La Tecnica Tataki passo-passo

Post Tonno Tataki

La Famosa Cruditè Piastrata Giapponese

Noi italiani siamo soliti ritenerci l’ombelico del mondo della cucina, tanto da arrogarci il diritto di trascurare compiutamente qualsiasi altra espressione di cottura. Se questo è vero nel mondo della cucina nel suo complesso, lo è ancora di più per tutto ciò che riguarda il rapporto con le cotture a fuoco vivo. Queste sono infatti una branchia nella quale arriviamo buoni ultimi, applicando principi e tecniche che non riescono ad andare oltre la semplice esposizione al calore delle braci fino a (stra)cottura. Guardarci intorno, oltre le nostre consuetudini nazionali ci aprirebbe le papille gustative, le narici e la mente ad esperienze inaspettate. Molto spesso in un’epoca di forti contaminazioni, nella quale si fa sempre più fatica a distinguere i confini di ciò che è tradizionale da cosa non possa più essere considerato tale, non è più nemmeno necessario scomodarsi andando alla ricerca di approcci esterofili alla materia perchè sono questi ultimi a trovare noi. Sono tutti i giorni sotto i nostri occhi, è sufficiente coglierli.

Salmone TatakiImmagino ormai chiunque di voi abbia avuto almeno una volta nella vita la possibilità di andare a cena in un ristorante giapponese (o cinese travestito da giapponese, ma questo è un discorso che meriterebbe una trattazione a parte). In mezzo ai vari Nigiri, Uramaki, Temaki, Hossomaki e Sashimi ci sono alte probabilità abbiate ordinato anche dei piatti chiamati Sake Tataki o Maguro Tataki. Sono quelle fettine di pesce, rispettivamente salmone e tonno in questo caso, ancora crude ma con una bella e saporita cauterizzazione esterna con un contrasto visivo, di sapori e consistenza davvero interessante.

La parola Tataki presente nel nome, indica una tecnica giapponese di cottura alla griglia, tipica della prefettura giapponese di Kochi e che prevede la piastratura a temperature feroci di tagli di carne o pesce porzionabili a misura di “boccone” e poi raffreddata per poter essere degustata in una sorta di “carpaccio” cauterizzato. “Tataki” significa “sminuzzato” e fa riferimento allo zenzero, molto usato per la caratteristica marinatura o in successivo abbinamento a crudo nel piatto. Si tratta di una tecnica che si sposa alla perfezione con il mio concetto di costruzione di una ricetta, riuscendo ad attribuire una forte connotazione Barbecue anche ad un piatto sostanzialmente crudo e attraverso una procedura semplice e lineare.

Gli Effetti

I piatti Tataki vanno tradizionalmente mangiati freddi. Io però in modo più Creativo, li concepisco piuttosto come tiepidi al cuore. Il gusto è generalmente arricchito da una marinata preventiva anche se non è obbligatorio farlo. La cauterizzazione esterna è estremamente intensa nei colori, nei sapori e nei profumi ma finissima, spessa solo pochi millimetri. Si presta molto bene ad essere abbinata ad rivestimento esterno a base di semi tostati di vario tipo. Il più conosciuto è certamente il sesamo ma io ho trovato molto più divertenti i semi di girasole e di zucca (ad esempio sulla carne) e il mio must in assoluto sono i semi di lino. Si conclude in accompagnamento ad una salsa e qui ve la potete giocare un po’: sul pesce, la salsa tradizionale è la Ponzu, a base di aceto di riso, salsa di soia e succo di agrumi, tipicamente il tradizionale Yuzu. Più prosaicamente però potete contrastare molto bene anche con una maionese piccante o con una riduzione di Balsamico e soia.

La Tecnica

Essenzialmente ottenere questo effetto significa impostare il progetto di cottura bilanciando gli effetti di calore esclusivamente sull’irraggiamento, come spesso avviene nelle tecniche di cottura giapponesi alla griglia, fino al limite di arrivare all’esasperazione del concetto: ciò che serve è che la cauterizzazione esterna sia estremamente veloce e che risulti l’unico effetto visibile sulla materia prima oggetto della cottura. A questo scopo occorrerà da parte tua agire in due direzioni.

