Rischi e Rimedi sull’Anisakis nell’Affumicatura a Freddo
Chiunque di noi si sia affacciato anche solo timidamente per le prime volte al mondo dell’affumicatura a freddo, non può non essere stato folgorato dalla sua preparazione più celebre: la ricetta del salmone affumicato. E ne ha ampiamente ragione. È il modo più immediato ed intuitivo per comprenderne le potenzialità attraverso un risultato che nella sua versione amatoriale riesce ad arrivare a livelli qualitativi tre spanne superiori a qualsiasi analoga preparazione commerciale. Allo stesso tempo però, gettato in un mondo nuovo del quale magari ignorava l’esistenza fino a poco prima, si è anche trovato di fronte a due spauracchi ampiamente demonizzati ovunque: il botulino e l’anisakis. Del primo avevo già ampliamento parlato in un articolo dedicato e vorrei quindi completare ora l’opera affrontando la relazione tra anisakis e salmone: quali sono i rischi di anisakis nell’affumicatura a freddo e quali possono eventualmente essere i rimedi per l’anisakis nel nostro mondo?
Di cosa stiamo parlando
Al contrario del Botulino che è un batterio, l’anisakis per il salmone, come per qualsiasi altro pesce o mollusco, rappresenta un parassita. Il lato positivo è che non rappresenta una minaccia “fantasma”: il rischio anisakis è visibile e ben identificabile anche ad occhio nudo a seguito di un attento esame della polpa del pesce. Quello negativo è che mentre il botulino non è endogeno della materia prima di partenza ma la contaminazione avviene a seguito del processo di lavorazione da parte dell’uomo dall’uccisione dell’animale fino alla consumazione, potendo essere prevenuto attraverso un’opportuna profilassi, l’infestazione dell’anisakis sul salmone avviene precedentemente al momento della pesca e la sua prevenzione non è pertanto nelle nostre mani.
L’anisakis è un nematode, quindi in sostanza un “verme” che si annida e si riproduce nell’apparato intestinale degli animali che vivono in ambiente marino, quindi non solo pesci ma anche crostacei, molluschi o mammiferi come le foche, che nel caso di esemplari infetti, può trasferirsi alla polpa come tentativo di fuga quando questi vengo pescati e tolti dall’ambiente acquatico senza essere immediatamente eviscerati.
Il passaggio all’uomo e la colonizzazione del suo apparato digerente può avvenire naturalmente a seguito dell’ingestione, con un periodo di incubazione asintomatica di circa 2 settimane a cui possono seguire manifestazioni abbastanza fastidiose come intensi dolori addominali, dissenteria, nausea e nei casi più gravi addirittura reazioni allergiche da parte degli individui predisposti che possono condurre in casi estremi, addirittura alla morte. Ti sei spaventato abbastanza? Bene, parliamo ora della probabilità con cui possa accadere.
Fact Check dei Rischi dell’Anisakis sul Salmone
Io non mi stancherò mai di ripeterlo: nel mondo dell’informazione di oggi, in particolare in quella “da bar” spesa sui social, abusiamo del termine “scienza”. È cosi rassicurante affermare che “lo dice la scienza”… Rende qualsiasi informazione “assoluta”, non discutibile. Perché chi sei tu che fai l’imbianchino per mettere in discussione ciò che dice la scienza? Ma “la scienza” dice veramente quelle cose? Puoi scoprire facilmente che la maggior parte delle informazioni che noi attribuiamo alla “scienza” non è nient’altro che la libera interpretazione da parte di terzi di un dato scientifico di natura statistica. Se guardi bene infatti la maggior parte delle “notizie” che ti vengono riportate contengono dati assoluti e mai relativi. Mi spiego meglio attraverso un esempio: l’università di pinco-pallo ha emesso uno studio che afferma che sul 50% delle persone che mangiano pane e marmellata prima delle 8 del mattino si è verificata una reazione allergica. La notizie dei principali siti di divulgazione (anche quotati eh!) riporterebbe il giorno dopo: “pane e marmellata sul banco di accusa. SEMBREREBBE che mangiarlo prima delle 8 del mattino possa causare allergie in una persona su due!“. Un sito di informazione serio invece dovrebbe completare la notizia dicendo magari che lo studio è in fase di verifica e che comprendeva 1000 pazienti, ovvero lo 0,00000000000000000001% delle persone che ogni giorno mangia pane e marmellata e tutti concentrati nella zona di pinco-pallo, in cui si registra per cause da appurare, una tendenza alle allergie che è doppia rispetto alla media mondiale. La “scienza” opera in maniera un pochino più seria di come ci fa comodo dipingere e prima di affermare davvero qualcosa in maniera definitiva e assoluta si prende del tempo, spesso lunghi anni. Non se ne esce dalla sera alla mattina affermando che fino a ieri un bicchiere di vino rosso al pasto era il demonio mentre a partire da oggi fa bene alla salute.
