Come Bilanciare gli Abbinamenti in Griglia
Per quanto l’uomo “macho” lo voglia sminuire, limitando il tutto alla sua capacità di domare le fiamme attraverso la sua sola forza bruta, che piaccia o meno il barbecue è una forma di cucina. Ci aggiungo un pezzo: una forma di cucina per altro molto tecnica, se la sia vuole approcciare come tale. Lungo il percorso evolutivo della sua conoscenza, parallelamente con l’evoluzione concettuale verso questo concetto, nel momento in cui decidiamo di passare al Barbecue 2.0, ovvero quello consapevole, si tende a discostarsi dal “crostone con la salsiccia coperta di formaggio fuso” per iniziare a capire come creare un piatto equilibrato nel barbecue esattamente come faremmo in qualsiasi altro ambito della cucina.
La questione può essere semplice o estremamente complicata a secondo di quale livello di ambizione ci si pone, in misura non diversa da quanto avviene nella cucina tradizionale. Un piatto equilibrato in un ristorante stellato mira ad un risultato di frontiera espressivo delle capacità e della visione dello chef, che punta a mettere sul piatto quanti più contrasti possibili per creare un quadro artistico che riesca ad equilibrarli tutti in un morso. Questo non significa che in un’osteria il problema di come creare un piatto equilibrato non si ponga, solo che avviene su equilibri più semplici e lineare (o quantomeno dovrebbe). Ne parlavamo anche nel mio articolo dedicato al vero senso di “cucina gourmet”. In questo senso la cucina barbecue è trasversale e democratica: caratterizza il piatto attraverso i suoi caratteri ed aromi tipici dovuti all’affumicatura e alla maillardizzazione distintive ma può essere applicata indipendentemente dal livello di complessità o di eleganza del piatto.
Se si vuole arrivare al livello estremo della ricerca alla base della costruzione di un piatto equilibrato nel barbecue, Jay Beaumont sulla pagina della Australasian Barbecue Alliance aveva illustrato graficamente uno spettro di valutazione del profilo sensoriale del barbecue in purezza. Riconoscendone ovviamente tutti i credits, ho provveduto a tradurlo per mettertelo a disposizione, nel caso questo sia il tuo obbiettivo.
A mio parere però ci sono tanti step da fare nel barbecue più comune, quello dal senso più “esteso” del nostro roasting o del nostro grilling, prima di arrivare a porsi i dubbi alla base di questo metro di analisi. Forse può essere più utile ed interessante capire alla base come accostare o contrastare gli elementi percettivi che compongono un piatto, in una misura più pratica e accessibile.
Come creare un piatto equilibrato con uno schema più Semplice
Ecco che allora mi è venuto in mente di provare a spiegare come funzione un piatto equilibrato nel barbecue attraverso un altro schema “evoluto”: quello dell’equilibrio nell’abbinamento. Non so quanto tu sia appassionato di vino ma nel caso, probabilmente conoscete una scheda grafica utilizzata nei corsi di formazione AIS, che si rivela utilissima nello scindere le percezioni avvertite nella degustazione del vino e del cibo e nel rendere estremamente evidenti quali di queste devono essere controbilanciate e in che misura per rendere l’abbinamento equilibrato.
La scheda prevede due schemi sovrapposti, dedicati rispettivamente alla valutazione sensoriale del cibo e a quella del vino. Ciascuno schema è costituito da tre alberi disposti a formare un triangolo e ciascuno dei quali riporta dei criteri di valutazione e dei valori. I due triangoli sono disposti in modo che i rispettivi vertici risultino contrapposti. Valutando lungo gli assi i valori di cibo e vino nei rispettivi triangoli e unendo con delle righe i valori, risultano delle aree. Per semplificare un po il concetto, il perfetto abbinamento avviene quando:
- Le due aree hanno due forme opposte, quindi i valori si contrappongono formando un equilibrio
- Le due aree hanno una pari superficie, quindi la cosiddetta “ampiezza” di sapore è simile. Per capirci un brasato al tartufo ha un’ampiezza importante che “ammazzerebbe” un timido Erbaluce. Il contrario succederebbe ad una Caprese con un Barbaresco.
