Forgiare Coltelli con Mario Mattia

Post Forgiare Coltelli

Storia e Segreti di un Artista Artigiano

Lo sostengo da sempre: esiste un rapporto particolare tra il nostro mondo o più in generale quello della cucina, con quello dei coltelli. Un po’ tutti i settori sono caratterizzati da un particolare legame con i propri strumenti di lavoro ma in questo caso c’è di più, un qualcosa che arriva a rasentare in alcuni casi l’ossessione. Ne parlavamo quando avevamo visto insieme il set di coltelli ideale per le gare, in questo post dedicato alle lame da competizione. Se siete appassionati di social è possibile che abbiate recentemente visto approcciarsi al nostro settore una figura nuova ed interessante. Il suo nome è Mario Mattia e si occupa della realizzazione di coltelli artigianali, realizzato unicamente su commissione e con un elevato livello di customizzazione sia per quanto riguarda la lama che in relazione alle finiture, a partire dall’impugnatura.

Forgiatura ColtelliIn un mercato che volge inevitabilmente sempre di più verso la standardizzazione dell’offerta e sulla produzione a larga scala, l’offerta di Mario ci rimanda ad epoche ormai dimenticate e al mito dei forgiatori giapponesi e delle Katana dei Samurai. Solo che in questo caso si parla di coltelli da cucina. Si, perchè Mario Mattia rappresenta una figura abbastanza anomala. Siamo abituati a concepire il sapere dell’arte artigiana come un valore tramandato di padre in figlio e in qualche maniera salvato dall’inevitabile impoverimento che le economie di scala impongono al mercato di massa. Mario invece arriva alla produzione attraverso percorsi più tortuosi: un infanzia nelle campagne divise tra Campania, Molise e Lazio con una nonna cuoca di professione, poi Liceo Artistico e Architettura, durante i quali lavorava come lavapiatti  per pagarsi gli studi. Da li il passaggio in cucina seguendo tutta la trafila della gavetta, fino a diventare cuoco di professione nei ristoranti tra il Lazio e la Toscana e arrivare alle cucine più di tendenza della movida romana. La tendenza della ristorazione alla dequalificazione lo ha spinto a riprendere le esperienze di forgiatura vissute da ragazzo per farne una professione, arrivando alla produzione come risposta alle esigenze nate dalla sua esperienza da utilizzatore finale.

Ci sembrava una bella opportunità provare a conoscerlo meglio e siamo andati a fare quattro chiacchiere con lui. Abbiamo scoperto una persona piacevole e tecnicamente davvero molto preparata. Si è trattata certamente di una delle interviste più interessanti tra quelle fatte finora, con risposte intelligenti, mai banali dalle quali emerge una figura riccamente variegata.

1. Siamo abituati a concepire il tuo lavoro come un lascito generazionale, un patrimonio di arte artigianale che sempre più a fatica si trasmette di padre in figlio. Tu invece ci arrivi attraverso percorsi più articolati e per molti versi più interessanti. Raccontaci chi è Mario Mattia è come arriva alla passione per la forgiatura dei coltelli.

Siamo italiani e l’arte è un patrimonio nazionale che sta andando lentamente a perdersi, soprattutto se estendiamo a questo termine anche l’artigianato. Questo è vero in tutti i settori e a maggior ragione anche nella coltelleria. Credo che il mio legame con questo mondo derivi dal fatto di essere nato e di aver vissuto la mia infanzia in campagna, dove mio nonno come da tradizione, aveva sempre in tasca un coltello, perchè in quel tipo di contesto poteva servirti in ogni momento, nell’aiutarti nel fare qualunque tipo di lavoro pratico. Il fatto di produrli è arrivato invece alcuni anni più tardi quando la mia natura di autodidatta mi ha portato ad utilizzare il calore come semplice mezzo per raddrizzare acciaio per farne delle lame. Essendo io un testardo, ho cercato nel tempo di migliorare il risultato sempre di più, esperienza che si è rivelata poi molto importante.

Coltelli Mattia2. Molto spesso vediamo gli appassionati al mondo dei coltelli vivere l’oggetto del tuo lavoro con un approccio più volto al collezionismo che all’utilizzo pratico. Tu come lo vivi? In che percentuale ritieni sia un produzione artistica e in quale un artigianato di qualità?

