Il Pesce per Grigliata e come farlo alla brace e al BBQ
Da quanti anni insegno la cucina barbecue? Tanti. Sono partito nei miei “enta” e ho appena iniziato il mio secondo giro sugli “anta”. In ogni caso più di quanto sarei disposto volentieri ad ammettere. E se c’è una cosa che ho imparato è che dopo aver demolito e riscritto le certezze di chi pensava di conoscere tutto del mondo barbecue perché “griglio da 20 anni io!“, spiegandogli come grigliare BENE anche una semplice costina o una bistecca, dopo aver vinto la loro diffidenza iniziale a avergli mostrato che esiste qualcosa DI PIÙ di quello che credevano, allora scatta in automatico da parte loro una domanda: “Sai cosa ci vorrebbe? Un bel corso su come cucinare il pesce al barbecue?“. Si pensa sempre alla cucina barbecue come profondamente legata alla carne (e in parte è vero) e non ci si rende conto di come sul pesce si brancoli mediamente ancora più nel buio: la maggior parte delle persone non hanno idea di come grigliare il pesce, spesso non distinguono nemmeno le caratteristiche del pesce per grigliata, non sanno come trattare il pesce alla brace, ne che esiste la possibilità di fare il pesce al barbecue (inteso come American BBQ). A volte ci si blocca già al problema di come non far attaccare il pesce alla griglia… È ora di porre rimedio. Sei d’accordo?
Il primo scoglio da superare, che a mio parere costituisce il nodo fondamentale della questione, è l’avere quantomeno la percezione dell’entità della materia di cui stiamo parlando. Il classico approccio del griller è del tipo “Cosa grilliamo oggi? Manzo, Maiale, Pollo o Pesce?“. Il che fa abbastanza sorridere se si pensa che le terre emerse del nostro pianeta rappresentano nemmeno il 30% della sua superficie. Il mondo della fauna sottomarina è complesso e articolato ALMENO quanto quello della fauna terrestre. Pensa a quanti animali diversi lo popolano e quanto diversi siano gli uni dagli altri: crostacei, polpi, molluschi, frutti di mare…
So cosa stai per obbiettare:
Si, ma io intendo pesce… “pesce”!
Certamente. Ma non mi dire che non hai mai provato a grigliare dei gamberi (magari con il risultato di ottenerli bolliti o troppo asciutti…) o che a priori non ti piacerebbe un bel tentacolo di polpo tenero come il burro e reso esternamente croccante da un passaggio in griglia… Ma poi, se anche l’unico pesce per grigliata fosse il pesce… “pesce”, è un po’ dura sostenere che grigliare nel barbecue un pesce grasso come il salmone sia la stessa cosa di grigliarne uno magro come il tonno, oppure che il modo di approcciare un trancio di pesce sul barbecue possa essere integralmente esteso ad un pesce intero con pelle… Il punto è che esattamente come fuori dall’acqua, maiale, manzo e pollo devono essere valutate come categorie a se stanti per caratteristiche della materia prima (e di conseguenza metodi di cottura), allo stesso modo al di sotto della superficie dei mari, dei laghi e dei fiumi occorre distinguere i suoi abitanti quantomeno per famiglie, in modo da identificare dei comportamenti comuni in griglia.
Prima di addentrarmi però su come grigliare il pesce trattando in modo separato la popolazione del mondo ittico, preciso che non mi addentrerò in maniera specifica e in ogni caso non oltre il necessario, sulle temperature di cottura del pesce, avendo già dedicato un articolo molto ampio a questo argomento, che puoi consultare nel momento in cui dovessi averne bisogno. Qui di seguito ci dedicheremo quindi unicamente alla descrizione della materia prima di partenza da cui deriveremo le possibili applicazioni suggerite, per ricavarne il meglio. Pronto? Partiamo.
CROSTACEI
Uno dei grandi classici del pesce alla brace: i crostacei sono un must tra il pesce da grigliata. Sono dolci, fragranti, veloci da cuocere e facili da maillardizzare ed è impossibile possano non piacere. Anche qui però, ci sono crostacei e crostacei e ciascuno ha la propria criticità a cui prestare attenzione. Si tratta in ogni caso di cotture rapide, a temperatura molto intensa, in particolare sulle Cotture Dirette. Da evitare come la peste le temperature di esercizio moderate che poterebbero ad una eccessiva evaporazione di umori e di conseguenza ad una polpa asciutta e poco piacevole.