Nella giungla informativa relativa ai rischi dell’anisakis sul salmone, in particolare su quelli dell’anisakis nell’affumicatura a freddo è opportuno quindi aggiungere un po’ di informazioni sull’altro piatto della bilancia, in modo tale da consentire anche a noi imbianchini di non essere presi per… l’anisakis.
L’AFFEZIONE ALL’UOMO È ACCIDENTALE – Ai media piace descrivere batteri e parassiti come fossero in uno scenario da “virus letale” nel quale l’infezione è automatica, velocissima e quasi senza via di scampo. La realtà però è che anche loro hanno i loro “gusti” e le loro preferenze esattamente come li abbiamo noi. L’anisakis è un parassita dell’ambito marino, nei confronti del quale l’uomo è solo un ospite accidentale. Secondo l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSV) dal 1996 al 2011 sono stati registrati sul territorio nazionale 54 casi di Anisakis sull’uomo. 54 casi su 56 milioni di abitanti in 5 anni. Il fatto è che supposta anche l’ingestione di carne infetta tutt’altro che probabile, nella stragrande maggioranza dei casi i nematodi vengono espulsi autonomamente senza alcuna conseguenza. Di questi 11 rimanenti casi annui, una apposita cura antiparassitaria risolve praticamente sempre il problema. Rimane una casistica di cui ti lascio stimare l’entità, che richiede effettivamente un ‘intervento chirurgico in endoscopia per la rimozione fisica dei parassiti.
L’ANISAKIS È NEL SALMONE? – In molti paesi del nord Europa l’Anisakis è meglio noto come il “verme delle aringhe” perchè anche all’interno del mondo ittico predilige principalmente come ospiti i pesci azzurri. Salmoni, tonni e altri pesci di grandi dimensioni sono solo una seconda scelta, ma lo sono in misura nettamente inferiore a quanto ti viene raccontato. Il C.Re.N.A. (Centro Referenza Nazionale per l’Anisiakasi) come conseguenza dei dati statistici che ti ho descritto, considera i rischi di anisakis sul salmone (ma anche su Orate e Branzini per esempio) praticamente nulli, tanto da considerarla ai fini pratici una specie esente dagli obblighi di legge di cui ti parlerò tra poco.
C’È SALMONE E SALMONE – Una realtà dei fatti è che il cosiddetto “Salmone Selvaggio” è diventato praticamente irreperibile se non a costi vertiginosi. La quasi totalità del salmone comunemente disponibile attraverso i principali centri di distribuzione al pubblico proviene da allevamenti. Il punto è che c’è allevamento e allevamento. In mezzo alla “giungla” esistono però anche allevamenti di alta qualità, completamente naturali, che rispettano requisiti minimi di spazio nominale per ciascun esemplare e che simulano nella maggior misura possibile la vita in oceano aperto. Questi standard sono una prerogativa quasi esclusiva degli allevamenti scandinavi, tanto che molti allevamenti norvegesi e qualche scozzese e irlandese sono riusciti ad ottenere la certificazione “anisakis free”, quindi a non essere soggetti ad una serie di obblighi, proprio grazie al livello di garanzie offerte. Se quindi in fase di acquisto richiederai al tuo pescivendolo o al tuo supermercato un salmone “anisakis free” sarai ragionevolmente certo che sarà esente dal parassita.
In definitiva quindi, al netto delle prevenzione e dei rimedi per l’anisakis che andrò a descriverti, può capitarti un’infezione da anisakis? Si certo, può capitarti. Con che probabilità? Beh, la lascio valutare a te dopo aver riletto i punti sopra.
Anisakis e Affumicatura a Freddo
Tutto bello. Tutto bene. Ma quali sono i rischi dell’anisakis sull’affumicatura a freddo nello specifico? Il brine della salamoia a secco e l’affumicatura sono elementi tipici dell’affumicatura a freddo e utilizzati da sempre per la conservazione dei cibi. Oggettivamente bisogna segnalare come salamoie, salature e affumicature sono efficaci sulla vita del parassita in se ma non sulle sue larve che quindi potrebbero proliferare in seguito e potenzialmente ripresentare il problema in un secondo momento dopo una fase di conservazione. Salamoie e affumicature non rappresentano quindi di per se una garanzia contro i rischi dell’Anisakis. È altrettanto vero che certamente condizioni cosi avverse per un parassita non possono fare altro che abbassarli e a parità di condizioni, non può che essere preferibile conservare un salmone affumicato a freddo piuttosto che uno che non ha attraversato questo processo.