I collezionisti sono una parte molto importante del mondo della coltelleria perchè portano ricchezza, cultura, movimento. Nonostante questo, ho scelto di tenermi fuori da quel tipo di mercato. La mia ambizione è quella di costruire prodotti destinati ad un utilizzo pratico, che diano piacere a chi li usa. E’ il motivo per cui ho iniziato a produrre coltelli e quello per cui li produco ancora oggi. Probabilmente la sfera del collezionismo è quella che maggiormente si avvicina al concetto di “arte”, attraverso i coltelli-gioiello che oltre a costose incisioni e decori possono comportare più di 300 ore di lavorazione. Io molto più umilmente preferisco concentrarmi su lame pratiche, che magari comportano solo 50 ore di lavorazione ma che mi piace portare all’estremo delle proprie possibilità. Perchè i miei coltelli devono lavorare e lavorare bene.

3. Uno dei valori aggiunti del tuo servizio è la possibilità di customizzazione del coltello. Attraverso quali scelte è possibile farlo? Si tratta più di discriminanti che incidono sullo spettro qualitativo o sulle specifiche del prodotto finito?

Il coltello è uno strumento che è sempre personale e le variabili di customizzazione sono quasi infinite. Non ne avrò mai uno identico all’altro perchè ciascuno dei miei clienti ha richieste ed esigenze diverse, sia sotto il profilo della qualità e delle specifiche della lama, sia sotto quello delle finiture. Se anche doveste trovare due miei coltelli apparentemente identici, è possibilissimo che differiscano in elementi meno evidenti come ad esempio la durezza della lama.

Coltelli Mattia4. Trasformati da produttore a consumatore: qual è il tuo modello di coltello preferito? Quali caratteristiche possiede il coltello ideale di Mario Mattia?

Non esiste un mio coltello ideale ma di sicuro sarebbe un coltello da cucina. Io sono molto vicino per filosofia alla cultura giapponese di produzione, rivolta a coltelli pratici in cui ogni dettaglio è studiato per ottenere una prestazione migliore. Se esistesse quindi, il mio coltello ideale sarebbe giapponese, probabilmente un Takeda o un Moritaka, un coltello vergine ad altissimo contenuto di carbonio. Potrebbe essere un Sanmai (che in giapponese significa “tre strati”), ovvero un coltello con un centrale fisso in acciaio molto duro e dei laterali in diversi strati di acciaio più morbido, o più strati di acciai morbidi, in questo caso chiamati Suni Nagashi. In generale comunque sono del parere che per nessuno possa esistere il “coltello filosofale”, quello che va bene per fare tutto in qualunque situazione.

5. Sappiamo che la tua scoperta del mondo barbecue è relativamente recente. Come sei arrivato a noi?

Francamente non lo so. E’ stato un turbinio di situazioni: sono stato fidanzato per dieci anni con una ragazza argentina e il padre mi ha insegnato le tecniche dell’asado tradizionale, basato sulle cotture lente e sulla riscoperta dei tagli poveri. Quando si è cominciato a parlarne in Italia, io praticavo certi concetti gia da anni e quando è successo, improvvisamente certi tagli hanno cominciato a diventare difficili da trovare e a cifre folli. Mi sono guardato intorno e mi sono informato per cercare di capirne le ragioni ed ecco che scopro il movimento barbecue italiano. Da li ho iniziato a prendere i primi contatti, per poi scoprire che questo aveva anche delle implicazioni nel mondo della coltelleria.

6. Nella tua produzione ti ispiri a qualcuno o a qualcosa in particolare? Esiste un riferimento tecnico nella produzione di Mario Mattia?

A me piace imparare e migliorarmi. Sempre. Sono iscritto come apprendista alla American Bladesmith Society, probabilmente l’ente più autorevole nel settore a livello mondiale, che raccoglie maestri tra migliori in assoluto, comprese alcune leggende del calibro di Bob Kramer, Adam Desrosier e Sam Lurquin, figure alle quali non è possibile non ispirarsi se lavori in questo settore.

7. Immagina un mondo senza limitazioni fisiche o economiche. Quale coltello sogneresti di produrre se ne avessi le possibilità?

E’ una domanda difficile. Probabilmente il coltello più difficile da produrre è il Damasco Mosaico, nella cui lama vengono ricreate attraverso la lavorazione e la scelta dei materiali delle figure, degli animali o anche dei paesaggi spesso di natura bucolica.

Coltello Damasco Mosaico
Credits: all4shooters.com

Uno dei più bravi in quest’arte è un italiano, Moreno Feltrasi che arriva a selezionare la materia prima in funzione del disegno che deve creare. Ecco se dovessi decidere di cimentarmi in una sfida personale probabilmente mi piacerebbe provare a realizzare un coltello di questo tipo.