GAMBERI/GAMBERONI – È anzitutto interessante approfondire preventivamente un aspetto: al netto delle questione legate ai gusti di ciascuno, io personalmente non approvo tecnicamente la cottura “integrale” di gamberi e gamberoni, ossia quella in cui gli si lascia il guscio che ricopre l’addome esattamente “come mamma l’ha fatto”, specie sulle Cotture Dirette. Oggettivamente non credo ci sia cosa peggiore: il guscio inibisce la polpa dall’azione di qualsiasi tipo di seasoning possiamo adottare ed in particolare rub e marinate. In aggiunta fa da involucro alla trasudazione della polpa in cottura, creando un effetto gambero-bollito sulla texture e sul gusto che è a mio parere insopportabile. Infine si “ciuccia” tutti i contributi della Maillard a calore vivo per la quale la cucina barbecue è giustamente famosa, letteralmente buttati nel cestino non appena lo si sbuccia.
Il motivo vero per il quale è una pratica diffusa, è chiaramente il fatto che preserva da possibili disastri: se brucia, brucia lui salvando la polpa, si attacca molto più difficilmente di quest’ultima alla griglia ed in generale rende il gambero meno delicato e più facile da maneggiare. Il mio invito però sebbene richieda un filo di allenamento in più, è quello di sgusciarlo e di lavorare direttamente sulla polpa, magari tenendolo un filo indietro di cottura per mantenerla leggermente carnosa tra i denti, conservando la sua dolcezza e suoi profumi iodati. In questo senso una soluzione molto coreografica è la lavorazione Bikini, che avevamo già visto nella ricetta dei Gamberi alla Caraibica, ovvero l’asportazione del solo guscio lasciando attaccate alla polpa il carapace e la codina. Un’alternativa interessante e comunque valida è quella di incidere con delle forbici il guscio lungo tutta la schiena in modo di esporre la polpa al seasoning e alla cottura. Quest’ultima possibilità si presta bene oltretutto anche per una Cottura Indiretta, magari con l’aggiunta sulla polpa di burro aromatizzato o di una panatura.
ASTICE/ARAGOSTA – La vera parte interessante di entrambi per la cottura di questa espressione di pesce alla brace è naturalmente la coda. È possibile aprire il guscio per asportarla intera e procedere con in Cottura Diretta con principi simili a quelli appena visti per i gamberi, ma una pratica molto più diffusa è quella di sezionarla a medaglioni tagliando direttamente il guscio seguendo le naturali suddivisioni dell’esoscheletro e procedere poi a piastrarli sui due lati della polpa, per cercare la più rapida maillardizzazione possibile e preservarli dalla disidratazione. Una interessante alternativa è quella di separare la coda dal carapace, di incidere il guscio sulla schiena e di estroflettere la polpa con l’aiuto del dorso di un cucchiaio fino ad incastrarla tra i lembi dell’apertura. In questa versione il guscio farà da supporto, con la polpa esposta al calore di una Cottura Indiretta. Naturalmente rimangono validi anche tutti gli utilizzi legati alla trasposizione outdoor di ricette più tradizionali come gli Spaghetti all’Astice risottati nel wok in ghisa.
CEFALOPODI
Le accortezze che abbiamo visto per i crostacei sono da considerare vere per i cefalopodi all’ennesima potenza. Il problema principale è la composizione dei suoi tessuti, molto ricchi di fibre e colllagene, con una forte tendenza alla disidratazione: una combinazione in grado di mettere in crisi anche i griller più navigati e che per molti versi ne rendono il comportamento in cottura equiparabile a quello del manzo più vecchio o da razze da lavoro. Allo stesso modo i cefalopodi non amano le vie di mezzo: o cotture intense e rapide o lente e prolungate, evitando tutte le vie di mezzo che conducono quale unico risultato possibile all’odiato effetto “gomma”. Una pratica diffusa è quella di “precongelare” i cefalopodi per renderli più teneri quando li si “maltratta” con cotture approssimative, in base ad un principio che ha una effettiva base di verità: il congelamento a temperature lente (quindi paradossalmente meglio un freezer 1 stella di uno 3 stelle) cristallizza rompendo le fibre e rendendole meno resistenti alla masticazione. Noi però qui parlaremo espressamente del profilo tecnico della cottura, cercando di ottenerne il meglio possibile a prescindere da possibili eventuali “aiutini” esterni in termini di intenerimento meccanico.
