Cosa cambia? Che il secondo è finalizzato a standardizzare le procedure, mentre il primo lo devi applicare tu alle condizioni in cui operi. Per capire il concetto bisogna secondo me pensare a come si cuocerebbe una bistecca alta 4 dita se non avessimo il Reverse. Ci sono vari sistemi ma tutti si basano sull’articolazione a bravura del griller, della combinazione dei tre principi di trasmissione del calore (irraggiamento-conduzione-convezione). In altre parole: Reverse o no, il griller deve avere nel proprio bagaglio tecnico la cottura di una bistecca alta 4 dita anche partendo da 4 gradi. Se guardi questo articolo sulla cottura della Fiorentina, riporto qualcuno di questi concetti
      – Chiaramente la permanenza della bistecca a 35 non ti porti mai ad una temperatura interna lontana da quel punto. E’ se vuoi anche un po’ il principio di quel metodo che citi: “lasciala li a 52°C anche tre giorni che tanto più in su cui quello non vai”. Il target che separa da 35 interni ai 50-55 desiderati lo devi coprire tu in cottura.
      – Dipende molto da quelle che sono le tue aspettative sui benefici del Reverse. Se il tuo obiettivo è incrementare la morbidezza delle carni, considera che lo spettro di attivazione degli enzimi è molto ampio e sopra uno o due ore dei reverse hai gia una ragionevole certezza di un buon risultato in questo senso, indipendentemente dalla temperatura interna
      – In risposta all’ultima domanda, ti direi di si, non vedo strette correlazioni tra lo spessore e la scelta della temperatura

      Per qualsiasi esigenza, siamo qui 😉

  • ciao! volevo chiederti ma facendo il reverse a 35°, una volta raggiunta quella temperatura al cuore, la successiva fase su griglia per la cauterizzazione per portarla ai 52-55° non si rischia di portare in overcooking i primi strati della bistecca? Grazie

    • Ciao Piergiorgio,
      in realtà quello della omogeneità di cottura è un discorso sul quale si tende (volutamente o meno) ad esagerare di parecchio la misura.
      Il concetto è giusto ma quanto è davvero percepibile? Mi spiego meglio: supporto si riesca davvero a tirare fuori dal forno una bistecca a 52°C e a portarla a 55°C ottenendo esattamente la cauterizzazione voluta (o se preferisci, che si riesca a ottenere la cauterizzazione voluta mantenendola a 55°C), questa avrà un colore rosato perfettamente uniforme. Su questo siamo d’accordo, giusto? La sua contrapposizione ideologica qual è? La bistecca da frigo, la cui cottura inizia a +4°C e che (SE trattata male, mi sento di aggiungere) da luogo ad un accentuato fenomeno di Mouse Ring, per utilizzare un pittoresco termine che ho visto coniare recentemente.
      Qualsiasi cosa si discosti da questa condizione, si avvicina in piu o in meno all’uniformità. Quindi se vogliamo anche il lasciare la bistecca un’ora fuori dal frigo è un passo verso quella direzione, giusto? Quindi si avrà un mouse ring meno accentuato.
      Tu immagina una bistecca che parte da 35°C… Capisci che stiamo parlando di un effetto di un paio di millimetri al massimo, oggettivamente non percepibile a nessun assaggiatore.
      Ti faccio un esempio visivo concreto. Recentemente sulla mia pagina ho ripescato una ricetta tratta dal mio primo libro “Subito Barbecue” in cui ho aggiunto ad una bistecca una salsa al merlot e mirtilli. In quello shooting fotografico avevo lasciato la bistecca in reverse a 35°C. Puoi vedere tu stesso l’entità del fenomeno di cui stiamo parlando 😉
      La puoi trovare qui, se vuoi dargli un’occhiata

  • premesso che al palato non saprei che effetto farebbe un mouse ring di qualche millimetro come la tua prerarazione, ho letto su altri gruppi invece che la tecnica del reverse è sconsigliata in carni dry aged (che sono la maggioranza di quelle che troviamo in giro) perchè andrebbe a disidratare troppo la carne…io sinceramente l’ho provata (quella a 50/52°) e il risultato è stato ottimo…

    • Scusa il ritardo nella risposta, sono giorni molto pieni.
      Eh… sarebbe un discorso lungo. Io in una risposta breve ti direi che sono piu d’accordo con la tua esperienza che con quello che dicono quei gruppi: in realtà il Reverse (a meno che davvero non duri un’infinità) non è in grado che di disidratatore che i primi millimetri. Non ci può essere un’oggettiva differenza in questo senso su una bistecca alta tre dita.
      Il concetto è secondo me diverso, ovvero: perchè si fa il Reverse? Ha diversi benefici ma per come la vedo io quello più grande è la capacità di intenerimento delle fibre ad opera di catepsine, e compagnia cantante. E’ chiaro che una carne già frollata non ha particolari problemi di “tenerezza”. Il senso per come la vedo io quindi, è che una carne non-dryaged semplicemente ne beneficia di piu. Nel senso che si coglie di piu la differenza (sempre in termini di tenerezza, sia chiaro). Detto questo, non è che il RS non porti beneficio alle carne Dry Aaed, anzi… 😉

  • Ciao!
    Innanzitutto volevo farti i complimenti per il bellissimo articolo, molto esaustivo ed estremamente utile, soprattutto per chi come me non è un veterano del settore.
    Vorrei porti una domanda:
    “perchè non fare un reverse a doppia temperatura?”.
    Cioè, stabilizzare a 35° per 1,5/2 ore per poi applicare il foil (per il noto problema di stallo) portare a 52° e lasciare stabile per altre 1,5/2 ore, rimuovere il foil per asciugare e via in grill.
    “Andare oltre il primo step a 35° vanificherebbe quanto fatto fino ad allora o sommerebbe i presunti vantaggi delle due temperature?”
    Sempre in teoria andrebbe anche ad eliminare il problema di gestire il grilling che si avrebbe dopo il reverse a 35° per avere una temperatura interna accettabile.
    E’ una cosa che voglio assolutamente provare la prossima volta, cosa ne pensi?

