Il Vero Senso della Cottura della Tomahawk
Personalmente non amo i cliché. Servono per fornire alle persone delle opinioni Take Away, per distoglierli dalla “fatica” di dover ragionare sulle cose. Tra i tanti che non mi piacciono, in ambito “bistecche” ne avrai sicuramente già sentito qualcuno su quel taglio da steakhouse americana in cui c’è un lunghissimo osso attaccato alla carne: la Tomahawk, solitamente dalla bocca di persone che di cotture di Tomahawk ne hanno fatte forse una. La più gettonata è indiscutibilmente
La Tomahawk è il metodo usato dal macellaio per farsi pagare l’osso al prezzo della carne
Mai sentita? É la classica fonte di condivisioni su Facebook: quelle affermazioni un po’ superficialotte ma che suonano ragionevoli, e che soprattutto scardinano una convinzione diffusa. L’ideale per fornire uno spunto per dare dello scemo al prossimo, che poi rappresenta lo sport preferito dai frequentatori di Faccialibro.
Io però mi sento agnostico in questo senso, mi piace chiedermi il perché delle cose, trovando un equilibrio, ove questo esista. È quindi proprio cosi? Una bistecca Tomahawk è davvero solo questo?
Se fosse proprio cosi, perché allora comprare una costata? É solo un’entrecôte con l’osso dopotutto… Non è lo stesso?
Quindi? Come cucinare una Tomahawk? Deve essere considerata come una normale bistecca? Ragioniamo.
IL TAGLIO
Anzitutto partiamo da un presupposto: la sezione di provenienza è il cosiddetto Prime Rib, ovvero la porzione di costato tra la 6ª e la 12ª costola, e fin qui ci siamo.
Il problema è che in Italia sull’onda del successo commerciale, si tende a chiamare Tomahawk una carne qualunque del lombo di cui ci si dimentichi di tagliare l’osso in eccesso, ma nella realtà non sarebbe cosi. Le vera bistecca Tomahawk sarebbe solo quella ricavata dal cosiddetto First Cut, ovvero la porzione delle coste tra la 10ª e la 12ª, la migliore, quella più vicina al lombo e anche per questo detta altrimenti Loin End, ossia quella che contiene la porzione di taglio ribeye con meno tessuto connettivo, quella più tenera e succulenta.
Rispetto al Second Cut, ossia al resto delle coste poi, la parte aderente all’osso è maggiore. Cosa significa questo? Te lo spiego bene con un poco-pochino (promesso) di anatomia:
Il First Cut è la porzione in cui Il Complexus è più prominente. Hai idea di cosa vuole dire questo sulla cottura della ribeye (e sulla cottura della stessa carne sulla Tomahawk di conseguenza)? Hai mai provato a lardellare un taglio di carne magro? Ecco, quella roba li. Inoltre il Complexus è un muscolo piccolo e “intrufolato” tra gli altri ma è insospettabilmente all’undicesimo posto tra quelli più teneri di tutto il manzo(!). In altre parole è un gustosa e tenera delizia che per giunta cuoce nel suo stesso grasso e che nel farlo umetta anche tutto il resto. Si tratta quindi di un piccolo “boccone del prete” per tutti gli appassionati, che in una steakhouse americana potrebbe essere definito “decadent”.
In termini anatomici quindi, le Tomahawk sono quindi le ribeye migliori, delle quali si vuole preservare ogni centimetro di sapore.
Stai iniziando a capire? Immagino di si. Andiamo avanti.
LA QUESTIONE DELL’OSSO
In questo intorno si concentra la carne particolarmente grassa e gustosa, una vera leccornia per ogni amante della bistecca in osso.
E quindi? Quindi una bistecca Tomahawk di carne attaccata all’osso ne ha molta, e per giunta della qualità più pregiata. E qui risiede forse il principale fraintendimento: la maggior parte delle tomahawk viene scalzata come fossero dei carrè di agnello in Bellavista. Elegantissime e bellissime da fotografare ma… povere Tomahawk, cosi le uccidete!
LA COTTURA É UGUALE?
Io in modo molto empirico, confesso di essere fermamente convinto che un pulled pork da spalla in osso dia le piste ad uno da spalla disossata. Se non esistono dimostrazioni a sfavore di questa tesi, è altrettanto vero però che non ne esistono a favore, quindi mi astengo dall’apportare la mia esperienza in questo senso.
Di sicuro, c’è che come sostiene Cook’s Illustrated, l’osso essendo una struttura porosa, tende a isolare la carne a suo ridosso dalle reazioni. Rallenterebbe quindi le denaturazione del collagene, l’innalzamento di temperatura, ecc.
In altre parole: la cottura della Tomahawk, essendo una cottura in osso, piaccia o non piaccia, a parità di tecnica utilizzata è differente, e questo è sotto gli occhi di tutti. Per uniformità e caratteristiche, la cottura di una costata non è uguale a quella di una ribeye, proprio per effetto della presenza dell’osso e a maggior ragione questo è vero nel caso di una bistecca Tomahawk, il cui questo è maggiormente esposto al calore e alla conducibilità termica. Per molti versi quindi come si cucina la Tomahawk potrebbe essere assimilabile per principi a quanto spiegato per la cottura della Fiorentina. : raffronto tra temperatura al cuore e maillardizzazione e controllo della temperatura nelle parti periferiche e in quelle vicine all’osso. Non mi dilungo quindi inutilmente sui dettagli trovando tutte le spiegazioni nell’articolo linkato.
IN DEFINITIVA
E forse ancora più importante, è nel caso in cui si decida di farlo, saper scegliere la materia prima giusta senza farsi fregare con una semplice “bistecca dall’osso lungo” (questo sì!) e sapere come cucinare una Tomahawk nel modo giusto per riuscire a valorizzarla. Cosi parlò l’uomo saggio.
Articolo molto bello e soprattutto imparziale, non esclude diverse interpretazioni sull’argomento. Anatomia del taglio spiegata molto bene, fa luce anche sulla differenza tra parti del muscolo adiacenti. Complimenti
Grazie Paolo,
si, è un po’ il taglio che cerco di tenere nei miei articoli. Il mio obiettivo è (cercare di) rendere le persone consapevoli dando loro una visione il più possibile complessiva e non filtrata dalle informazioni scomode, in modo tale che ciascuno possa scegliere per se 😉
Vada come vada, io ho assaggiato spesso sia il classico taglio fiorentino che le tomahawk e ciò che mi fa scegliere la seconda è sicuramente il sapore, ma non nascondo che mi fa impazzire anche la sua forma: anche gli occhi hanno fame di bellezza e pago volentieri quell’osso che delizia la mia vista e fa stupire gli invitati!
E hai assolutamente ragione Giorgio,
il cibo come tutte le cose, consente di poter acquistare sia il suo contenuto materiale che quello immateriale 😉