Calore Pasta Piastrata

La prima è spostare il tuo equalizzatore virtuale su irraggiamento e/o conduzione azzerando gli altri effetti. Tra questi ultimi, in considerazione che l’aria è un peggior conduttore termico del metallo, per efficacia ti consiglio caldamente (come per altro sarebbe nell’originale tecnica giapponese di cottura alla griglia) di puntare sul secondo. Questo è il senso di dotarsi di una piastra o di una padella in ghisa per la cottura piuttosto che sfruttare la semplice griglia, naturalmente rigorosamente senza aggiunta del coperchio. La seconda è quella di agevolare il più possibile la maillardizzazione proprio per non lasciare il tempo al calore dei primi strati di materia prima di propagarsi a quelli successivi limitandola quindi ad uno spessore sottilissimo coma da caratteristica dello stile.  In questo senso si possono sfruttare un po’ tutti gli elementi che sappiamo influenzare la cauterizzazione ma il primo e più intuitivo è certamente l’utilizzo di una sostanza grassa in cottura che veicoli l’apporto di calore alla superficie dell’alimento.




La Procedura

La tecnica Tataki parte quindi dal presupposto di porre in riscaldamento ad alta temperatura una piastra, preferibilmente in ghisa che possa trasmettere il calore in modo secco ed immediato, creando una Maillard molto veloce. Prevedete quindi un adeguato tempo di preriscaldamento.

Tecnicamente non si tratta di niente di proibitivo. L’unico nodo rilevante da tenere in considerazione è il fatto che il calore non deve avere il tempo di propagarsi agli strati di proteine inferiori a quello di contatto con la piastra e deve quindi essere in qualche modo interrotto, anche nei momenti successivi al termine del contatto con il supporto, interrompendo il fenomeno del cosiddetto “Carry Over“, ossia l’inerzia della cottura. Più riuscite in questo intento, più avrete un bel contrasto sia cromatico, che termico e gustativo.

Tutto chiaro? Proviamo adesso a vedere insieme le singole fasi di questa tecnica giapponese di cottura alla griglia per analizzare quei piccoli dettagli che possono influire sul risultato:

  • 1. Trimming e rubbing

Pct TrimmingLa forma del tagli di carne o di pesce che si presta all’applicazione ideale della tecnica Tataki è quella di una sezione regolare e proporzionata, sviluppata per il lungo. Se ad esempio quindi abbiamo in mente si proporre del salmone tataki, l’ideale sarebbe eliminare dalla baffa le parti laterali più sottili e poi dividerla per il lungo in parallelepipedi dalla forma regolare. Questo consente di avere lati ben definiti e dalle misure simili, in modo da poter girare il parallelepipedo su se stesso esercitando la medesima quantità di calore dal contatto con la piastra su tutta la sua lunghezza. Se invece dovessimo partire da un filetto di tonno meglio sezionarlo a parallelepipedi triangolari e rettangolari. O ancora, in caso di filetto di manzo sfruttando la sua caratteristica forma conica.

Naturalmente eliminate eventuali membrane e grasso in eccesso fino ad avere una superficie omogenea e dalla forma regolare. Ora, io vi consiglio di applicare una spolverata molto leggera di un rub da grilling, senza zucchero e ad elevata componente salina direttamente sulla carne o sul pesce, senza necessità di un’aderente. Il bark che ne deriva è molto fine ed elegante, simile a quello che potete vedere nella foro di copertina. Se volete un bark più evidente e “crostaccioso” (magari potrebbe esservi gradito se applicate la Tataki sul manzo), vi consiglio di riscaldare con un calore leggermente inferiore la piastra e di usare un velo di olio come base per l’applicazione del rub. In questo modo compenseremo ill minor calore con la sua veicolazione attraverso l’olio ma senza il rischio di creare amare bruciature sul bark.

