Il Prontuario su Come Marinare la carne in modo Efficace
Credo di averlo detto, forse… Quanto? Un milione di volte? Diciamo che se avessi il classico Euro per ogni volta che l’ho detto a quest’ora starei scrivendo questo articolo dalle Isole Cayman. … Ma purtroppo non è cosi. Rimane il fatto che si tratta di un’innegabile verità: gli italiani non sanno cos’è una marinata ne come hanno la più sparuta idea di come si faccia un marinatura o peggio ancora, ignorano a cosa serva davvero. Credo che a dimostrarlo basti il fatto che una delle ricerche più battute su questo argomento sia “come marinare le costine”… Se hai capito qualcosa del ruolo di una marinata nei confronti della carne ed in generale sullo scopo degli strumenti di seasoning di cui la marinata fa parte, dovresti sapere che
A. Non serve per ammorbidire la carne
B. Non serve per “mandare via il sapore di selvatico”
Quindi, per la “proprietà transitiva della gastronomia”, dovresti sapere che se c’è una materia prima che non ha bisogno di marinata, questa è data proprio dalle costine (salvo eccezioni naturalmente). Detto questo, il mio intento in questo articolo non è affatto quello di catechizzarti (ritengo di averlo già fatto abbondantemente in passato attraverso articoli specificamente dedicati alla funzione della marinatura), bensì di darti delle facili e veloci risposte pratiche a quelli che in base alla mia esperienza sono i più frequenti interrogativi legati al “come marinare la carne” nel modo corretto. O se preferisci: come marinare la carne nel modo più efficace, andando subito al punto, con il maggior risparmio di tempo possibile, nonché di materia prima, cercando di fornirti come sempre, spiegazioni che siano più “didattiche” possibili, senza prese di posizione stupide, fake news, facili luoghi comuni acchiappa-like o discorsi fumosi studiati solo per darci un tono.
Partiamo? Partiamo.
1. Per quanto tempo deve durare una marinatura?
Si tratta di una risposta che andrebbe articolata a lungo e che per rimanere estremamente “scolastici”, dovrebbe essere “dipende”. Perché dipende infatti da un’infinità di fattori, a partire dalla materia prima, che non essendo bulloni ma animali o vegetali aventi un loro vissuto e una loro matrice genetica specifica, possono differire e di non poco, il loro comportamento di fronte ad una marinata. Ma poi ci sono tutti gli altri ingredienti. Ad esempio, marinata con vino rosso: ok, quale? Parliamo di un freschissimo Lambrusco o di un austero Barolo? E non dimentichiamo poi le condizioni in cui operiamo: è estate, è inverno? Per finire con il dover considerare la marinatura non come fine a se stessa ma come parte di un processo di cottura più ampio. Se ad esempio associ alla marinatura una salamoia hai una serie di conseguenze indirette sulla cottura in termini di tempi, di texture e di consistenza sul risultato finale, che devi obbligatoriamente considerare quando scegli i tuoi tempi.
E quindi che si fa? Se accettiamo qualche piccola, consapevole semplificazione possiamo individuare un facile schema mentale che ti aiuterà a regolarti in questo senso.
Tra i fattori menzionati, consideriamo solo quelli più importanti e sui quali riusciamo a stabilire una relazione diretta:
- La tipologia di alimento ed in particolare la resistenza delle sue fibre all’azione della marinatura. Per intenderci: un delicato filetto di pesce opporrà pochissima resistenza, una tignosa coscia di cervo molto di più.
- L’incidenza della componente grassa sulla marinata da cui ne deriviamo indirettamente la tendenza acida, essendo questa formata appunto da questi due elementi in proporzione variabile, come visto nell’articolo sulla Marinatura. Più è alta l’acidità e più la marinata sarà aggressiva e richiederà quindi tempi inferiori.
- Lo spessore dell’alimento. È vero che come abbiamo detto, la marinata ha un’azione solo superficiale ma lo è altrettanto il fatto che una minore massa comporti anche una maggiore incidenza al morso della superficie trattata. Quindi se lo scopo della marinata è quella di apportare sapore (o comunque virarlo verso profili maggiormente desiderabili o funzionali alla nostra ricetta), su tagli più importanti sarà necessaria una maggiore incisività e quindi un maggior tempo di azione.