    • Ciao Andrea,
      Grazie mille per i complimenti 😉

      Per rispondere alla tua domanda: no, non vanificherebbe i benefici della sosta a 35°C, quindi è tecnicamente possibile farlo.
      Però io la vedo in modo diverso sugli altri punti e piu nello specifico:

      – dipende molto dalla finalità per cui fai il Reverse ma personalmente credo che il principale beneficio sia l’intenerimento delle fibre ad opera dei diversi enzimi riportati nell’articolo. Questi, come illustrato, hanno uno spettro di azione molto più ampio di un singolo grado. Intendo: molti tendono a descrivere una situazione in cui a 52°C (o a 35° o a qualsiasi altra temperatura) ci sia un bottone magico che fa “click” e che inneschi i principi del RS. In realtà come credo risulti abbastanza intuibile se ci si pensa, le cose non funzionano cosi. 52°C è la temperatura a cui si ha la massima azione di catepsine e compagnia ma a 50 o a 54 la loro azione sarà solo leggermente inferiore, tutto qui. Viviamo in un mondo analogico, non digitale: mano a mano che la temperature salgono si “sveglieranno” o torneranno “latenti” in modo progressivo una serie di enzimi che contribuiranno all’effetto accavallandosi l’un l’altro, con un comportamento descritto da una curva, non da un SI/NO. Oltretutto sempre chi sostiene le semplificazioni, descrive la bistecca come un blocco che cambia le proprie temperature in modo uniforme. Anche in questo caso però non è cosi: la bistecca passerà progressivamente da 4°C a 52°C iniziando dagli strati esterni per poi propagandarsi verso l’interno. Tutto questo per dire che la preoccupazione estrema di raggiungere i 52°C ( o qualsiasi altra temperatura) ed iniziare a considerare da li’ il principio del Reverse come attivo, lascia davvero il tempo che trova. Io personalmente (a parte nel test dell’articolo dove l’ho fatto per motivi puramente statistici e dimostrativi) a casa mia non guardo francamente neanche la temperatura interna: io metto dentro a 35°C, aspetto un tempo “funzionale” alla mia cottura ma che sia superiore ad almeno un’ora e morta li.
      – Che importanza ha la temperatura da cui parto per cuocerla. Cosa cambia? 😉 Intendo: con il fatto che sia stata inventata la procedura-facilitata per fare Reverse, ovvero quella in cui dopo ore e ore, si porta la bistecca a 52°C e diventa impossibile quindi cuocerla a meno di quella temperatura, sembra che non si sia più in grado di gestire una bistecca in griglia. Ma davvero rappresenta un problema portare una bistecca da 35°C a 52°C senza bruciarla? 😀
      – Da quella che è la mia esperienza ho trovato molte piu persone che sbagliano la cottura partendo da 52°C e andando overcooked di quante sbagliano partendo da 35°C e gestendo male tempi e temperature. Per come la vedo io avere 15 gradi di “gioco” da poter gestire, è molto più comodo che averne 3 😉

      Detto questo, (che naturalmente rappresenta solo il mio pensiero 😉 ), il senso dell’articolo è proprio questo: rompete le catene, slegatevi dai preconcetti, trovate la vostra strada preferita, sperimentate, giocate, divertitevi. Ed imparate di volta in volta. Fai benissimo a provare il Reverse doppio, e qualsiasi altra cosa vorrai sperimentare. il bello è proprio questo 😉

      Se nel farlo avrai bisogno di qualsiasi tipo di supporto sono qui 😉 (y)

  • Ciao, complimenti per l’articolo, ho imparato qualcosa e un commento era doveroso 😉
    Proverò presto questo metodo, anche perchè a dire il vero con i 50° avevo paura di avvicinarmi troppo ad una temperatura di cottura..
    Grazie delle info!

    • Grazie mille 😉
      Si, effettivamente è in quell’impostazione il rischio piu grande e l’errore tipico in alcuni casi 😉

  • ormai la mia tecnica di cottura di bistecche importanti (sui 3/4cm) dopo varie prove ed esperimenti è la seguente: premetto che prendo tagli marezzati e frollati minimo 30 giorni, le metto in forno ventilato a 40° (circa 35/36 reali), quando arriva a questa temperatura interna la metto nel kettle con padella in ghisa incandescente 30 secondi max per lato, dopo sposto la bistecca in indiretta, metto il termometro dentro ed aspetto i 52 (pochissimi minuti)……fase di rest di 2-3 minuti e gusto. Facendo così ho ottenuto i migliori risultati con crosticina profumata e non tenace e succosità interna. Prima invece portandola a 50 gradi nel forno spesso la crosticina era troppo tenace e poco godibile!!! Grazie ancora Marco e complimenti per tutto…aspettiamo l’articolo sulla proliferazione batterica 🙂

    • Grazie Piertgiorgio 😀
      Le mie abitudini sul Reverse sono molto, molto vicine a quelle da te elencate, non posso quindi che condividere 😉
      A presto! 😉

  • Sono arrivato per caso a leggere l’articolo, cercavo notizie su RS (metodo che non conosco e che vorrei provare).
    Un po’ di domande:
    – non avendo un termometro sonda da usare nella fase del RS, se imposto la temperatura a 35°C con forno ventilato, posso stare tranquillo che dopo due ore non avrò fulminato la bistecca, giusto?
    – bisogna sempre asciugare in modo perfetto la carne prima del RS?
    Grazie