Quest’ultima annotazione vale naturalmente anche nel caso abbiate sottoposto la vostra materia prima a marinatura. In questo caso tamponate la superficie e decidete se applicare il rub o meno a seconda del tipo di identità che volete dare al vostro bark a passate alla fase successiva. La classica e tradizionale marinata del pesce tataki prevede come ingredienti salsa di soia, zucchero e yuzu, a seconda di cosa andrete a realizzare potete scegliere le marinature a voi più gradite.

  • 2. Piastratura

Procedi con il porre in cottura cercando di essere abbastanza agile nella gestione della cauterizzazione: non appena la superficie si sarà colorata e tenderà a staccarsi dalla piastra, girala di 90° sul lato successivo. Prosegui con i lati successivi fino a completare la cauterizzazione di tutta la superficie esterna. Deve essere un’operazione della durata di massimo 10-20 secondi per lato, a seconda dell’alimento.

Se avrai fatto un buon lavoro, applicando la giusta quantità di rub ed esercitando la giusta quantità di calore ti basterà aiutarti con una pinza per girare la materia prima su se stessa durante la cauterizzazione progressiva dei lati. Io però ti consiglio di dotarvi ugualmente di una spatola per hamburger, specialmente se l’oggetto della vostra cottura è un pesce delicato nella sua struttura come il filetto di tonno. L’utilizzo della spatola ti garantisce con maggior sicurezza di mantenere integra la forma della sezione del parallelepipedo, consentendoti poi di tagliarlo più facilmente a fette in fase finale di lavorazione.

  • 3. Raffreddamento

Questa è una fase che potrebbe anche non essere necessaria. Se ad esempio stai realizzando una tecnica tataki in stagione fredda o quantomeno fresca, le temperature esterne potrebbero essere sufficienti ad interrompere automaticamente la propagazione del calore della piastra agli strati inferiori al bark una volta che avete tolto i parallelepipedi da cottura. La stessa cosa si potrebbe dire se stai realizzando una ricetta a base di una materia prima non particolarmente sensibile da questo punto di vista, come ad esempio il Manzo. In questi casi, limitati a lasciar riposare per un minuto il parallelepipedo su di un tagliere e poi procedi alla fase successiva.

Se invece ti trovi a realizzare la ricetta in una torrida giornata di luglio e magari hai scelto una materia prima molto infiltrata come ad esempio il salmone, ti suggerisco un metodo semplicissimo e che funziona molto bene: prendi un piatto fondo, riempilo di ghiaccio e poi avvolgilo con della pellicola alimentare. Una volta tolto il parallelepipedo da cottura lascialo sostare per alcuni secondi per ogni lato sul piatto pellicolato gelato, prima di spostarlo sul tagliere.

  • 4. Taglio e Finitura

A questo punto si pone la possibilità di personalizzare la ricetta attraverso due elementi distinti. La prima è indiscutibilmente quella di aggiungere un croccante e profumato strato esterno di semi. Come si diceva in apertura, le possibilità sono infinite e anche molto più interpretative del classico sesamo. Nel caso dovessi propendere per questa personalizzazione, io ti sconsiglio come invece suggeriscono in molti, di applicare i semi prima di procedere a piastrare la materia prima: ti potresti trovare un bark che presenta diversi difetti dovuti a problemi di adesione dei semi alla superficie ed un sacco di residui in piastra, problematici per la cottura dei parallelepipedi successivi senza contare che non è affatto detto che la doratura dei semi e la cauterizzazione superficiale della carne o del pesce viaggino di pari passo, creando il colore pallido di una e una quasi bruciatura dell’altro o viceversa.

