Alla scoperta di un Nuovo Taglio di Carne Economico, Tenero e Senza Ossa
Oltre alla materia prima, che per caratteristiche sembra fatta apposta per una cottura in griglia, oggettivamente molto più delle nostre razze nazionali, una cosa che invidio molto al mercato americano, è un approccio alla bistecca che include una quantità di tagli decisamente più ampia rispetto al nostro, limitato sostanzialmente al solo lombo bovino. Tra tutti i tagli da bistecca introdotti da quando si parla di cultura da Steakhouse in Italia, se ce n’è uno che avrei scommesso di vedere esplodere sui banchi delle nostre macellerie, questo è la Flat Iron Steak. Invece ad ormai molti anni di distanza rimane un nome praticamente sconosciuto da noi, persino tra gli addetti ai lavori. I motivi del mio ottimismo erano molti: si tratta di un taglio di carne tenero, senza ossa e quindi “a tutta resa”, molto economico e come ti sto per spiegare, comunemente disponibile… se appena-appena lo si conosce. Ma andiamo con ordine.
Un po’ di Storia e Caratteristiche
Il taglio della Flat Iron Steak fa parte di quella che si potrebbe definire “la nuova generazione” delle bistecche americane, ossia quelle che sono nate in epoca relativamente recente e in questo caso specifico nel 2000, per essere più precisi. Quello è stato l’anno in cui si sono finalmente concretizzati gli studi della National Cattleman’s Beef Association, avviati a seguito del famoso Beef Promotion and Research Act, un programma di incentivi varato nel 1985 da parte del governo, destinato a promuovere la ricerca e lo sviluppo nella macellazione del manzo al fine di individuare nuovi tagli che consentissero di valorizzare meglio il sezionamento del singolo capo bovino.
I sorprendenti risultati dello studio mettevano in evidenza come tra i muscoli dal quarto anteriore, solitamente molto ricchi di collagene e per questo destinati alle lunghe cotture come la brasatura o la stufatura se non addirittura la bollitura, si nascondesse una piccola “perla”, un muscolo chiamato “Infraspinatus” che si classificava addirittura al secondo posto per tenerezza tra i circa 400 analizzati, secondo solo al Filetto: la Flat Iron Steak appunto. Si trattava come detto, di una sezione dell’anteriore e quindi decisamente economica, facile da ricavare. Un taglio di carne tenero, senza ossa, che come tutti i tagli poveri si rivelava in cottura saporito ma senza esserlo troppo, ottimamente bilanciato e con un caratteristico e piacevole gusto minerale che mostrava di essere gradito alla grande maggioranza dei tester.
Inutile dire che la Flat Iron Steak è letteralmente esplosa sul mercato americano e dopo soli dieci anni dalla sua introduzione ha saputo sviluppare un volume di vendita annuo superiore agli 80 milioni di dollari, giocandosela seriamente con vere e proprie istituzioni per gli steak lovers come le ribeye o il controfiletto. Lecitamente, ti aspetteresti quindi che una volta sdoganato il fatto che la bistecca possa essere trovata anche al di fuori della lombata, sul mercato italiano la Flat Iron Steak sia il taglio più diffuso e conosciuto, rappresentando un’eccellente opportunità sia per chi vende che per chi compra e invece… no. I venditori continuano a scannarsi tra loro per un centesimo in più o in meno sulla costata e i compratori sono alla perenne ricerca del fornitore “segreto” che sempre e solo su quel taglio abbia una carne straordinaria ma che incredibilmente costi pochissimo, per il solo fatto che ancora non è stato “scoperto” dalla massa. Preconcetto e poca voglia di scostarsi dai soliti binari da parte di entrambi certo, ma anche un po’ di sana ignoranza. Fa un certo effetto infatti dire che un taglio… diciamo “folcloristico” come la Tomahawk Steak sia in Italia incredibilmente più diffuso e conosciuto.
L’anatomia della Flat Iron Steak
“Flat Iron Steak” in italiano significa “bistecca a ferro da stiro” e alla base del suo nome c’è la caratteristica forma lunga, stretta e piatta che ricorda i primi ferri da stiro. Non hai mai visto qualcosa del genere uscire da un anteriore bovino, lo so. Eppure quello che ti ho detto è che si tratta di un taglio facilmente reperibile in qualsiasi macelleria. Questo perché la Flat Iron Steak non è nient’altro che un cappello del prete alla griglia… rielaborato.
