Perchè il Baltimora Pit Beef non è un Roast-beef

Baltimora Pit Beef Sandwich

4 tecniche per il vero Baltimora Pit Beef

Nel panorama barbecue italiano negli ultimi anni, ha avuto un particolare successo una preparazione chiamata Pit Beef. Conosci? È un piatto tipico del Maryland e della città di Baltimora in particolare. La sua espressione più rappresentativa è il Baltimora Pit Beef Sandwich: in sostanza un kaiser roll contenente delle fette di una sorta di arrosto dal cuore ancora ben rosato, condito con anelli di cipolla cruda e una salsa a base di maionese e rafano, chiamata Tiger Sauce.

Baltimora Pit Beef SandwichLa carne all’interno, il pit beef appunto, ricorda a vedersi il nostro roast-beef ed è proprio qui che risiede il problema. Il Baltimora Pit Beef Sandwich è stata una delle prime ricette importate nella “nuova era” del barbecue italiano, quella dal 2011 in poi, in cui improvvisamente l’Italia si è risvegliata da una chiusura mentale che per decenni gli aveva fatto vedere la cucina barbecue unicamente come una graticola su una carriola arrugginita e durante la quale sembrava voler recuperare tutto insieme il tempo perduto. Inevitabile quindi ci sia stato qualche rudimentale “adattamento” di natura tecnica. Aggiungici poi che il successo della ricetta ha fatto un po’ l’effetto “telefono senza fili”, dove ad ogni passaggio ognuno ci metteva qualcosa di suo, ed eccoci qui che il Pit Beef “all’italiana” non è diventato nient’altro che un roastbeef alla griglia, non c’entrando praticamente più nulla con il concetto originale.

Per capire il perché e di conseguenza, come fare un autentico Baltimora Pit Beef, occorre capire meglio ciò di cui stiamo parlando

COS’È UN ROAST-BEEF

Tu dirai “già lo so da me cos’è un roast-beef“, ma credimi, nella maggior parte dei casi, non è cosi, o quantomeno non è cosi chiaro come uno si immagina. Partiamo dal capire che molto spesso (sempre in pratica) viene confuso il roast-beef come piatto tradizionale britannico con il taglio da cui generalmente si ricava, tirando la coperta corta delle definizione un po’ da una parte o un po’ dall’altra a seconda di cosa faccia comodo. Ad oggi obiettivamente “roast-beef” è qualsiasi taglio, compresi noce o sottofesa, cotto in qualsiasi modo purché il grado di cottura finale corrisponde ad un preciso effetto visivo rosato.

Temperatura Cottura Carne Roastbeef
Roastbeef

In realtà il Roast-beef si dovrebbe ottenere da una precisa porzione del controfiletto, ricavata dalla sezione bovina che parlando della mappatura delle bistecche di manzo, avevamo definito come Loin. Il Roast-beef poi è un arrosto in crosta di sale cotto “15 minutes per pound” come vorrebbe la tradizione, che a fine cottura viene lasciato riposare in modo che il lento raffreddamento del sale stesso che lo ricopre, generi una lenta diffusione del calore all’interno della carne a cui si deve il tipico ed omogeneo colore rosato, che parlando di temperature al cuore degli alimenti, corrisponde a circa 55-56°C.

Si tratta in questo caso di una cottura da forno. Ovvero una Cottura Indiretta, dovessimo tradurre in “barbecuese” l’impostazione corrispondente.




COS’È UN PIT BEEF

È un piatto tipico di Baltimora, e fin qui ci siamo. Non è un semplice roastbeef alla griglia, e anche qui direi che giunti a questo punto lo si era capito. Ma quindi cos’è esattamente? Il concetto commerciale di Pitbeef come espressione del Maryland, nasce negli anni ’70 dall’evoluzione una tradizione rurale che non aveva nulla di più complicato di sbattere uno spesso taglio di manzo sulla griglia di un braciere per riuscire a mangiare qualcosa in una regione interamente vocata al pesce… nei momenti in cui non si poteva pescare, in particolare durante i rigidissimi mesi invernali. Era un modo di cucinare dei pionieri, senza tanti fronzoli ne concetti particolarmente complicati: si scavava una buca nel terreno, ci si bruciava dentro della legna, ci si appoggiava sopra una griglia e si bruciacchiava un po’ la carne, che rimaneva ovviamente piuttosto “al sangue”. La buca ricordava per conformazione gli originali “Pit” degli stati del sud ed è da qui che deriva il nome. A chiudere il quadro, il Maryland è una terra a forte presenza di immigrazione tedesca, ed ecco l’abbinamento con il kaiser roll come pane e una salsa al rafano come condimento.

Chaps Pit BeefIl Pit Beef “moderno” però nasce solo nel 1984. Incredibile la capacità degli americani di creare una leggenda dietro storie dell’altro ieri, vero? Lo si deve ad un ristorante, il “Chaps” che ha introdotto due fondamentali cambiamenti: l’innalzamento di qualche decina di centimetri della griglia rispetto alle braci in modo da poter modulare la cottura in funzione dell’afflusso dei clienti e l’utilizzo come un unico taglio del Girello di Manzo o Magatello (negli States chiamato Eye-Round), la cui forma stretta e lunga, regolare e affusolata era l’ideale per una cottura omogenea che consentiva di affettare la carne dall’inizio alla fine con lo stesso risultato.