SEPPIE – Si caratterizzano per la presenza del famoso “osso di seppia” di Montaliana memoria, una struttura calcificata piatta e centrale al corpo che deve essere rimossa, una volta separato il corpo e puliti i tentacoli dal “becco” (ovvero il rostro) e prima di procedere a cottura. Questo è il motivo principale per il quale nella maggior parte dei casi la seppia viene cotta in griglia lavorata a “bistecca” aprendola sul lato per pulirla. Come detto, esistono valide soluzioni legate alla “stufatura” delle seppie all’interno di un dutch oven o a striscioline in un condimento per la pasta all’interno di un wok, ma qui vale la pena approfondire proprio l’aspetto del grilling, ossia del pesce alla brace o su grill a gas o elettrico ma in cottura diretta, che è probabilmente quello più delicata. La cottura della bistecca di seppia deve in questo caso essere molto veloce, con una cauterizzazione potente ed intensa che consenta la maillardizzazione prima dell’irrigidimento del collagene. La temperatura di esercizio deve quindi essere molto alta, eventualmente esercitata su una superficie che massimizzi la conduzione come una piastra in ghisa e può essere d’aiuto veicolare il calore attraverso l’aggiunta di un filo d’olio sulla superficie. Molti prevedono per la seppia una marinatura, ma io sono personalmente del parere che sui cefalopodi in generale, renda molto poco e che la penetrazione nelle fibre sia pressoché nulla. Discorso leggermente a parte per le SEPPIOLINE, che si riescono a pulire agevolmente rivoltandole, mantenendole cosi integre e sulle quali consiglio una cottura a spiedino (oltre a quelle in umido nel dutch oven, già citate): rapida e con una minor perdita di moisture rispetto alla bistecca di seppia.
CALAMARI – La forma è più allungata, lungo il corpo sono presenti delle pinne (separabili dal resto e adatte alla cottura), l’osso interno è più fine, trasparente e flessibile e consiglio di togliere la pellicina viola esterna tirandola a mano, ma per il resto i calamari hanno caratteristiche tutto sommato abbastanza simili alle seppie ma con pareti leggermente più sottili. Se questo da un lato rende ancor più necessaria una certa attenzione alla velocità con la quale si esegue la cottura in grilling, dall’altro è pur vero che il contenuto di collagene è inferiore, coprendo parzialmente qualche errore di cottura. Una cosa compensa l’altra e le indicazioni di cottura sono pertanto le stesse viste per le seppie, non solo sul grilling ma anche sulle cotture lente. Distinguo unicamente nella prima modalità, l’opzione di una cottura intera del calamaro, in aggiunta alla possibilità di ridurlo a bistecca, proprio sfruttando pareti più sottili ed una cottura più rapida pur richiedendo comunque un minimo di attenzione. Mi soffermo quindi maggiormente su due cotture aggiuntive rispetto a quelle già elencate qui sopra. La prima è quella di dividere il calamaro ad anelli e dorarli su piastra in ghisa dopo una veloce panatura come spiegato in questo articolo, per una sorta di effetto fritto ma più croccante. La seconda è la farcitura con un trito dei suoi stessi tentacoli scottati in griglia, pane ammollato in brodo e prezzemolo e successiva cottura indiretta, in maniera simile a quanto si fa in forno ma con tutto il carattere delle cotture barbecue.
TOTANI – Viene considerato un po’ il “fratello povero” del calamaro, ossia la versione più economica e meno pregiata di questa espressione di pesce alla brace. Visivamente è molto simile ad accezione delle pinne laterali, più corte e dalla forma triangolare e dell’assenza tra le viscere della sacca dell’inchiostro. In termini pratici, per quanto riguarda ciò che ci interessa in riferimento alle cotture, la polpa dei totani ha caratteristiche più simili a quella della seppia che a quella del calamaro in riferimento al sapore ma soprattutto per ciò che attiene le criticità e la tendenza alla gommosità a fronte di sollecitazioni prolungate ed eccessive. Per quanto riguarda le possibili applicazioni, valgono quindi le stesse regole della seppia.
POLPI – Il polpo è una materia prima straordinaria per la cucina barbecue se si sa come trattarla. Il punto critico è legato alla sua ricchezza di collagene, non poi cosi esagerata non fosse rapportata ad un corpo dagli spessori molto generosi, in particolare i tentacoli, carnosi e burrosi se cotti a dovere ma letteralmente non masticatili se asciugati eccessivamente. L’approccio canonico di chi affronta il pesce nel barbecue (in particolare nel caso di pesce alla brace), sarebbe quello di bollirlo per mantenerlo tenero, prima di dividerlo in parti e procedere a grigliarlo. C’è chi a questo scopo aggiunge nell’acqua il famoso tappo di sughero, chi lo congela prima, chi lo “sbatte” per romperne le fibre. In realtà esiste una procedura da “pesce nel barbecue” molto più semplice e pratica che si riallaccia alla tradizione di “far cuocere il polpo nei suoi stessi umori”: metti il polpo in una vaschetta di stagnola avvolta da un foglio di carta alluminio e mettila in cottura diretta con una temperatura al minimo sindacale (non impazzire troppo sul “quanto”) per circa 45 minuti o a seconda delle dimensioni, fino a quando dall’esterno non lo sentirai tenero al tatto. Poi separane le parti, in particolare i tentacoli e sbizzarrisciti: se non hai mai provato a passare un filo di olio sulla superficie e passarli delicatamente in giusto un’idea di pangrattato e paprika affumicata prima di fargli fare una gustosa crosticina in cottura diretta moderata, redimiti subito perché ti sei perso uno dei piaceri della vita.