    • Ciao Alessandro, scusa il ritardo nella risposta.
      – certo, se il forno ha come temperatura di espressione 35°C la bistecca non potrà mai andare oltre quella temperatura. Il problema sui 35°C è avere un forno importabile su quella temperatura. Esistono ma non è cosi frequente
      – Nnnnni. Nel senso che dipende molto da cosa vai cerando. Esiste una scuola di pensiero su RS, molto diffusa in Italia che vorrebbe che la fase enzimatica (quella del forno) funga anche da disidratatore della superficie per favorire ulteriormente la successiva reazione di Maillard in griglia. Io personalmente la vedo diversamente: la fase enzimatica è appunto…enzimatica. Serve ad attivare le catepsine e tutto quanto viene illustrato nell’articolo per effettuare un’azione specifica di intenerimento (demolizione parziale) delle fibre. Io piuttosto dedicherei molta più attenzione ad asciugare la carne prima della successiva fase di cauterizzazione, in cui rappresenta davvero un oggettivo ostacolo al raggiungimento di una buona maillard.
      Detto questo, io amo molto (e consiglio) di applicare il rub prima di mettere le bistecche in forno e chiaramente se sarà questo il tuo caso, per poterlo applicare occorre necessariamente asciugare la carne prima 😉

      • Grazie per la risposta, per risolvere la mia prima domanda mi sono comprato un termometro sonda che mi aiuterà nella prima fase del RS 😉
        Un’altra cosa, la fase di rest è consigliabile farla avvolgendo la carne in fogli d’alluminio?

        • Sulla bistecca il rest che ti consiglio è molto breve. Il foglio di alluminio è oggettivamente inutile e oltretutto andrebbe a peggiorare il rischio di carry over.
          No, te lo sconsiglio 😉

          P.S. se ti puo essere d’aiuto, ti riporto una lettura dedicata all’argomento Rest 😉

  • Ciao Marco,

    sono rimasto particolarmente deluso da un confronto tra reverse searing e cottura classica su due T-Bones di fassona provenienti dallo stesso pezzo. La bistecca fatta in reverse è risultata più “legnosa” e meno succosa rispetto alla cottura tradizionale. Da ciò che ho letto a riguardo mi sarei aspettato l’opposto. Tu riesci a spiegarti questo risultato? Ho sbagliato qualche passaggio?

    Cottura tradizionale:
    La bistecca è stata a temperatura ambiente per 2h, con T interna prima della cottura di 20° circa. Cottura diretta sul BBQ di 6 minuti per lato e poi in piedi fino a T 53°.

    Reverse searing:
    Bistecca in forno a 40° per circa 3h con funzione scaldapiatti (non mi era possibile impostare temperature sotto i 50° sulle funzioni di cottura). La T della bistecca uscita dal forno era di circa 33°. La bistecca è stata a temperatura ambiente qualche minuto in attesa che l’altra a cottura tradizionale raggiungesse gli stessi 33°. L’ho poi affiancata alla prima a cottura diretta cuocendo circa 6 minuti per lato e poi in piedi fino a portarla a T 53°.

    Le due bistecche sono state dunque cotte contemporaneamente nello stesso BBQ in modo da servirle insieme, avevano all’incirca le stesse dimensioni (1.5Kg), le stesse T di servizio e provenivano dallo stesso pezzo di carne. La bistecca in reverse ha avuto qualche minuto in più di rest poiché è stata tagliata per seconda.

    • Ciao Marco.
      mmmmh, difficile a dirsi. Certamente non è una cosa normale. La mia impressione da quello che descrivi, è che avresti avuto lo stesso problema indipendentemente dalla temperatura del Reverse e che sia riconducibile al passaggio in forno. Per capirci: il Reverse esercitato per tempi e/o modalità inadeguate alla peggio è inefficace, nel senso che non si nota il beneficio. Ma addirittura che risulti controproducente è veramente anomalo.
      C’è qualcosa che ha disidratato la bistecca ma non solo a livello superficiale e considerando le due ore (certamente non un tempo devastante) anche in maniera piuttosto veemente. Non conosco bene la funzione “riscaldamento piatti” di un forno domestico francamente, non avendone mai avuto uno a casa mentre in ambito ristorativo c’è un’apparecchiatura dedicata esclusivamente a questo scopo. Domanda: non è che esercita un qualunque tipo di irraggiamento diretto, magari ravvicinato?

      Io ti suggerirei di fare una controprova con le seguenti varianti:
      1- Non usare un taglio come la fiorentina che presenta una serie di complicazioni, tra cui l’osso e la contemporanea presenza di due tagli anatomici diversi, di cui uno per altro è il filetto che si presta in modo abbastanza relativo. Scegli due semplici Rib Eye.
      2- La Piemontese è la razza più bastarda da questo punto di vista (per diversi motivi che poi eventualmente ti spiego). Tra le razze “povere” e di comune utilizzo che puoi trovare, prendi una comune frisone tedesca, trattata praticamente da qualunque catena della distribuzione o macellaio generico (non specializzato su una razza o una provenienza geografica intendo). Questo solo per togliersi il dubbio e cercare conferme del fatto che ceteris paribus non dipenda da altri fattori

      Poi ripeti l’esperimento. Se ti succede la stessa cosa saprai per certo che la causa è lo scaldapiatti.

      Oppure puoi fare il contrario: ripeti l’esperimento con le Fiorentine ma questa volta facendo Reverse nel forno normale. Lascia stare per il momento il discorso 35 o 50 o più gradi, come ti dicevo, dubito molto fortemente che sia questa la variabile. Se in quel caso il risultato è buono, avrai la conferma che il problema è il posizionamento dello scldapiatti (è un cassetto posto sotto il forno, giusto?).