Ora, immagina un cubo graduato nel quale associare a ciascuna delle dimensioni (larghezza, altezza e profondità) uno dei suddetti parametri. Attribuiamo ad ogni parametro una scala di valutazione da 1 a 5 ed individuiamo le associazioni alle due estremità. Da una parte abbiamo una situazione 1:1:1, ovvero una marinata molto acida (poco grassa in proporzione), su un cibo di piccole dimensioni e particolarmente delicato. Diciamo un filetto di branzino in una marinata al vino bianco, ok? Stabiliamo per questa condizione un tempo di marinatura di 1 ora, oltre la quale oggettivamente disferemmo le fibre del pesce.
L’estremità opposta è quella del 5:5:5, ovvero una materia prima ostica e di pezzatura importante, con una marinatura non eccessivamente acida, diciamo in proporzione 1:1 con la parte grassa. Non esiste un termine ultimo nel quale poter fissare il limite di una marinatura ma diciamo che nella maggior parte dei casi pratici, 24 ore potrebbe essere un termine medio plausibile per ottenere un risultato soddisfacente in queste condizioni ed è quindi quello a cui fisseremo il nostro fine corsa.
Prendi quindi la marinata all’interno del tuo progetto di cottura ed analizzala in base a questi 3 parametri, esprimendo un tuo personale voto per ciascuno, in base alle tue condizioni di esercizio. Dopo di che, considerando i tempi di marinatura degli estremi, deriva per logica una tempistica ragionevole per il tuo caso specifico. Ad esempio, se 1:1:1 corrisponde ad 1 ora e 5:5:5 a 24 ore, diciamo che 3:3:3 potrebbe aggirarsi sulle 12 ore, ovvero il classico “notte tempo”. Chiaro il senso?
La marinatura deve avvenire in frigo? Posso poi riusare la marinata in cottura?
Di base si …con il consiglio di accendere il cervello e di ragionare con la tua testa in base ad un minimo di logica e senza patemi eccessivi. Qualunque cosa di organico, al di fuori di un sistema di conservazione come il frigo, subirà un processo di proliferazione batterica e fin qui lo sappiamo tutti. Detto questo, capiamoci bene sul metro di misura: la reattività della popolazione batterica di un alimento non è esattamente così veemente come viene raccontato ed è caratterizzata da un periodo di latenza, anche abbastanza significativo. Ne avevo parlato in maniera piuttosto specifica anche all’interno di un articolo dedicato. Considera poi sempre che le condizioni acide di una marinata non sono esattamente “il massimo” per i nostri batteri e anche davvero si dovessero riprodurre in massa, andrai presumibilmente a grigliare il tutto a temperature tali da disintegrare qualunque popolazione superficiale.
Occhio, con questo non voglio dirti di fregartene ma solo aiutarti a dare il giusto peso alle cose: nei limiti del ragionevole non sei seduto sopra una bomba nucleare con il timer sopra che ticchetta… Di base come dicevo, il luogo preposto ad ospitare i tuoi alimenti durante il processo di marinatura è il frigo: le condizioni rimangono stabili e puoi farla durare per quanto ti serve, in particolare modo quando questo viene prolungato oltre le uno-due ore di durata. Detto questo, non vivere con l’ansia: se carne e marinata rimangono fuori dal frigo mezz’ora nel 99,9999999999% dei casi non succede assolutamente nulla, specie se non succede a luglio sotto il sole a 35°C. Non ricadere quindi anche tu tra quelli che mi contattano dicendo “Cosa faccio? Butto via tutto?!?”. Keep calm.
Discorso leggermente diverso è il fatto di riutilizzare la marinata utilizzata nel processo come basting (non ti spaventare, è solo il nome tecnico della “spennellatura” di un condimento sul cibo durante la cottura). In generale te lo sconsiglio per due motivi. Il primo è che ogni strumento di seasoning ha uno scopo ben preciso: se la marinatura è stata eseguita correttamente, la marinata ha gia fatto il suo lavoro e non c’è alcun bisogno di ulteriori “tempi supplementari”, inoltre se il mio obbiettivo è fare basting, meglio utilizzare condimenti espressamente studiati per quella funzione o comunque per il particolare effetto ricercato. Il secondo è che se davvero dovesse essersi attivata una proliferazione batterica, la cottura certamente aiuta moltissimo a minimizzare se non azzerare i rischi. Pennellare sul cibo una marinata “carica” invece, altrettanto certamente è un’azione che va esattamente in senso contrario. Tanto più che si tratta di un contributo non necessario quindi, meglio evitare, ti pare?