Quindi riassumendo, cos’è un Baltimora Pit Beef? È un magatello cotto a braciere aperto, in Cottura Diretta “alta”, distante dalle braci ma a temperatura discretamente alta, intorno ai 220-230°C. Scherzando, in risposta all’accusa di non poter definire “barbecue” la propria cucina, in Maryland dicono che “la cottura del Pit Beef è slow ma non è low“. Si tratta infatti di una lenta ma intensa maillardizzazione che in parte contribuisce a rendere più tenera la carne e certamente assicura una diffusione più omogenea del calore, rispetto ad un grilling classico. Si parla però sempre di un grado di cottura nient’affatto avanzato, di qualche grado più basso rispetto ad un roast-beef e che potremmo quantificare in un 50-52°C. Una differenza non da poco rispetto ad un semplice roastbeef alla griglia, non ti pare?

QUINDI COME SI DOVREBBE FARE UN VERO PIT BEEF?

Scordiamoci il profilo delicato del roast-beef all’inglese. La cottura di un Pit Beef è caratterizzata dal lento e continuo dripping di umori sula braci e conseguente vaporizzazione in base a quel processo che abbiamo imparato a chiamare “affumicatura naturale” e che contribuisce a dargli un’impronta aromatica netta e decisa, “umamosa” e ampia, con un bark definito e ricco. Il Pit beef in altre parole, per poter essere definito tale, deve essere estremamente gustoso e profumato. Per forza di cose inoltre, il pitbeef non avrà mai (e non dovrebbe avere) il livello di omogeneità di cottura estremo “da bordo a bordo” di un roasbeef e deve essere tendenzialmente Rare oppure Medium-Rare al cuore ma con un gradiente di cottura più visibile.

Roastbeef alla Griglia
Cottura Roastbeef
Pit Beef
Cottura Pit Beef

Come possiamo replicare questo effetto a casa nostra? Andiamo in ordine progressivo di efficacia, ad identificare 4 modi per ottenere un risultato il più possibile vicino ad un Pit Beef di Baltimora e lontano da un banale roastbeef alla griglia:

1. LA COTTURA INDIRETTA

Indiretta roastbeef alla grigliaÈ indiscutibilmente il metodo peggiore, ma purtroppo molto diffuso: un vero e proprio roastbeef alla griglia con un profilo leggermente più pronunciato ed una nota di fumo. Consiste in una cottura indiretta a temperatura molto sostenuta in modo tale che il pit beef sviluppi un bark più pronunciato e consistente rispetto a quello di un classico roastbeef. Chiaramente si tratta di una sollecitazione di calore che genererà una disomogeneità interna di cottura piuttosto pronunciata, forse addirittura esagerata, che si può eventualmente mitigare con un una preventiva fase di cottura a bassa o media temperatura. Manca in ogni caso completamente la parte dell’affumicatura naturale e tutto il magico contributo che l’irraggiamento di una maillardizzazione a cottura diretta sa dare.

2. LA COTTURA IBRIDA

Questo è il metodo attraverso il quale la cottura originale del pit beef è stata “tradotta” sui dispositivi e le conoscenze a disposizione all’epoca, quando questa preparazione è stata introdotta in Italia. Esattamente come spesso avviene per la cottura delle costine, si tratta di abbinare ad una fase iniziale di cottura diretta volta alla ricerca del bark pronunciato che ci serve, una successiva di cottura indiretta per raggiungere la temperatura al cuore obbiettivo e una omogeneità leggermente più pronunciata. Già meglio ovviamente, ma la prima fase è troppo veloce e gli effetti dell’affumicatura naturale ancora troppo blandi. Inoltre l’esposizione prolungata a calore diretto (sebbene già distante) del pit beef originale, gli conferisce delle particolari connotazioni in termini di texture e di moisture che qui per forza di cose non possono esserci.




3. LA COTTURA HOT&FAST IN DRUM

Entriamo già nell’ambito di un evoluzione tecnica interessante in termini di effetto sul risultato finale. Se conosci la differenza tra il classico Low&Slow e il più recente Hot&Fast nel barbecue americano tradizionale, sai che quest’ultimo consiste in sostanza in una cottura diretta alta a temperatura controllata, quindi distante dalle braci ma a coperchio chiuso, tramite un Drum Smoker (se non lo conosci, è una sorta di “bidone” per l’olio riadattato a smoker. Una volta era il grill dei poveri, oggi vengono prodotti appositamente con quella conformazione e sono strumenti fantastici) o eventualmente anche un semplice Bullet Smoker privato del water pan.

drum smokers

Una impostazione di cottura quindi che si avvicina già moltissimo all’originale. Abbiamo notevole affumicatura naturale e una bella e costante sollecitazione sul bark da parte dell’irraggiamento. Lo strumento è però pensato per cotture a coperchio chiuso, che come sai dalla conoscenza dei modi in cui il calore può influenzare il cibo, aggiunge altri effetti oltre all’irraggiamento puro, accorciando certamente i tempi e producendo un risultato certamente molto simile ma non perfettamente uguale a quello originale.