      Tienimi poi aggiornato sugli esiti 😉 (y)

  • Ciao Marco, vorrei provare il RS con una Rubia Gallega e per non sbagliare vorrei alcuni chiarimenti.
    Forno ventilato a 50, inserisco la carne per un paio d’ore. La tolgo, tampono e la ungo poi diretta per maillard. Giusto? Cosa accade se nelle due ore in forno la temperatura al cuore non raggiunge i 50 ma si ferma a 45 per esempio? Lo chiedo perché altrove ho letto di gente che lascia la carne in forno per due ore dopo che ha raggiunto i 50/52 gradi mentre da quello che ho capito io, la carne va tolta dal forno appena raggiunge la temperatura. Grazie

    • Ciao Ale,
      scusa il ritardo nella riposa, sono giorni intensi 🙂

      Si, giusto. Se mancano ancora gradi al target, è possibile che una volta cauterizzata come da tuo gradimento, sia necessario spostarla in cottura indiretta per alcuni minuti fino a quando sarà necessario. Semplice 🙂 Come si fa poi normalmente anche quando non si fa reverse searing. Chi la lascia molto tempo dopo il raggiungimento della temperatura target, vuole prolungare l’azione enzimatica ma sono a mio avviso esasperazioni del concetto. Due ore di reverse vanno più che bene e poi ti regoli in cottura a seconda di come reagisce la carne 😉

      Se non dovessi ancora aver proceduto alla cottura, goditi l’esperienza. Avrai un pezzo di un gusto incredibile anche se probabilmente meno morbida di altre.
      Buon divertimento 😉

  • ciao, io ho un dubbio che vorrei sottoporti. Ho preso un cuberoll di wagyu australiano da 1 kg e per fare RS l’ho prima messo in cottura indiretta (ho usato una stagnola da schermo + griglietta) nel weber q1400 (è elettrico) a potenza 1 cioè la temperatura oscillava tra i 50° e gli 80° (calori residui da accensione e spegnimento della resistenza). Ho portatao la carne fino a 30° al cuore (con sonda) poi ho auemntato potenza a 2, con oscillazione tra gli 80° e 120°, e ho portato la carne fino a 42. Quando l’ho tirata fuori la carne all’esterno era molto secca, il colore all’interno era omogeneo di un rosa vivo ma già tagliandolo non ho notato ne particolare morbidezza ne particolare succosità. Ho tagliato in 4 filetti e andato in diretta per 5 min in tutto (con 4 girate). Il risultato era carne cotta molto in alcuni punti (tipicamente parti esterne ) le fette centrali meglio ma non all’altezza.
    Le domande sono un po’ 🙂 : una fascia di oscillazione di 50°-80° è tollerabile per fare il reverse o è troppo?
    la fascia da 80 a 120 è utilzzabile? la temperatura deve essere sempre costatnate a 50°?
    per il cuberoll come taglio è consigliabile cottura RS dell’intero pezzo, andando in diretta solo dopo averlo tagliato in fette da 2 ,3 cm? il forno elettrico di casa oscilla tra i 50° e 70 °, anceh quello non è costante…

    • Ciao Filippo,
      diciamo che sia lo strumento che la procedura non sono stati idonei.
      Le oscillazioni e i cambi repentini di temperatura sono un po’ dei nemici dai quali cercare di stare lontani.
      Per rispondere alle tue domande:
      No, non è una fascia tollerabile. 30 gradi sono davvero tanti, è più del 50% in piu della temperatura target.
      La fascia 80-120 è utilizzabile, ed è quella relativa al classico metodo Finney, ovvero il Reverse classico che lavora nell’intorno dei 1000°C.
      la temperatura deve essere il più possibile nell’intorno del tipo di Reverse che hai scelto, quindi 30 oppure 50, oppure 100 ma li deve stare
      Più che una questione di peso ne farei una questione di spessori. oltre un certo limite è un complicarsi la vita inutile. A mio avviso la bistecca ideale pesa 250-300 gramm, è la giusta via di mezzo tra risultato e sforzo necessario per ottenerlo 😉

  • Ciao Marco, articolo molto bello ed interessante. Giusto partire da materiale e condizioni più omogenee possibili “ceteris paribus” e giusta l’ipotesi enzimatica e per quel che vale la mia esperienza confermo le tue conclusioni. C’è però un punto debole: il tempo a 35°C della carne cruda. Da un punto di vista igienico sanitario la carne deve restare a quella temperatura per il tempo minimo possibile poichè è l’optimun termico anche per la proliferazione di tutti i patogeni eventualemte presenti. L’ ora ci potrebbe stare a patto di cauterizzare e consumare subito dopo ma andare a tempi molto lunghi significa aumentare esponenzialmente il rischio di patologie serie. Gli aminoacidi liberati dall’azione enzimatica oltre a piacere a noi, sono ambiti anche dai batteri……dobbiamo assumerli prima che lo facciano loro. Esemplificazione ma forse rende l’idea.

    • Ciao Federico,
      Ti ringrazio molto, sono contento ti sia piaciuto 🙂
      In merito alle tue considerazioni il tuo è un intervento ricco di spunti, che richiederebbe piu spazio.

      Dunque, parto dalla premessa di confessarti di non essere un grande sostenitore della trasposizione integrale dei principi ASL all’attività domestica. Sono a mio avviso diverse le finalità, le condizioni di partenza e gli strumenti a disposizione. Se dovessimo farlo, semplicemente a casa non potremmo cucinare. Niente, mai in assoluto. Questo comunque sarebbe un argomento molto lungo e ci porterebbe fuori tema. Vedo comunque nelle tue parole apertura, cosa che generalmente non riscontro con chi mi trovo a dialogare di questi argomenti e che potrebbe non essere d’accordo con me e mi fa molto piacere quindi affrontarli con te 🙂

      Ti riporto alcune considerazioni, senza per altro la pretesa che debbano rappresentare verità assolute ci mancherebbe, però io la vedo cosi.

