Trovare il condimento al tuo Barbecue all’Orientale
Chiunque di noi, nella sua memoria olfattiva-gustativa, ha un ingrediente che appena mangia lo riporta indietro nel tempo. Mia mamma era solita preparare per merenda degli spicchi di mela verde accompagnati da salsa di pesce e zucchero. Sinceramente non era una cosa che proprio mi faceva impazzire, un contrasto tra sapidità, acidità e dolcezza che una bambina di 6 anni non riusciva proprio ad apprezzare. Poi da adulta, quando sono andata in Vietnam, ho capito perché a mia mamma piaceva così tanto quella strana merenda: il “profumo” e il sapore della salsa di pesce sapevano di Vietnam. Ora anche nella mia dispensa non manca mai la salsa di pesce, perché sa di casa, e ci ho affiancato la salsa di soia, quella di ostriche, il mirin, e il sale.
Cinque ingredienti che se negli anni ‘80 si vedevano solo nei ristoranti cinesi e che ora si trovano un po’ in tutte le cucine, anche in quelle stellate. Quindi, se vi va, andiamo a scoprire questi cinque prodotti che hanno saputo conquistare un posto nelle dispense della cucina occidentale e che vi saranno indispensabili per il vostro Barbecue Fusion.
La Salsa di Pesce
Molto poco conosciuta in Italia, ma usata come sostituto del sale in molte cucine delle sud-est asiatico. Si avvicina molto come gusto e sapore alla colatura di alici di Cetara. Viene ricavata da un lungo processo di fermentazione di acciughe o seppie, acqua e sale. Il composto ottenuto viene messo a maturare in casse di legno che verranno poi pressate per ricavare un liquido ambrato e da un gusto molto intenso che ricorda un po’ i formaggi stagionati.
Come usarla? Ovviamente si abbina benissimo con pesci e crostacei, ma anche nelle carni ci sta bene. Potete aggiungerla alle vostre marinature, stando attenti a non abbondare altrimenti potrebbe coprire tutti gli altri ingredienti. Qualche goccia nei vostri spaghetti di riso saltati nel wok e il piatto prenderà un gusto completamente differente. La sua elevata sapidità può sostituire anche il sale nei vostri piatti. Ma attenzione, anche il suo gusto e profumo sono molto intensi, quindi io per le prime volte, finchè non capite bene come dosarla a seconda del vostro palato, ci andrei piano e aggiungere ancora il sale nelle vostre ricette. Sul mercato, di solito si trova quella Vietnamita o Thailandese, in negozi particolarmente specializzati è possibile trovare anche quella Filippina che io vi sconsiglio come primo approccio perché molto intensa.
Da sola a crudo ha un gusto molto impegnativo, ma diluendola con un po’ di acqua e aggiungendovi un po’ di zucchero, lime, aglio e peperoncino potrebbe essere un’ottima salsa di accompagnamento ai vostri piatti.
La Salsa di Soia
Ormai presente in tutte le dispense dei griller e non solo. Nata in Cina molti secoli fa, ottenuta dai fagioli di soia gialli cotti, mescolati con grano tostato, sale e aspergillus (un fungo che attiverà la fermentazione dei microrganismi). Viene lasciata riposare dai 10-12 mesi in contenitori di legno di cedro che ne accrescerà il suo aroma.
Negli anni, come avviene per molti cibi, ne sono nate più varianti, in base alla posizione geografica e all’utilizzo. Quindi quale scegliere dallo scaffale? Solitamente nei vari market trovate quella dalla ricetta tradizionale adatta a tutti i vari tipi di uso, sia quello durante le cotture che a crudo. Possono differenziare di gusto in base alla provenienza del paese o alla percentuale di soia presente.
La salsa di soia Cinese chiara possiede una colorazione meno marcata ed è più salata e saporita, quella scura ha una fermentazione più lunga, un’aggiunta di melassa e viene principalmente aggiunta ai cibi in cottura.
La salsa di soia Giapponese si divide principalmente in tre famiglie: la Shoyu, la Shiro e la Tamari.
- La Shoyu usa il metodo tradizionale che prevede una percentuale maggiore di fagioli di soia rispetto al grano tostato, è quindi molto versatile per tutte le preparazioni.
- La Shiro usa una percentuale di grano maggiore, quindi avremmo un gusto molto più delicato e una colorazione molto più tenue.
- La Tamari usa solo fagioli di soia e una quantità di sale inferiore rispetto alle altre. Può essere consumata da celiaci ed intolleranti, ed è considerata la più pregiata e ricercata rispetto alle sue sorelle.
La salsa di soia Coreana è prodotta interamente da blocchi di soia fermentata in salamoia. In base all’invecchiamento può essere chiara, media o scura. Ha un caratteristico sapore intenso ed una sapidità elevata. Viene usata principalmente in zuppe e nei piatti a base di vegetali stagionati come il Kimchi.
Quindi quale salsa scegliere dagli scaffali? Sicuramente la salsa che usa veri fagioli di soia e non proteine di soia idrolizzate e a cui non sia stato aggiunto il caramello, molto spesso usato per saltare il processo di fermentazione. La varietà e l’origine dipendono molto dal vostro palato e dal vostro gusto culinario.