Se invece rimaniamo nel contesto che amo di più, quello dei coltelli da cucina, credo che la sfida sarebbe di realizzare il Sujihiki, un coltello sempre proveniente dalla cultura giapponese e studiato per alcune lavorazioni specifiche sul pesce. La lunga lama del Sujihiki è concava da una parte e convessa dall’altra rendendo estremamente difficile conservare queste condizioni sottoponendola ai passaggi estremi di temperatura tipici del processo.

8. Dal momento dell’ordine quanto tempo passa fino alla consegna del prodotto finito? Quante ore di lavoro richiede la produzione di un coltello artigianale?

Diciamo che il minimo sindacale richiesto da un prodotto artigianale semplice, di piccola taglia, realizzato in un unico pezzo è di circa 20 ore anche se dipende molto dalla velocità dell’artigiano. Chiaramente più salgono le esigenze qualitative del cliente, soprattutto per ciò che riguarda la lama e più crescono i trattamenti termici a cui sottoporre il materiale, facendo lievitare notevolmente i tempi. Diciamo che nel mio caso, la maggior parte delle richieste mi arrivano per una finitura della lama Brut de Forge che mi impiega meno tempo di altre e mi attesto quindi in media su un tempo di lavorazione di 50-60 ore.

9. Il tuo è un lavoro antico praticato in tempi moderni. Come ne vivi l’evoluzione nel mondo attuale? Sono maggiori i limiti dettati dalla concorrenza soffocante o maggiori le opportunità offerte dalle possibilità di comunicazione?

Io credo che la concorrenza sia un fattore importante e per molti versi positivo perchè aiuta a scremare chi lavora bene dal resto. Il lato negativo della medaglia è che le vetrine virtuali si prestano a valorizzare l’apparenza più che la sostanza, terreno fertile per chi vuol far apparire il proprio prodotto migliore di quello che è. Dal punto di vista social e media, uno dei grandi vantaggi che la facilità di comunicazione delle moderne tecnologie ha portato è l’opportunità di confronto e di condivisione tra professionisti, che finisce per migliorare la qualità dei singoli e conseguentemente del settore nel suo complesso. Se ci si confronta con il mercato americano si nota come ci sia una grande apertura in questo senso perchè hanno capito che porta vantaggi a tutti. Purtroppo in Italia siamo ancora indietro su questo profilo. Siamo ancora molto provinciali, gelosi dei nostri segreti che temiamo possano arricchire la concorrenza. Ci si arriverà, serve tempo.

10. I tuoi prodotti rappresentano naturalmente qualcosa di diverso dalla produzione industriale, ma se fossi costretto ad acquistare un coltello commerciale quale sceglieresti? Quale per qualità assoluta e quale per rapporto qualità/prezzo?

Coltelli MattiaFaccio fatica a risponderti perchè quello che penso è che ci sia troppa differenza qualitativa tra una produzione artigianale e una industriale. Alcune tipologie di lavorazioni nascono come artigianali e industrializzarle a tutti i costi comporta inevitabilmente una rinuncia qualitativa. Non ti è mai capitato di sentire di coltelli di marche anche molto conosciute che si spezzano semplicemente per una caduta accidentale?

Credo che se proprio fossi costretto opterei per un prodotto semi industriale come un Takeda, che per soddisfare la grande richiesta sviluppa internamente le fasi cruciali di produzione per esternalizzare conto terzi quelle meno impattanti sulla qualità del prodotto finale.

11. Su quale caratteristica dei tuoi prodotti ritieni ci sia più la tua firma? In cosa ritieni si distinguano di più i coltelli di Mario Mattia?

Non ne ho idea 😀 . E’ una domanda che dovresti porre a chi compra i miei coltelli. Diciamo che ci tengo molto al feedback con i miei clienti anche e soprattutto dopo l’acquisto e la percezione che ho è quella di riuscire spesso a centrare il bersaglio. Credo che la miglior caratteristica dei miei coltelli sia proprio quella di rispecchiare appieno quelle che erano le aspettative di chi me li ha commissionati.

12. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Come ti vedi nei prossimi anni?

Mi piacerebbe semplicemente proseguire il mio percorso di formazione. L’anno prossimo conto di riuscire a sostenere l’esame alla American Bladesmith Society per passare da apprendista a Journeyman Smith. Non ho idea di come mi vedo nei prossimi anni, sono abituato a vivere la vita in funzione di quello che succede. Diciamo che realizzarmi in questo settore è certamente uno dei miei obiettivi.

Grazie a Mario Mattia per il tempo che ci ha dedicato e a cui facciamo i nostri migliori auguri per la sua attività Mattia Custom Quality Knives and Tools. Voi che tipo di coltello vi fareste produrre se ne aveste la possibilità?
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