      – Certamente tra le 3 temperature testate la 35°C è quella più a rischio ma non è che quella a 50° o ad altre temperature intermedie non lo siano. Tecnicamente la carne andrebbe conservata a +4 e cotta fino a raggiungimento di completa coagulazione delle proteine per almeno 5 secondi. Tutto il resto è a rischio. Il RS per sua natura è un piccolo rischio, a qualunque temperatura. Ma come come 10.000 altre azioni che facciamo in cucina domestica tutti i giorni che non ti sto ad elencare e che credo tu possa immaginare benissimo da solo 🙂
      – Vera la proliferazione ma considera comunque la fase iniziale di latenza. Ho fermo da oltre sei mesi un articolo su di un test sul campo con tampone su bistecche volutamente contaminate in un mese molto caldo come è stato lo scorso settembre. Il risultato su quanto è lunga la latenza, ti stupirebbe credimi 😉
      – Detto tutto questo non amo i Reverse stralunghi, non sono assolutamente necessari. Uno-due ore di reverse è tutto quello che serve per ottenere il nostro scopo. Tutto il resto sono metodi finalizzati solo a rendere “for dummies” una tecnica altrimenti avanzata (perchè questo è il RS) e che andrebbe approcciata dopo aver compreso e provato quantomeno le tecniche di base sapendone gestire le variabili 🙂

  • Ciao Marco,
    grazie della tua risposta, tutti spunti pertinenti ed interessanti. Sulla sicurezza alimentare dico sempre mettere a conoscenza dei rischi poi ogni uno è libero di fare quello che vuole. Naturalmente se somministro al pubblico sconsiglio inutili rischi poichè la frase “tanto non è mai sucesso nulla” è deleteria. Da un punto di vista gastronomico concordo con te. Il RS è stata una grande intuizione, provare temperature e tempi per avere effetti migliori è geniale ed un approccio scientifico ineccepibile. Lavoro anch’io assieme ad un gruppo scientifico su varie matrici alimentari compresa la carne. Parlavi di tamponi e fase lag, noi recentemente abbiamo fatto sperimentazioni su dry-aging, effetto delle marinature su tipi diversi di carne istituendo diversi panel test. Ti assicuro che arrivare a dati scientifici validi non è facile ma troviamo delle indicazioni molto interessanti. Purtroppo non posso condividere pubblicamente i dati sino a pubblicazione, però niente vieta di sentirci via mail. Stimo la tua conoscenza e la chiarezza con cui pubblichi. Buona giornata Federico

    • Ciao Federico,
      Certamente, molto volentieri! 🙂

      Ci tengo a chiarire: sono assolutamente della tua tesi, ovvero che si debba rendere la scelta consapevole. Sono però dell’opinione che questo passi attraverso il fornire tutti gli elementi che devono essere messi sulla bilancia della decisione. Mi spiego meglio: la comunicazione neutra non esiste, ed è una gran brutta bestia purtroppo. Sono anni che è in voga una tendenza verso l’allarmismo esasperato perche indubbiamente la paura vende (accessi, like, visualizzazioni, ascolti, copie di quotidiani, ecc.). Il che purtroppo si coniuga con un’altro grande limite della comunicazione “fruibile”: deve essere semplice, il lettore non vuole informazioni, vuole un decalogo (“i 10 segreti del…”, “le 10 regole per…”, ecc.)
      Il succo del discorso è che su questi argomenti è pieno il mondo di persone che piu o meno dolosamente esprimono concetti limitanti e limitati come “se fai questo = morte” (non mi riferisco ovviamente a te, sia chiaro). Io mi pongo (o cerco umilmente di farlo) come contrappeso sull’altra parte della bilancia perche a mio avviso se ne sente davvero la mancanza, quella che dice “guarda che è vero che si puo morire, ma non ti hanno detto che statisticamente capita solo nel 1% dei casi. Decidi tu, qual è il tuo grado di rischio accettabile”.
      Alla stessa stregua, per chiarire ulteriormente, non avevo certamente la pretesa di stabilire una regola attraverso un esperimento cosi banale come dei tamponi casalinghi per altro effettuato una sola volta. Piuttosto l’intento era esattamente l’opposto: dire che esiste anche una buona possibilità, tutt’altro che remota, che a fronte di un RS non accada nulla e che le regole auree nel campo alimentare sono davvero poche, non trattandosi di bulloni.

      A suo tempo comunque sarà un piacere confrontarci.
      Un grande abbraccio ed una buona giornata 😉

  • Ciao Marco,
    Vedo che questo post ancora è attivo e ricco di commenti, nonostante sia passato un bel po’ di tempo dalla sua pubblicazione.
    E’ sempre un punto di riferimento per chi è interessato a nuove tecniche.

    Da parte mia una domanda che ancora non ho visto, spero di ricevere qualche info utile.
    Tecnicamente, come stabilizzi un kettle a 35 gradi? Lo stesso vale anche per i 50…Io temperature così basse non saprei come raggiungerle.
    Soprattutto solitamente quando si parla di temperature Low nei kettle si definisce sempre 100/110 gradi.

    Capirai la mia domanda: non voglio passare dal forno di casa (per essere un “purista del bbq o anche per esigenze, penso a una grigliata in un pato) per arrivate alla T target di RS.

    Grazie mille!!!

    • Ciao Alessandro,
      Il punto rivede sempre nella stabilizzazione come concetto: devi creare una combustione stabile con quel minimo di aria in ingresso ed in uscita, utile a ridurre l’apporto di ossigeno al mantenimento di quella specifica produzione di calore. E’ chiaramente più complicato rispetto a stabilizzare a 160°C ma certamente non impossibile. Se vuoi un’idea del possibile set up, io accendo una bricchetta in un kettle 57 e la sormonto con altre tre spente disposte a piramide dove quella accesa è la base, con le vents in e out ridotte al lumicino.

      Un’altra soluzione interessante che funziona bene è quella di chiudere tutto e di lasciare gestire la temperatura ad un dispositivo come il Fireboard o similari. 😉

  • Ciao Marco,
    Ti ringrazio per questo articolo che conservo gelosamente tra quelli da avere sempre sotto mano!

    Sto provando la cottura Reverse Searing in forno ventilato, ho fatto già un paio di esperimenti.