Ti suggerisco invece di fare saltare in padella a calore moderato i semi girandoli spesso. In questo modo avrai una doratura perfetta controllata a vista ed il più lento rilascio di profumati olii essenziali. Una volta tolto da cottura il parallelepipedo potrai procedere a rigirarlo nei semi disposti in una vaschetta di stagnola. Se la materia prima è un grasso salmone puoi procedere direttamente: il raffreddamento del grasso farà da collante per fisare i semi in un bella crosta omogenea. Nel caso del tonno o della carne di manzo potrebbe essere di aiuto pennellare precedentemente la superficie con una salsa viscosa scelta per essere coerente con la ricetta che hai studiato. Ne sono un esempio una salsa Teriyaki o una riduzione a fuoco lento di aceto balsamico con un cucchino di miele. Non ti rimane che procedere al taglio usando un coltello estremamente affilato per evitare di rovinare la consistenza della fetta e per essere certo di mantenere integra l’eventuale crosta.

La seconda è relativa all’eventualità di una salsa in accompagnamento. Come detto, il classico piatto giapponese a base di pesce tataki prevede che questo sia servito abbondantemente irrorato dalla tipica salsa Ponzu. In un’ottica più creativa però esistono infinite soluzioni alternative. Se ad esempio prevedi di sfruttare le fette di tonno tataki in crosta di sesamo come finger food sull’apposito cucchiaio monoporzione, potresti prevedere di porre al centro della fetta una salsa aromatica e viscosa (prova nella sua semplicità una miscela al 50% di salsa di soia e aceto balsamico con un cucchiaio di miele di castagno, lasciata ridurre a fuoco lento fino alla metà) con al centro un’elegante foglia di prezzemolo riccio, magari la stessa salsa usata come aderente per i semi. Ma lo stesso ragionamento potrebbe valere per una salsa a base maionese, magari leggermente piccantina o con della paprika affumicata.

Tecniche di cottura giapponesi: Tataki

 

Le Applicazioni Possibili

La tecnica giapponese di cottura alla griglia nota come Tataki puo essere applicata ovunque naturalmente e da questo punto di vista il limite è solo quello della fantasia ma a mio personale avviso, trova nel campo degli antipasti la sua massima espressione.

Salmone e tonno proposti a fette sovrapposte in un elegante piatto da portata, oppure un filetto di vitello abbinato ad una salsa al tonno e capperi in una creativa ricostruzione del classico Vitel Tonnato oppure il contrario, un Tonno Vitellato reinterpretato da molti chef con il tonno tataki abbinato ad un fondo di vitello e capperi, e perchè non una ricetta che parte dalla pluma iberica. Le soluzioni sono davvero infinite.

Bistecca Tataki: tecnica giapponese di cottura alla griglia
Tonno Tataki: tecnica giapponese di cottura alla griglia
Tonno Tataki: tecnica giapponese di cottura alla griglia

La Tataki è probabilmente la tecnica giapponese di cottura alla griglia più interessante in assoluto e averla tra le frecce a disposizione del tuo arco nella costruzione delle tue ricette dona certamente la possibilità di creare piatti dal grande impatto scenico ma con interpretazioni molto semplici e veloci, senza grandi preparazioni preventive e con un’elevatissima valorizzazione della materia prima. L’ideale per far bella figura nelle grandi occasioni.

Buon divertimento e buon barbecue!

Rub Ambasador

 

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2 Comments

  • Ciao! Bellissimo articolo, molto utile. (e ora sto spulciandomi gli altri sul sito). Una domanda: come tagliare il pesce “tatakizzato” a fettine mantenendo un taglio “netto” ed evitando che la fetta di pesce si sfaldi lungo le “venature”?
    Grazie!

    • Ciao Corrado,
      grazie, mi fa molto piacere 🙂
      Dipende molto da quale parte hai utilizzato e con il tempo imparerai quale è meglio utilizzare per questa preparazione e quale è invece è più indicata per una bella tartare 🙂 In ogni caso di base la regola per tutto cio che è difficile da affettare è sempre la stessa: il freddo. Metti il taglio in congelatore per 15 minuti e poi affetta, vedrai che le fette rimarranno compatte. Non devi arrivare a congelarla ma solo ad ottenere una consistenza simile al burro: compatto e sodo ma cedevole alla pressione 😉

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