Dove usarla? Ovviamente nelle marinature, ma questo lo sapete già. E’ la base per molte salse di accompagnamento e senz’altro quando saltate qualcosa nel wok qualche spruzzata di salsa di soia non guasta mai!
La Salsa d’Ostrica
Poco conosciuta qui Italia, ma nel sud-est asiatico ha un posto rilevante nella dispensa di ogni cucina. Nata per sbaglio, nel 1888 quando Lee Kum Sheung, proprietario di una sala da tè, dimentica il brodo di ostriche sul fuoco e quando se ne accorge si ritrova con una salsa densa e scura, dal sapore ottimo. Secondo la ricetta originale, la salsa si ottiene cucinando a fuoco lento le ostriche nell’acqua fino a quando il liquido diventa denso e scuro. Le migliori salse si hanno da un’accurata selezione di ostriche mature che vanno cucinate direttamente lo stesso giorno del raccolto. E’ particolarmente indicata per le verdure e il tofu. Io la uso molto spesso per marinature veloci su tagli piccoli di carne, come per fare il bulgogi, o sulle verdure fatte saltare nel wok. La salsa, grazie alla sua consistenza, s’incolla alle verdure esaltandone il sapore. L’enorme presenza di umami riesce sicuramente a dare una marcia in più al piatto senza andare a coprire gli altri ingredienti.
Mirin
Ormai è un elemento presente in quasi tutti i libri di BBQ, spesso citato nella gettonatissima salsa teriyaki. Questo liquore dal colore quasi dorato viene ricavato dal riso glutinoso cotto a vapore, mescolato con il koji (fungo che presenta oltre 200 muffe) e lasciato riposare almeno per tre mesi. Ovviamente più lungo sarà il riposo, più alta sarà la sua gradazione alcolica. Alla fine di questo periodo viene spremuto e poi filtrato. Il suo gusto dolce e delicato va ad esaltare l’umami presente nella salsa di soia. Se aggiungete il mirin alle vostre marinature potete dosare lo zucchero in quantità minori. Può essere utilizzato un po’ con tutti gli ingredienti: riso, uova, verdure, e molto spesso viene aggiunto nei brodi e nelle zuppe per esaltarne il gusto. Io ve lo consiglio sugli Yakitori di pollo.
Sake
Una bevanda alcolica che non rientra fra i distillati, bensì tra i fermentati, quindi viaggia su una categoria tutta sua. Si avvicina più ai vini che ai liquori (infatti se non avete del sakè in casa potete sostituirlo con del vino bianco fermo tipo lo chardonnay),ma a differenza del fermentato d’uva, il sake è spesso incolore e non ha nè solfiti, nè tannini.
Nato molti secoli fa in Giappone, più o meno da quando fu introdotta dalla Cina la coltivazione del riso. La sua fermentazione veniva attivata dai lieviti naturali ed enzimi presenti nella saliva. Quindi le donne dei villaggi masticavano il riso e poi lo sputavano per metterlo a fermentare. Inizialmente il suo uso utilizzo era per scopo medicinale, come anestetico naturale. Ovviamente col passare dei secoli, la sua tecnica di produzione è andata via via raffinandosi: con la scoperta del fungo Koji, infatti, è stata eliminata la fase della masticazione (è proprio un fungo, spunta ovunque in questo articolo!). Grazie ai monaci buddisti che lo hanno inserito insieme ai lieviti negli starter per la fermentazione, la sua produzione si è espansa e quindi anche il suo consumo è cresciuto. A causa della sua alta tassazione e delle diverse abitudini sociali, il Sake conosce un forte crisi ed è man mano abbandonato dalle giovani generazioni. Solo negli ultimi anni c’è stato un ritorno al consumo di questo prodotto, anche come sostegno spirituale che la nazione ha voluto dare alle piccole produzioni artigianali che erano state colpite dallo tsunami a Tohoku.
Quindi gli ingredienti del Sake sono: riso, acqua, koji e lieviti. In base alla durezza dell’acqua, della varietà di riso e dei tipi di lieviti che vengono utilizzati si avrà una determinata categoria di Sakè. Per elencarveli tutti non credo di avere abbastanza batteria nel portatile, e soprattutto non credo che sugli scaffali dei vari market qua in Italia ci sia tutta questa scelta…quindi leggete bene l’etichetta, assicuratevi che sia prodotto in Giappone e che ci sia riso fra gli ingredienti 😊
Come possiamo usarlo in cucina? Grazie alle sue note dolci viene spesso usato nel ramen, ma è ottimo come smorzatore di sapori troppo forti o al contrario come accentuatore di gusto naturale, ad esempio per i funghi shiitaki, lo zenzero, o per pesci dal sapore molto intenso. Ottimo alleato per le nostre marinature, darà al vostro piatto un tocco asiatico deciso ma morbido.
Il cibo è memoria, ogni luogo ha i suoi sapori e il ricordo che ne portiamo dentro è intimamente legato ai piatti che vi abbiamo degustato. Ogni piatto che creiamo, genera nuovi ricordi in noi e nelle persone con cui lo condividiamo. Ora tocca a voi farlo.
Buon lavoro creativi!