    La temperatura della sonda forno va dai 46° ai 55°, non ancora riesco ad abbassare questa finestra nonostante in maniera quasi maniacale cambio la temperatura per far si che non vada oltre questo range (di solito parto con un forno che segna 30° [la sonda circa 50°] ed arrivo al forno che segna 55° e la sonda 52°).

    Tuttavia, dopo 3h 30m, la temperatura al cuore non supera mai i 46° e devo dire che dopo i 40°, per farla arrivare a 46°, ci vogliono quasi due ore.

    La carne è succosa e morbida, tuttavia leggo sempre di tempi non così lunghi per raggiungere temperature maggiori. Inoltre, nonostante la bassa temperatura, l’aspetto estetico risulta simile a quello nella foto RS 100°C.

    Con la tua esperienza come potrei effettuare una cottura corretta?

    Grazie mille

    • Ciao Luca,
      ti ringrazio dei tuoi complimenti che fanno sempre un grande piacere.

      Il risultato che descrivi è abbastanza normale. Sia sotto il profilo strumentale, in quanto il forno di casa non è pensato per temperature inferiore a quelle da te menzionate. Sia sotto il profilo fisico, in quanto un ambiente come il forno tende a trattenere umidità, specie a temperature basse e questo chiaramente ostacola l’innalzamento della temperatura, un po’ come avviene in uno smoker per effetto del water pan.

      Perfettamente normale quindi anche il fatto che l’aspetto assomigli a quello di un Reverse in Low&Slow. Il risultato migliore è a mio parere in un kettle con tre bricchette di carbone accese e una spenta sopra. Lo so, non è una stabilizzazione esattamente alla portata di tutti ma non è nemmeno impossibile. Una soluzione ottima è utilizzare un Pit Manager come il Guru o come il Fire Board che avevo recensito qui.
      Il sistema è collegato ad una ventola connessa con le vents in e tramite una sonda alimenta la combustione quando la temperatura si abbassa.

      Sia in modo assistito che con una stabilizzazione manuale, in una camera di cottura come quella avrai il risultato che cerchi 😉
      A presto! 😉

  • Ciao Marco,
    complimenti per i tuoi articoli, sono sempre spiegati molto bene, “tecnici” ma allo stesso tempo alla portata di tutti. Ovviamente anche questo articolo l’ho apprezzato molto.
    E’ la prima volta che ti scrivo. Seguo e pratico la cultura “bbq” da una 15na di anni, iniziando a grigliare per gli amici con le grigliette da 4 soldi, per poi passare al kettle a carbone, a dispositivi portatili, pellet…sempre per amici & famiglia. Ogni dispositivo lo uso a seconda del caso, dipende, alla fine li uso comunque tutti. Mi sono sempre documentato tanto per poi testare quanto imparato. Ho comprato e letto libri (italiani e in seguito USA) e seguo i vari siti/blog/gruppi Facebook (sempre italiani e non). Diciamo che non applico una tecnica precisa quando griglio, ad esempio, una bella ribeye, mi piace sperimentare le varie metodologie e soprattutto applicarle al caso ovvero a seconda del bisogno. Per me l’importante, oltre ovviamente al risultato finale e cercare di non intossicare nessuno, è divertirsi e stare in compagnia. Ma è difficile schierarsi a favore di un metodo o di un altro. C’è chi dice che il reverse a 48° (o cmq meno di 52) non è reverse ma è “coltura batterica”, c’è chi dice che il reverse in forno non è bbq e che in forno ci vanno le torte (e nemmeno quelle a volte), c’è chi oltreoceano continua sulla strada del Finney o chi (sempre USA) il reverse lo applica solo su Porterhouse belle grosse altrimenti su ribeye da 2 o 3 cm di spessore va di diretta su carboni ardenti e poi indiretta, magari usando il metodo “continua a girare ogni 30 sec” (senza “brush” per intenderci) e mi elenca una serie di “contro” sull’uso del reverse. E preciso, non ti sto parlando di gente qualsiasi, italiani e stranieri di un certo “peso”, gente che conosci benissimo perchè parliamo di persone influenti, come te Marco, nel mondo della cottura della carne. Ripeto, non solo italiani. Questo per dire che a volte è complicato per chi si avvicina a questa fantastica cultura da neofita perchè si può trovare spaesato. Spesso noi italiani (e purtroppo riscontro che in USA/UK non sono così) abbiamo l’abitudine di dire/scrivere “no che schifo, non si fa così, hai sbagliato tutto, la vera bistecca si fa così punto e basta, gli altri sono tutti scemi”. Uno prende paura! Io ormai vado oltre e uso le tecniche a mio piacimento a seconda del caso ma sono “aperto” e cerco di testare il più possibile quello che tu (e quelli come te) suggeriscono. Questo mi piace del barbecue. Non è un “si fa così” ma è “cucina e divertiti”. Mi piace il tuo modo perchè non sei categorico come altri (soprattutto italiani). Lasci la possibilità di sperimentare e magari fare pessimi barbecue. Che per alcuni (USA) “si impara a fare un buon barbecue solo facendo un cattivo barbecue”.
    Grazie del tuo prezioso contributo.

    • Ciao Davide,
      un piacere averti tra i miei lettori.
      Ti ringrazio dei complimenti e degli utili feedback. Si, io sono molto dell’idea che gli assoluti non esistano. ma è proprio la vita ad essere cosi, ancora prima del barbecue. Citando una vecchia massima, il mondo non è fatto di bianco e di nero ma di una serie di sfumature di grigi 🙂
      Buona continuazione e buon divertimento 🙂 😉

  • Da fanatico della fiorentina e toscano doc quale sono non potevo che provare il reverse ma non ho avuto un buon risultato.
    Ho tenuto la bistecca di 1.3kg in forno per 2 ore a 60 gradi. Il termometro segnava 47 quando l’ho tolta. Ho poi portato tutto in griglia per 2 minuti e 30 per lato ma il risultato finale è stato di una bistecca troppo corta davvero. Dove sta l’errore? Quanto tempo va tenuta alla griglia e quanti gradi deve avere la griglia?