4. LA COTTURA SUL SANTA MARIA

Roastbeef in grillig Santa MariaIl Santa Maria è in realtà un grill tipico di uno stile di cottura della California, ossia esattamente dalla parte opposta della nazione, però rappresenta quanto di più simile in termini di sollecitazione nei confronti del cibo al metodo di cottura introdotto dal Chaps Pit Beef. Negli ultimi anni l’omonima tipologia di grill che lo contraddistingue, si vede con sempre più insistenza anche da noi e probabilmente sai di cosa parlo: è un braciere aperto, con una griglia ad altezza regolabile che può essere allontanata o avvicinata alle braci agendo su un piccola carrucola laterale. Qui parliamo ovviamente di irraggiamento puro con una copiosa ed intensa influenza da parte dell’affumicatura naturale. L’effetto sul bark e di conseguenza sulla lenta omogeneizzazione di temperatura interna, può essere modulata a piacere, raggiungendo i lunghi tempi di un Baltimora pit beef tradizionale, che lo avvicina un po’ come concetto all’asado, se vogliamo. Stiamo comunque sempre parlando di uno strumento molto specifico, costoso se realizzato con materiali di qualità, spesso ingombrante ed estremamente specifico su alcune tipologie di cottura e proprio per questo poco diffuso.

In definitiva quindi, se vuoi provare ad abbandonare il concetto di roastbeef alla griglia con il quale è stato sdoganato il pit beef in Italia per avvicinarti ad un profilo gastronomico più fedele alla versione originale di Baltimora e del Maryland, devi necessariamente spostarti dalla prima soluzione in direzione della quarta.

Dove fermarti? Dipende dal quanto sei “dentro” a questa questione e ovviamente dalle disponibilità e dagli spazi a tua disposizione. Diciamo che se dovessi suggerire il perfetto bilanciamento tra costi/benefici, mi sentirei di dirti che una soluzione relativamente facile in grado di dare un risultato però già molto vicino al Pit Beef “vero”, è quella del Drum Smoker, sulla quale come detto sopra puoi sempre optare per un riadattamento di un Bullet Smoker, indiscutibilmente lo smoker più diffuso nel nostro paese e dai costi decisamente accessibili.

Quindi cosa vuoi fare fare? Vuoi abbandonare il tuo roastbeef alla griglia e provare un vero Baltimora Pit Beef?

Buon divertimento e buon barbecue!

CREDITS FOTO: amazingribs.com, meatwave.com

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12 Comments

  • Grazie per gli articoli sempre interessanti e dettagliati.
    Ho un Pit Barrel e credo che proverò a farlo in hot&fast.
    Mi chiedevo però se fare il Pit Beef senza coperchio può avvicinare la preparazione a quella fatta su un Santa Maria, oppure è un inutile spreco di carbone 🙂 dal momento che comunque il barrel lavora anche per convezione e quindi non ha un irraggiamento “puntuale” come quello del Santa Maria.

    • Grazie infinite Stefano <3
      Non è tanto quello, quanto il fatto che il pit barrel esattamente come il bullet smoker creano a coperchio aperto un effetto camino che rende la sollecitazione a fiamma viva, decisamente eccessiva. Sono strumenti fatti per lavorare chiusi. Il contro come giustamente dici è il fatto che si aggiunge l'effetto convettivo che discosta un po' il risultato da quello di un Santa Maria. Però a mio avviso rappresenta un compromesso più che accettabile 😉

  • Grande Marco! Bellissimo articolo.
    Sono stato a Baltimora due o tre volte per lavoro e ricordo di aver notato subito la differenza tra il loro pit beef e quello a cui mi ero abituato. Ho provato a ricercare qualcosa di simile nel mio bbq a gas con un set up diretto ma a fuoco basso, con coperchio chiuso e tubo di chips per affumicare. Si perde ancora di più omogeneità di cottura ma il risultato finale mi sembra più vicino all’originale.
    Tu che ne pensi?

    • Bravissimo Giovanni: prova perché secondo me è una preparazione che assume in quel modo un’identità diversa, che vale la pena quantomeno provare 😉

    • Grazie Giovanni <3
      Si, confermo: la strada che hai scelto è giusta. Chiaro che l'ideale per una replica fedele sarebbe una cottura alta a temperature sostenute, ma hai correttamente individuato i motivi della differenza tra le due preparazioni e la soluzione che hai trovato ha una logica corretta 😉

  • Bellissimo articolo. Grazie. Io possiedo un Pit Barrel e credo proverò senz’altro a farlo. Sarei dell’idea di usare del buon carbone senza nessun chunk o chips dato che già da solo il Barrel conferisce un suo aroma con i succhi che colavo e vaporizzano. Faccio bene o mi consiglieresti di aggiungerci comunque qualche “legnetto”? Grazie Marco

    • Grazie mille Fabio ❤️
      Concordo con la tua scelta. Non è l’affumicatura indotta l’elemento rilevante di questa preparazione, specie a quelle temperature

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