Dimostrazione di come Funziona una Piastra in Ceramica
Lo dico praticamente ad ogni corso: la principale evoluzione dei dispositivi di cottura moderni rispetto al braciere tradizionale, è l’aggiunta degli effetti di calore garantiti dalla presenza del coperchio. Questo ha poi dato accesso ad una serie di evoluzioni con o senza l’utilizzo di accessori specifici, che ne hanno poi esteso l’ambito a tutte le cotture a fuoco vivo, finendo per definire in senso allargato quello che oggi si intende per Cucina Barbecue. Forse l’esempio più comprensibile, oltre che quello storicamente più datato è quello delle piastre. La prima introduzione è stata quella delle piastre in ghisa che al netto di dover imparare qualche opportuna accortezza di gestione per evitare che arrugginiscano, avevano l’indubbio vantaggio di trasformare un grill in un fry top. Sono seguite poi quelle in cordierite per replicare gli effetti di una cottura a legna sui panificati prima tra tutte la pizza, poi quelle in acciaio e via dicendo. Tutti supporti che una volta compresi, hanno raggiunto un buon successo commerciale. In mezzo a questi però ce n’è uno che nonostante tutti gli sforzi rappresenta una soluzione rimasta al palo: quella delle piastre in ceramica per barbecue.
Se anche tu ti sei sempre chiesto a cosa servissero ma soprattutto come si usassero o se peggio ancora, passando davanti allo scaffale delle piastre in ceramica per barbecue ne hai tirata su una ma da allora risiede tristemente inutilizzata nel tuo capanno degli attrezzi, allora questo è l’articolo che fa per te. Ti toglierò tutti i dubbi in modo dettagliato, partendo come da mia abitudine, dalla comprensione dei meccanismi che governano la cottura attraverso l’utilizzo di quel supporto (lo sai come la penso: diventare un Grill Master passa attraverso la comprensione ed il controllo della cottura!). Ma giusto per divertirci un po’ e non rendere la spiegazione noiosa, voglio anche aggiungere una piccola dimostrazione pratica in modo che i principi ti risultino più evidenti e ti rimangano più impressi: voglio utilizzare la conoscenza delle piastre in ceramica per barbecue per replicare l’effetto di cottura dei fritti nel mondo barbecue.
Prima però diamo un’occhiata alla nostra piastra:
COME USARE LE PIASTRE IN CERAMICA PER BARBECUE
Le piastre in ceramica per barbecue sono realizzate in materiale refrattario. Se ti ricordi, ti avevo già illustrato il funzionamento in cottura di questo tipo di elementi, quando ti spiegavo di come la Pietra Ollare rappresenti unicamente un’operazione commerciale insensata. In sostanza si tratta di materiali naturali di natura litica con ottime proprietà refrattarie. La loro caratteristica distintiva è quella di associare buone proprietà di inerzia ad una scarsa conducibilità termica rispetto ad esempio ai metalli. In altre parole mantengono molto stabile l’erogazione al cibo senza raggiungere punte limite di calore. Si ha quindi grande continuità di temperatura di esercizio nei confronti degli alimenti, trasmesso tramite conduzione ma che a fronte di sollecitazioni aggressive nella fonte di calore o di una loro repentina variazione, non le trasmette con la stessa violenza e con la stessa prontezza.
Chiaro? Nell’articolo sulla Pietra Ollare usavo un esempio a mio avviso molto calzante: sono materiali che funzionano idealmente come fossero una pila in grado di accumulare una grande quantità di energia e di redistribuirla in modo costante, indipendentemente dall’amperaggio con la quale viene alimentata. Questo effetto “pila” si rivela utile per evitare che a livello piastra dove cuoce il cibo, ci siano temperature “impazzite” ed incontrollate, facendo anzi sì che siano molto “dolci” e “smussate” in termini di comportamento, evitando le tanto indesiderate bruciature. Ora, non voglio ritornare sul perché le pietre ollari abbiano una serie di difetti fortemente condizionanti e su come nella gamma delle principali aziende produttrici di Grill gli vengano preferite le piastre in ceramica per barbecue, certamente più pratiche e con le medesime performance. Volevo invece soffermarmi maggiormente sul loro utilizzo pratico.
Per quanto una piastra eserciti la propria azione principalmente per conduzione, come ben sai non è che gli altri effetti si annullino. Esattamente come in griglia quindi, l’aria che circonda il cibo, riscaldata dalla fonte di calore, contribuirà anch’essa in parte alla cottura attraverso il principio della convezione. Cosa vuol dire tutto questo? Che il materiale refrattario trasmette un calore molto costante ma senza picchi tali da portare a bruciature e questo comporta che tra le 3 temperature rilevanti in una cottura, quella della superficie del cibo crescerà in modo leggermente rallentato, lasciando il tempo a quella al cuore di avvicinarglisi maggiormente. In altre parole la maillardizzazione esterna risulterà molto omogenea senza le bruciature che verrebbero causate da picchi eccessivamente elevati e a sua volta questa risulterà (maggiormente) omogenea con il livello di cottura complessiva dell’alimento, senza grandi scostamenti tra cauterizzazione esterna e cottura interna.