    Chiaramente il colpo di Somaro dal Babbo che con un: ” io lo dicevo di farla al grill” l’ho giustamente preso…
    Che mi dite? Voglio riprovare

    • Ciao Emanuele,
      l’errore risiede nel non avere tenuto conto della cottura al cuore.
      Ti spiego: supponiamo tu la volessi a cottura Rare, il che vuole dire circa 50°C al cuore. Se tu la sottoponi ad un Reverse a 30°C non ci sono problemi perchè tanto a 50 non ci arriverà mai. Ma se tu la sottoponi a 60°C, presto a tardi anche la carne arriverà a quella temperatura.
      Se quindi superi con la temperatura di cottura, la temperatura target, devi tenere controllata quella al cuore e regolarti sul momento giusto per passare in griglia. Anche i 2.30 minuti di griglia non possono voler dire nulla da soli se non hai sotto controllo dove sei e dove vuoi arrivare 😉
      Mio consiglio spassionato: non iniziare dalle cose complicate, parti da quelle semplici:
      accontentati di un’oretta di Reverse, inserisci una sonda e tieni monitorata la carne. Poi spostati in griglia sempre controllando con un termometro a matita a che punto della cottura sei. Poi piano piano ci fai la mano e ti aggiusti 😉

  • Proverò con il reverse a 35.
    Ho usato un termometro preso su Amazon e prima di tirare fuori la bistecca dal forno segnava 47 gradi poi nella griglia non ho usato il termometro pensando solo alla cauterizzazione. Probabailmente ho sbagliato li o il termometro non funziona. A quanti gradi deve essere la griglia per fare un ottima reazione di Miaillard?

    • E’ difficile rispondere senza considerare le caratteristiche della bistecca (soprattutto in termini di marezzatura e frollatura) ed il suo spessore.
      Più è alta la temperatura e più è ragionevole che l’esposizione sia breve e più puoi permetterti gap corti tra la fase enzimatica e quella di searing. Diciamo che 2.30 minuti non è pochissimo.
      Comunque per rispondere, una temperatura ragionevole può andare comunemente dai 200 ai 350 gradi.
      Se ti dovesse interessare l’argomento, considera questa cosa 😉
      https://universobistecca.gr8.com

  • Salve. Davvero complimenti per l’approccio scientifico con cui apporicci le cose. Il fatto che ogni supposizione sia testata con esperimenti rende questo sito unico e mi spiace non averlo scoperto prima. Solo una cosa se posso permettermi non mi torna. Come si fa a stabilizzare un dispositivo a carbone a 35 gradi (a meno nldi non essere sotto zero fuori). Faccio un esempio io ho un Kamado Joe e con 30 gradi in estate faccio fatica a tenerlo sui 110. Non mi l viene in mente nessun metodo per avere una temperatura stabile a 35 gradi eccetto il sous vide, ma quello è un altro discorso. Ti ringrazio in anticipo

    • Ciao Francesco,
      ti ringrazio molto dei complimenti e sono felice che ti possa trovare bene 🙂

      La tua domanda è davvero un classico, che mi hanno fatto molte volte. Non è facile, ma è assolutamente possibile con un filo di esperienza. Puoi farlo in tre modi, dal più manuale al più strutturato:
      1. ciò che crea stabilità (termica e non) è la massa. Su un kettle ad esempio 35°C si ottengono in media stagionale (quindi non inverno sotto zero ne estate a 40°C) con tre bricchette accese accumulate una a ridosso dell’altra e con sopra una brichetta spenta e le vents inf e sup aperte di un nulla (è il set up che ho utilizzato per l’articolo). Lo stesso principio puo essere adattato a dispositivi con una diversa inerzia termica come il tuo o in diverse condizioni stagionali, trovando la giusta misura. Serve solo un po’ di pratica ma è tutt’altro che impossibile. Chiaramente se sul tuo kamado hai gia 35°C perchè ci batte il sole, non farci nulla e mettici la bistecca: easy 😉
      2. puoi rendere la combustione più controllabile coprendo tutta la griglia con un foglio di stagnola tranne la parte che sfocia sulla combustione con un set up simile a questo Usare un Kettle come un Affumicatore. La mancanza di eccesso di comburente (l’aria) rende estremamente calibrabile la combustione e consente stabilizzazioni più facili anche a basse temperature
      3. Aiutarsi con un cosiddetto Pit Manager, ossia un dispositivo collegato ad una ventola che soffia solo nel momento in cui il sistema rilevi un abbassamento della temperatura del dispositivo rispetto al valore che gli imposti. Ce ne sono diversi, te ne linko uno che avevo recensito alcuni anni fa e che è a mio avviso il migliore: Il FireBoard Fan Control

  • Grazie infinite. Proverò sicuramente. Mal che vada rinuncio all’aroma di fumo e la caccio in cella di lievitazione impostata a 35 gradi esatti così son certo sia stabile. Ancora grazie

  • Ciao Marco. Forse sono un po’ fuori tema, ma ho due belle fette di un paio di cm cad di cinta senese dotate di una bella copertina di grasso. Le faccio in reverse? Se si che procedura mi consigli? Grazie

    • Ciao Vincenzo,
      L’effetto sul maiale deve piacere, è molto personale. Prova
      In merito a quale, io direi 50 gradi ma anche qui è molto una questione di gusti

  • Buongiorno Marco. Ho una picanha di Vaca Ambarina (dicono che sia Rubia Gallega) da 2,6 kg. Vorrei trattarla per 3-4 ore a 35°. Poi lasciarla raffreddare, metterla su uno spiedo legandola a mo di arrosto con il grasso all’esterno, dopo averla salata e pepata da tutti e due i lati, e quindi cuocerla lentamente con ambiente a 180-200° e smoker accesi fino a t al cuore di 45-48 °. (devo avere dei vampiri trai miei antenati). Preparerei del burro aromatizzato all’aglio e timo da mettere in tavola e sciogliere sulla carne da parte di ogni commensale. Cosa ne pensi? Ogni suggerimento è semplicemente benvenuto. Grazie

    P.S. Mi sto gustando il corso con i video on line uno alla volta, centellinando.