Non mi sta in frigo. Come faccio?
Purtroppo la marinatura funziona se la marinata copre interamente l’alimento, questo è un limite invalicabile. La sua principale controindicazione quindi è che su tagli molto grandi la quantità di marinata necessaria diventi davvero considerevole e di conseguenza le dimensioni del contenitore atto ad ospitarla. Un’altro punto da cui potrebbe essere vista la questione potrebbe essere quello in risposta alla domanda “Devo marinare un tacchino: mi costa più di marinata che di carne…”.
La soluzione per entrambe le esigenze è quella di dotarsi di sacchetti idonei (ossia per alimenti). Quando andavo negli States, facevo scorta in valigia di sacchetti di questo tipo, che erano di dimensioni pazzesche (un po’ come tutto negli USA d’altronde) ed erano addirittura dotati di comodissime zip apri/chiudi, oltre che essere naturalmente da noi introvabili. Poi nel tempo per fortuna, articoli di questo tipo hanno iniziato a comparire anche sugli scaffali dei nostri supermercati (magari quelli più forniti e di più grandi dimensioni). Unico limite: per adesso le dimensioni rimangono ancora piuttosto contenute, diciamo commisurate a qualche sovracoscia di pollo, o a piccoli arrosti. Se hai necessità di qualcosa di più voluminoso però, ti viene incontro una nota catena di arredamento low cost svedese, che nelle sue numerose filiali italiane presenta anche dei sacchetti zippati Extra-large. Abiti nelle profondità della Barbagia, la filiale della catena svedese più vicina è in un altro continente ed il supermercato più grande della tua zona è più piccolo del tuo salotto? No problem, dotati di una macchina sotto vuoto e sigilla il cibo all’interno con la marinata senza arrivare al massimo della pressione, ma limitandoti ad eliminare l’aria visibile.
Il vantaggio? Ciò che conta è il contatto costante tra materia prima e marinata e il sacchetto, una volta premuto prima di chiudere la zip, può eliminare tutta l’aria, garantendo questo risultato con l’utilizzo di pochissimo liquido e rendendo quindi facilmente possibile ospitare grandi pezzi di carne anche in un normalissimo frigo e con un risparmio considerevole in termini di olii, vini, salse varie, superalcolici e altri elementi costosi di una marinata di qualità.
Come faccio a far percepire di più un ingrediente?
I vantaggi di una marinata “strong” sono visibili a tutti: è estremamente efficace, si percepisce facilmente. Il problema è che se applicata su materie prime delicate finisce per sovrastarne la percezione, contravvenendo a quella che è una regola comune degli abbinamenti, ovvero quella di rispettare la cosiddetta “ampiezza” dei singoli ingredienti. Questo vale in qualunque contesto, non solo nelle marinate ed è il motivo per cui su una mozzarella caprese non berrai mai un Barbaresco, giusto?
Succede quindi che su marinate delicate, fatte su tempi per giunta brevi, il risultato finale poi sia… “Meh…!“. Alquanto insignificante, “moscio” insomma. Ci potrebbe essere poi un’ulteriore esigenza: all’interno di una ricetta, di un’insieme di ingredienti contenuto in una marinata potrebbe piacerti che ce ne sia uno che spicchi più di altri. Chessò, in una marinata vino bianco, scalogno e rosmarino su un peto di pollo potresti desiderare che questo diventi un ‘esplosione di mediterraneo.
In tutto questo devi considerare che la macerazione (ossia il semplice riposo delle spezie e delle erbe aromatiche a freddo in un liquido) è il meno efficace tra i metodi di estrazione. Ma ne esistono molti altri. Se non lo avessi ancora letto, ti consiglio caldamente di dare un occhio al sistema di estrazione tramite Moka che avevo elaborato in relazione alle marinate, ma anche senza arrivare a quei risultati esplosivi, anche la semplice abitudini di estrarre a caldo, ti può venire incontro parecchio: nell’esempio di prima, prendi un paio di tazzine di vino bianco e scaldale in un piccolo bricchetto, aggiungici il rosmarino e lascialo riposare fino a quando il liquido non intiepidisce, prima di aggiungerlo al resto della marinata. Vedrai la differenza!
Bene, direi che oltre a sapere cos’è una marinata davvero, ora sai anche come ottimizzarla e come sfruttarla al meglio per il tuo progetto di cottura. Non ti resta che iniziare a farci la mano e a darci dentro con la griglia.
Buona marinatura!