Solitamente le piastre in ceramica vengono consigliate per gli alimenti delicati, ovvero quelli dalla polpa fragile che nel concetto popolare si “rompono” in cottura. In realtà rompere qualcosa cucinando significa non avere capito come funzionano le dinamiche di cottura di quell’alimento o più in generale aver adottato un’impostazione o un comportamento tecnicamente sbagliato. Vediamo quindi cosa c’è di vero nelle indicazione di utilizzo e perché, partendo dal cavallo di battaglia delle verdure. Il suggerimento risulta vero solo in parte. Risultano molto efficaci su quelle molto acquose come zucchine, pomodori, melanzane ma non particolarmente su carciofi, peperoni o patate. Ovvero su verdure che hanno bisogno che la conduzione sia sufficientemente controllata da portare ad una cauterizzazione lenta, magari disidratandone un po’ la superficie nel mentre e con quel po’ di inevitabile conduzione che faccia salire leggermente la cottura al cuore togliendogli quella sensazione di crudo-pinzimonio. Altro consiglio classico sono i crostacei. Anche qui può essere vero ma occorre parlare di massa. Una maillardizzazione lenta ed omogenea può essere un valore aggiunto ad esempio su un bel gamberone ma sui gamberetti o le mazzancolle, specie se sgusciate, il tempo necessario alla cauterizzazione finirebbe inevitabilmente per portare ad una disidratazione eccessiva ed ad un indesiderabile effetto overcooking. A questi aggiungo tutti i panificati, o meglio tutto ciò che contiene amido, che essendo uno zucchero patisce facilmente le temperature elevate tendendo a rapida bruciatura. L’applicazione più intuitiva si sposa perfettamente con la tecnica di cottura delle bruschette, ma c’è molto di più di questo: pensa ad esempio a tutto ciò che è panato o che contiene pan grattato.
Questi sono naturalmente solo esempi e una volta compreso il meccanismo di cottura sarai libero di individuare l’utilizzo migliore in base alle tue esigenze specifiche. Vediamo adesso in pratica come funzionano le piastre in ceramica per barbecue attraverso l’esempio giocoso dei fritti.
LA DIMOSTRAZIONE PRATICA SUI FRITTI
Giocheremo portando a calore un velo abbondante di olio all’interno di una piastra in ceramica con bordo. Il senso è il fatto che la particolare trasmissione del calore di questo supporto non farà raggiungere all’olio temperature eccessive, mantenendole sul range standard di 160-180°C di una classica frittura in friggitrice. A questo aggiungeremo l’apporto del coperchio durante la cottura. Come ben sai dal bilanciamento delle forze di calore in una cottura barbecue, questo comporta un’enfatizzazione delle azioni di rifrazione e di convezione sul tuo equalizzatore virtuale, omogeneizzando ulteriormente la cottura in base ai principi che ti spiegavo prima. L’olio veicolerà calore portando una doratura superficiale veloce e asciutta mentre il coperchio ci aiuterà a completare l’insieme.
Vediamolo in pratica su due ingredienti molto diversi: uno piccolo e “rognoso” nella conservazione della panatura come gli Onion Rings, gli anelli di cipolla in pastella tipici della cucina americana e uno di massa leggermente più importante (nei limiti compatibili naturalmente con il nostro esperimento) che necessiti di una buona omogeneità di cottura come una mozzarella in carrozza. Partiamo:
Mettiamo dell’olio di semi nella piastra gia riscaldata per un quarto d’ora per fargli accumulare calore in set up centrale con combustione in temperatura di esercizio da moderata ad alta a seconda della potenza del grill a gas o del carbone che andrai ad utilizzare e poi portiamolo a temperatura fino a quando in controluce non vedremo un accennato principio di fumo (ci vorranno circa 8-10 minuti). Poniamo poi in cottura gli anelli di cipolla chiudendo il coperchio e controllando frequentemente (diciamo ogni paio di minuti). Quindi li vedremo dorati sul punto di contatto con la piastra e l’olio giriamoli e proseguiamo fino ad omogeneizzare la cottura. Considera che una volta girati la rifrazione e la convezione avranno gia contribuito, dimezzando o più in tempi di cottura rispetto a quelli del primo lato.
Per gli anelli di cipolla ho usato una panatura dalla doratura facile e stabile che ti consiglio indipendentemente dagli scopi di questo esperimento. Affianca tre vaschette di stagnola e riempi la prima con pan grattato misto a farina di semola, salato e pepato a piacere, la seconda con una miscela al 15% di Maizena in Farina 00 e l’ultima con un uovo sbattuto in 300 ml di latte. La panatura avviene passando il cibo prima nel latte, poi nella farina, poi ancora nel latte ed infine nel pan grattato, fino a creare una copertura spessa e asciutta.