    • Ciao Vincenzo,
      è una combinazione di cotture che si può fare ma (anche in considerazione del tuo input sulla questione “vampiro” 😀 ), ti consiglio di effettuare la seconda fase a temperatura alta e non lentamente.
      La parziale denaturazione delle proteine gia avvenuta ti avvicina al target e se vuoi una cottura al cuore poco accentuata sarebbe meglio accelerassi la maillardizzazione anziché rallentarla 😉
      Se poi vuoi un aiuto just in time o anche solo condividere la cottura, ti aspetto volentieri sul gruppo FB Barbecue Creativo 😉
      Buon divertimento! 😉

  • CAro Marco, ho visto la email della risposta ma non trovo né il mio commento né la tua risposta qui.
    L’argomento era la mia picanha da fare allo spiedo.
    Dicevo che volevo fare il reverse a 35° e poi farla raffreddare in modo da poi farla cuocere a 180° fino a max 48°.
    Il tuo commento mi ha spiazzato, “se vuoi una cottura al cuore poco accentuata sarebbe meglio accelerassi la maillardizzazione anziché rallentarla”.
    Allora la domanda è:
    Meglio alzare la t di esercizio (sto seguendo i corsi video!) a 250° e non raffreddare la carne che quindi dovrà aumentare la sua t di 10-13° oppure far raffreddare la carne in frigo e poi tenere la t di esercizio a 180°. Quale maiilard sarà migliore? Quale mi darà il grasso più marroncino e croccante? Di solito faccio il filetto allo spiedo e viene molto buono e succosissimo usando il sistema di farlo raffreddare dopo il lavoro enzimatico sulle proteine a 35° e poi a 180° di esercizio. Grazie.
    P.S. Mi sono iscritto al gruppo FB ma non capisco come postare, forse devo attendere di essere autorizzato a farlo?

    • Ciao Vincenzo,
      scusa, colpa mia: ho letto troppo fugacemente prima di commentare: avevo visto “quindi cuocerla lentamente” e avevo saltato a piè pari la descrizione della temperatura. Il principio che ti ho detto rimane valido ma quel range di temperatura di esercizio (bravissimo! 😀 ) va perfettamente bene.
      Cogliendo l’occasione per approfondire sulla tua domanda, tu devi immaginare temperatura al cuore e maillardizzazione esterna come due corridori affiancati uno all’altro. Tu decidi chi far vincere e di quanto. Più è bassa la temperatura di esercizio e più lento sarà il corridore della maillard e lascerà il tempo a quello della temperatura al cuore di “stargli alle calcagna”. Se tu raffreddi la carne alla fine della fase enzimatica è come se dessi qualche metro di vantaggio al corridore della maillard a parità di temperatura di esercizio. Quindi chiaramente otterrai una maillard più accentuata (o meglio, una maggior differenza tra i due valori) utilizzando questo metodo rispetto al procedere immediatamente a cottura 😉

      In merito al gruppo, non abbiamo limitazioni attive una volta entrati. Quindi sei libero di postare come e quando vuoi e non mi risultano altre segnalazioni in questo senso. All’inizio della time line dovresti vedere il campo dove poter cominciare a scrivere il tuo primo post 😉

  • Grazie. Quindi se alzo la temperatura di esercizio posso tenere la t al cuore a 35 alla partenza, al contrario devo raffreddare in modo da permettere al corridore maillard di mettersi alla pari.
    Grazie di nuovo.

  • Ciao Marco. Ti racconto la mia ultima esperienza in reverse. Tolta dal freezer -19° (oltre 1 kg di fiorentina), messa in forno e lasciata quattro ore a temperatura di 50°. Fatto ciò ho portato il pellet a 315° per la cauterizzazione, pensando a una T di target di 47 48 ° (sono sempre il vampiro che conosci). Messa sulla griglia la l’ho girata dopo due minuti a fatto altri due dall’altro lato. Maillard ok (non eccezionale) e ottime grill marks. Ma la bestia non saliva di temperatura. Allora l’ho messa sulla griglia superiore e in un attimo ha superato i 55 in alcuni punti addirittura 60, cioè per me stracotta. Penso di aver sbagliato due o tre cose: 1) T troppo alta della griglia 2) Non aver fatto il total searing a quella temperatura della griglia. 3)La terza dimmela tu. Cosa ne dici?

    • Ciao Enzo,
      partiamo dal presupposto che partire dal congelato evidentemente sfalsa un po’ le abitudini e i tempi canonici. Sarebbe molto utile avere come dato il valore di temperatura al cuore nel momento in cui l’hai tolta dalla fase enzimatica.Dire se la temperatura di esercizio fosse alta o bassa, dipende moltissimo da questo valore e da altre eventuali caratteristiche come il livello di marezzatura e di frollatura.
      Certamente il fatto di aver proceduto in fase finale a trasformare la cottura in una sorta di “diretta alta” ti ha complicato il controllo: in quel modo hai alzato “l’asticella” dell’irraggiamento nel tuo “equalizzatore di cottura” rispetto ad una Indiretta Classica, che probabilmente se il tuo obbiettivo era semplicemente quello di innalzare la temperatura al cuore, sarebbe stato il comportamento più giusto 😉

  • Ciao Marco. Concordo. La T al cuore era intorno ai 35-40. Certo fare una indiretta classica sarebbe stato meglio, ma come si fa in un sistema a pellet? Questo mi sembra il vero limite del Pellet. Non riesci a gestire zone con diversa T. Grazie.

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