Al netto di tutto questo, a copertura dei rischi dell’anisakis sul Salmone esiste un regolamento europeo (L. 1276/2011 e Reg. CEE 1169/2011) che impone alla vendita del pesce crudo un preventivo abbattimento in negativo alle condizioni che ti descriverò tra poco, salvo diversa dichiarazione. In altre parole viene fatto obbligo a chi vende pesce crudo di vendere pesce abbattuto quale profilassi nei confronti dell’anisakis, salvo esplicita dichiarazione pubblica del contrario. Se non vedi quindi sul cartellino di vendita o su affissioni specifiche nelle immediate vicinanze l’avviso che il pesce in questione non è stato abbattuto, significa che devi considerarlo trattato a tua tutela nei confronti dell’anisakis.
Semplici Rimedi per l’Anisakis
Penso di averti fatto ragionevolmente comprendere quali siano le reali probabilità che tu possa incorrere nel rischio anisakis ma ugualmente può essere utile parlare dei possibili rimedi, nel caso in cui una volta acquistata la materia prima si abbia il dubbio di avere un mano pesce infetto. I sistemi considerati come sicuri sono due: il caldo e il freddo. Il primo è ovviamente la cottura, ossia la permanenza del pesce ad una temperatura minima di 63°C per almeno 3 minuti di seguito. Il secondo però è quello che ci interessa di più. Le normative sopra menzionate infatti impongono una sosta continuativa a temperature di -20°C (quindi un moderno freezer tre stelle domestico) per 7 giorni (ma 72 ore quindi 3 giorni, viene considerato sufficiente nell’utilizzo comune). In questi casi il pesce è da considerarsi abbattuto e quindi salvo dal rischio anisakis.
È altrettanto vero che questa stessa operazione ha la medesima efficacia sia a monte che a valle del processo di affumicatura a freddo. Se produrrai cibo affumicato a freddo è logico presumere che su un procedimento semplice ma che richiede una certa dose di pazienza, tu possa scegliere di produrne una certa quantità, per poi porzionarla, confezionarla sottovuoto e ritirarla per un successivo utilizzo. Questa fase è l’ideale per ritirare i frutti del tuo lavoro in congelatore e sfruttare l’occasione quale rimedio per l’anisakis e per toglierti qualsiasi dubbio.
In linea di puro principio, qui scatterebbe una obiezione classica: “ma non si possono ricongelare i cibi decongelati! E visto che il salmone è abbattuto….“. Bisogna però precisare il senso di quell’indicazione: i batteri proliferano in base ad una curva che dopo una fase più o meno lunga di sostanziale latenza, improvvisamente si impenna. La congelazione domestica, anche quella spinta, rallenta molto questo processo ma non lo blocca del tutto ed ecco perché i surgelati hanno una scadenza. Il cibo decongelato (se contaminato ovviamente) “risveglia” potenzialmente i batteri e ricongelarlo successivamente diminuisce comprensibilmente e considerevolmente la capacità del freddo di contenere la progressione di quella curva, diminuendo magari anche di molto la shelf life garantita del prodotto. Ora, bene le indicazioni prudenziali che non fanno mai male per carità, ma alla fine il grado di rischio è sempre figlio della casistica concreta: un conto è ricongelare cibo crudo e un altro è farlo con alimenti salamoiati a secco e affumicati, che devono essere considerati a tutti gli effetti come alimenti trattati, specie se il congelamento è finalizzato al consumo nei mesi immediatamente successivi. In ogni caso questi attiene poco o nulla con i rimedi sull’anisakis, in particolare nella relazione tra anisakis e affumicatura a freddo.
Ora finalmente hai un quadro sufficientemente preciso in relazione ai reali rischi di anisakis sull’affumicatura a freddo e ai piccoli e grandi possibili rimedi per l’anisakis nel nostro mondo.
Fai quindi le tue scelte in serenità e consapevolezza e buon Barbecue!
La ringrazio per le sue esaustive risposte, il salmone lo congelo dopo il trattamento completo. Ho notato che congelandolo prima resta più frollo. Comunque mi servo alla coop banco pesce perché mi sento più sicura. Quest’anno è venuto eccezionale. Grazie
Ci mancherebbe, è un piacere ☺️