Volevo provare a riutilizzare questa impostazione per valutare il possibile abbinamento tra cibi in ambito barbecue. Lasciando invariato lo schema a tre assi dedicato al cibo, che nello specifico verrebbe destinato alla valutazione del cibo generico o del condimento da abbinare, vorrei sostituire quello del vino con uno schema simile, sempre a tre assi ma centrato su valori caratteristici del barbecue in purezza. Il Barbecue è anch’esso cibo naturalmente ma presenta alcune caratteristiche che lo accomunano praticamente sempre. Volevo quindi darle per scontate e concentrarmi di più sulle peculiarità che rendono un piatto barbecue diverso dall’altro, focalizzando su di esse i criteri di abbinamento. Più nello specifico i tre assi dello schema sarebbero i seguenti:
- Affumicazione, Cauterizzazione, Intensità e Persistenza – Ovvero rispettivamente quanto il ruolo del fumo è prevaricante nell’equilibrio del piatto barbecue, quale livello di cauterizzazione esterna o Bark lo caratterizza, quanto è intenso il sapore apportato e quanto persiste in bocca. L’idea è che questi aspetti debbano essere contrapposti al livello di spaziatura, aromaticità, persistenza, amarezza, acidità e sapidità dell’accompagnamento. La dolcezza in questo contesto è insignificante (ho detto dolcezza quindi zuccherosità e non tendenza dolce apportata da elementi come ad esempio il burro)
- Sapidità, toni acri e acidità che credo non necessitino di alcuna spiegazione. L’idea è di contrapporli in modo molto classico e comune un po’ a tutti i tipi di abbinamento alla tendenza dolce e alla grassezza dell’accompagnamento.
- Conservazione della Moisture e Gelatinizzazione, due concetti in parte legati ma distinti. La presenza di gelatinizzazione implica sicuramente una maggiore conservazione della moisture (ti ricordi quando abbiamo parlato dell’importanza della Fase di Rest, vero?) ma non necessariamente i due concetti devono viaggiare a braccetto. Esistono carni più naturalmente portate a conservare la propria moisture, pur non producendo un livello di gelatinizazione altissimo. La contrapposizione sull’accompagnamento sarebbe con la sua untuosità e la sua succulenza, ovvero la sua tendenza a produrre salivazione. E’ chiaro che una bassa moisture sul barbecue dovrà essere bilanciata da una buona succulenza ed untuosità del suo accompagnamento.
Lo schema che ne risulta sarebbe il seguente:
Proviamo una possibile applicazione, considerando qualche abbinamento classico precostituito. Potremmo partire ad esempio con il famoso e celebrato incontro tra il Pollo e la Alabama White Sauce, che ha reso famosi joint come il Big Bob Gibson.
Partiamo dal Pollo: è a mio parere una delle carni più difficili da affumicare, legandosi sempre poco. al fumo mentre il bark per quanto marcato, caratterizza solo la pelle che alla fine sul morso complessivo tende a non incidere eccessivamente, io quindi valuterei il lato sinistro del primo asse 4/10. A livello di intensità e persistenza, non è certamente tra i piatti barbecue più incisivi ma direi che una valutazione di 6/10 sul lato destro potremmo dargliela. La sapidità è spesso abbastanza presente e potremmo attestarla a 7/10 mentre non si avvertono quasi i toni acidi o acri, quindi un 3/10. Quella del pollo invece è il classico esempio di carne con una buona capacità di conservare la propria moisture (7/10) pur producendo una gelatinizzazione abbastanza scarsa (3/10).
La Alabama White Sauce a causa della propria freschezza tende ad avere una buona succulenza (8/10) mentre la sua untuosità è legata solo all’olio contenuto nella maionese (6/10), ha spiccate acidità e sapidità (8/10) e una spaziatura e aromaticità abbastanza delicate (4/10). La tendenza dolce è sempre limitata alla sola maionese (4/10) cosi come la grassezza che però nell’insieme si fa sentire molto di più (7/10). Il risultato è un bilanciamento sicuramente coerente ed un abbinamento corretto, con la Alabama White Sauce che tende a volte per ampiezza a prevaricare il pollo.
Un altro esempio potrebbe essere il classico abbinamento tra il Pulled Pork e la Coleslaw. Il Pork ha un affumicazione più presente del pollo ma che considerando la massa è comunque non particolarmente impattante (6/10) rispetto ad altri piatti barbecue come ad esempio le ribs. Risulta invece decisamente più intenso e persistente (8/10) con buone sapidità e toni acri e acidi (7/10) per la tradizionale presenza dell’aceto nella salsa. La tendenza a conservare la moisture dipende molto dal taglio ma partiamo dal presupposto di avere un Boston Butt (8/10) a cui è anche associata una discreta gelatinizzazione (6/10).
La coleslaw ha per percezione alcuni elementi in comune con la Alabama White Sauce, come la succulenza (8/10), l’untuosità (6/10), la tendenza acida (8/10), la aromaticità/speziatura (4/10) e la grassezza (7/10) mentre è più marcata la tendenza dolce (6/10). L’incontro è sicuramente più indovinato del precedente, per contrapposizione ma soprattutto per ampiezza delle aree.
Questo schema oltre a poter essere utile per rivalorizzare il ruolo gastronomico dei piatti barbecue in tavoli più nobili rispetto alle rustiche tavole di legno dei Joint, può aiutarti a capire in generare come creare un piatto equilibrato. Ora tocca a te provarci per migliore.
Buon divertimento e buon barbecue!





Complimenti, ottimo “reverse engineering”! Questi sono articoli che danno valore 🙂 Grazie
Grazie infinite Giulio 😉