Per la Mozzarella in Carrozza rispetto agli Onion Rings, serve una temperatura dell’olio leggermente inferiore, un po’ per darci il tempo di portare il formaggio all’interno a scioglimento nel mentre arriviamo ad omogenea doratura esterna e un po’ perché ricordiamolo, qui stiamo parlando di un corpo interamente costituito da amido come il pane. Rabbocchiamo quindi un filo l’olio per abbassarne la temperatura, abbassiamo leggermente l’erogazione del gas o l’aria delle vents-in nei dispositivi a carbone e lasciamo stabilizzare per qualche minuto.
In questo caso risulta molto utile l’aiuto di paletta per hamburger per girare le mozzarelle in carrozza a metà cottura. E’ abbastanza intuitivo come l’effetto della rifrazione risulti particolarmente importante in questa seconda preparazione. Occorre quindi prestare particolarmente attenzione a massimizzare il più possibile la presenza del coperchio durante la cottura.
Direi che siamo riusciti nel nostro intento dimostrativo: la mozzarella in carrozza è perfettamente dorata e asciutta all’esterno (anzi se vogliamo, ha assunto anche qualche accennato punto di brunitura che da al sapore una vera connotazione barbecue) e lo sfruttamento delle caratteristiche della piastra in ceramica ci ha permesso una cottura interna perfettamente omogenea, tanto da portare la mozzarella a scioglimento.
In conclusione, le piastre in ceramica per barbecue sono dei supporti di cottura dalle caratteristiche uniche ma meno intuitive rispetto a quelle delle sorelle maggiori in ghisa o altri materiali. Le sue particolari prestazioni sono comunque un completamento se non certamente fondamentale, ugualmente estremamente utile nel bagaglio a disposizione di un Grill Master. Tu hai già pensato a come poterle utilizzare a casa tua?Allora buon divertimento e buon barbecue!
Finalmente qualcuno che parla di ceramica!! Io ho la stessa tua piastra che hai usato nel test, l’ho usata poche volte e ora è li a prendere polvere.. Questo perché? Perché non riesco ad utilizzarla, si attacca di tutto rovinando così le pietanze, di conseguenza resta li ferma… Ovviamente la porto in temperatura con il fuoco centrale e coperchio chiuso, ho provato anche a passarle un velo di olio prima di applicare la pietanza (di solito filetti di pesce), niente da fare, si attacca tutto. Cosa sbaglio?Può essere rovinata in qualche modo? Grazie Ciao!!!!
Ciao Nicola,
sono contento tu abbia trovato utile l’articolo.
Allora, di base l’attaccamento del cibo al supporto, qualsiasi esso sia, è il risultato di una maillardizzazione incompleta. SE la maillardizzazione è completa si forma il bark che si stacca automaticamente da qualsiasi supporto. Se senti il bisogno di muovere il cibo prima che questo abbia completato la maillard le cose possono essere due:
1. hai troppa fretta. Salvo rarissimi casi (es hamburger) lo spostamento frequente del cibo è un errore, bisogna lasciare che il calore faccia il suo lavoro e nella maggior parte dei casi il cibo lo si tocca una volta per spostarlo da un lato all’altro. Stop.
2. sei preoccupato del fatto che l’alimento in questione stia cuocendo troppo e quindi vorresti spostarlo dall’altro lato prima che sia troppo tardi. Se questo è il caso, è probabile l’impostazione del calore nella cottura sia sbagliato. Ti consiglio a riguardo questo articolo.
Al netto di tutto questo che è comunque sempre vero in qualunque condizione, Ci sono delle situazioni che possono oggettivamente rendere più problematica la gestione e nel caso della piastra in ceramica il rischio maggiore è che raschiando la superficie si possa aver rimosso la smaltatura. In queste condizioni (al netto del fatto che con un po’ di mestiere si possa sopperire atraverso una giusta impostazione, come ti dicevo prima) l ceramica della piastra diventa a vista ed essendo molto porosa può effettivamente complicare un po’ la vita. Dovresti verificare l’integrità della superficie e capire in quale di queste situazioni ti trovi 😉
Grande Marco! Grazie per la risposta. Credo di essere sul “problema” 2 probabilmente non riesco a gestire bene la temperatura della piastra (o almeno lo spero), provando con un solo bruciatore centrale acceso mi sembra che scaldi troppo poco e forse questo potrebbe essere un errore (mi munito di termometro laser, nel caso a che temperatura dovrebbe essere la piastra per pietanze delicate come bruschette filetto di pesce molluschi verdure..) Sulla piastra si sono formate vari “aloni/croste” ma non vedo la ceramica pura nel senso che non vedo uno scalino verso il basso ma piuttosto verso l’alto (poca roba) rispetto alla superficie e non vengono via con nulla ovviamente non ho grattato con cattiveria per cercare di non rovinarla, spero di essermi spiegato. Grazie 1000 ci riproverò