Conosci il Cappello del Prete? Viene anche chiamato Aletta o con molti altri nomi declinati in base alla terminologia della tua regione, che eventualmente puoi identificare attraverso Il dizionario regionale dei tagli bovini che avevo scritto in collaborazione con A.I.M.A. (Associazione Italiana Macellerie Artigiane). Ciò che qui interessa è sottolineare che un altro appellativo con il quale è comunemente conosciuto è “arrosto della vena”, a causa di una spesso e consistente strato di tessuto connettivo che attraversa questo affusolato taglio della spalla a forma di stretto cono per tutta la sua lunghezza e a causa del quale viene in cucina prevalentemente destinato alla brasatura come arrosto intero e successiva lenta cottura in modo da intenerirlo.
Ma cosa succede se questa vena centrale viene rifilata da ambo i lati separandola sia dalla parte superiore di carne che da quella inferiore? Succede che la puoi gettare nel cestino e ciò che ti rimane sono due “bistecche” che per loro natura e caratteristiche costituiscono un taglio tenero, senza ossa, più veloce da trattare e da cuocere rispetto ad esempio ad una costata. Queste sono le Flat Iron Steak appunto.
Come ricavare una Flat Iron Steak
Rimane il fatto che come ci siamo detti (purtroppo), non troverai sul banco della tua macelleria una vaschetta già porzionata con su scritto “Flat Iron Steak” ma dovrai acquistare l’intero cappello del prete. Le buone notizie sono due: che non si tratta di un taglio particolarmente ambito, soprattutto d’estate quando brasati e bolliti non sono esattamente un must e proprio per questo piuttosto economico e il fatto che al contrario di altri tagli poveri da bistecca come la Flank Steak o il Tri Tip non ha stretta necessita delle caratteristiche di un bovino di importazione per potersi esprimere in un’esperienza eccellente, vanno benissimo anche le razze nazionali. Quella brutta è che devi imparare come ricavare una flat iron steak da te, partendo dal cappello del prete.
Di fatto concettualmente non è una cosa cosi complicata: basta rifilare la vena centrale “strisciandoci” sopra la lama di un coltello sottile nel punto di contatto con la carne, da ambo i lati, partendo dall’inizio fino in fondo. La parte “rognosa” è che il modo in cui questa vena si propaga all’interno del cappello del prete è molto irregolare, a volte ramificato, specie sull’estremità più larga di questo “cono” di carne. Al contrario, l’estremità opposta è piuttosto sottile, quasi appuntita, dove è molto difficile cogliere l’inizio della vena centrale che a volte parte qualche centimetro dopo.
Per questo, per spiegare come ricavare una flat iron steak, solitamente suggerisco di dividere il cappello del prete in due metà dal lato corto. Il punto centrale è quello in cui la vena è più spessa e visibile e meno irregolare. Questo ti permetterà facilmente di individuare il punto ideale per partire con la rifilatura su entrambe le metà. Quello che otterrai quindi saranno 4 flat iron steak, quattro bistecche di dimensioni più che generose, che puoi eventualmente addirittura decidere di dividere in porzioni più piccole. Non ci metterai molto a prenderci dimestichezza fidati, non si tratta affatto di un’operazione da chirurgo. La tentazione potrebbe essere quella di spiegarlo al tuo macellaio e lasciarlo fare a lui ma se vuoi un suggerimento io ti consiglio caldamente di imparare a farlo tu e svincolarti da chiunque, consentendoti di acquistare il tuo cappello del prete dove meglio riterrai opportuno, anche su tagli di importazione.
In chiusura vale la pena menzionare una possibile alternativa a questa operazione. Ti ho detto le flat iron steak non sono semplicemente un cappello del prete alla griglia, ma questo può anche essere vero fino ad un certo punto. Nella terminologia americana il cappello del prete prende il nome di Top Blade. Se anziché rifilare la vena centrale eliminandola, noi decidessimo semplicemente di tagliarlo trasversalmente a bistecche di due dita di spessore, otterremmo quelle che loro chiamano le Top Blade Steak. Questo implica la “rottura” di dover rifilare la carne dalla vena nel piatto ma per il resto si tratta della medesima morbidezza e dello stesso gusto.
Ora hai tutto quello che ti serve per trovare la strada verso un taglio flat iron steak italiano, un taglio di carne tenero, senza ossa di scarto e che complicano la cottura, con un gusto piacevolmente intenso ma equilibrato e mai eccessivo, una vera esperienza che sarai grato di aver scoperto.
Quindi buon divertimento e buona Flat Iron Steak!