MOLLUSCHI BIVALVI
“Bivalvi” significa in sostanza racchiusi tra due conchiglie. La famiglia comprende quindi cozze, vongole, telline e qualsiasi altra cosa tu possa vedere in pescheria che abbia queste caratteristiche. In generale si tratta di molluschi dalla polpa molto delicata, dalla forte tendenza alla disidratazione e che devo prima essere “aperte” attraverso un rapido passaggio a calore che faccia cedere il muscolo adduttore contratto che mantiene saldamente unite le due metà, oppure per semplice rescissione manuale con una lama. potenzialmente le regole di cotture esposte possono applicate a qualsiasi mollusco bivalvo ma le tipologie più espressive e tipiche della cottura in griglia sono due:
CAPPESANTE – È molto frequente trovarle in pescheria già separate dalla conchiglia superiore, quella più piatta, lasciando il mollusco ancora attaccato a quella opposta, di forma concava. Il mollusco è costituito da due parti facilmente identificabili anche solo a livello visivo: il frutto, una sorta di spesso “bottone” turgido e sodo di colore bianco e il corallo, tenero e cedevole a forma di mezza luna. Esistono due principali soluzioni. La prima e concettualmente più vicina all’approccio della cucina classica a questo ingrediente, prevede una cottura indiretta ad una temperatura di esercizio di circa 170°C, magari in set up laterale, lasciando semplicemente la cappasanta com’è e coprendo il mollusco intero con una panatura “ricca” con formaggio e prezzemolo fatta gratinare. La seconda prevede invece di staccare il mollusco dal guscio inferiore e di separare il frutto dal corallo, utilizzando di solito quest’ultimo per la creazione di gustose salse di accompagnamento. Il frutto, che si presta anche discretamente alle marinature, viene cauterizzato su piastra in ghisa creando su entrambe le facce una vistosa e gustosa maillard nel più breve tempo possibile evitando di farlo disidratare e diventare gommoso. In entrambe le situazioni quindi, il nodo critico della cottura del frutto della cappasanta è il rispetto della temperatura al cuore ideale come ti ho spiegato nell’articolo sulle temperature di cottura del pesce.
OSTRICHE – Quando si parla di questo argomento si muovono sempre le emozioni dei puristi della materia che vorrebbero le ostriche degustate rigorosamente crude, aberrando qualsiasi possibile forma di approccio alternativo. Eppure nel sud degli Stati Uniti e nella città di New Orleans in particolare, le ostriche grigliate sono un’istituzione e personalmente posso vantarmi di aver fatto ricredere molti integralisti a cui sono riuscito a far vincere la barriera dell’assaggio. Dopo tutto non si capisce perchè cozze e vongole debbano essere mangiate cotte mentre per le ostriche sia un’eresia. Il mollusco dell’ostrica è però “impalpabile”, con un contenuto di acqua altissimo in rapporto alla massa. Se viene “seccato” quindi finisce in niente, se viene stufato si sfalda. L’approccio di cottura corretto pertanto è quella di un grilling infernale: il gusto fa da deflettore del calore facendo si che le alte temperature affiorino a bordo guscio dorando il mollusco insieme a tutto il resto del contenuto come formaggi o condimenti. A mio personale parere, una delle migliori espressioni dell’ostrica alla griglia è quella con Stilton e nocciole.
IL PESCE… “PESCE” ALLA GRIGLIA
Chiuso questo doveroso antefatto relativo all’immensa disponibilità della fauna ittica, resta il fatto che il vero cruccio del griller sia rappresentato dagli organismi vertebrati, quelli dotati di branche e squame a cui immediatamente si pensa quando si parla come grigliare il pesce nel barbecue. È innegabile infatti che questo rappresenti un “mondo nel mondo”, incredibilmente vasto ed eterogeneo per varietà e all’interno del quale è necessario delineare delle variabili rilevanti in funzione delle cotture, che ci consentano di poterci orientare con maggiore disinvoltura. Il primo tra questi è certamente la dimensione ed indirettamente, il porzionamento con il quale si procede alla cottura. Immediatamente dopo e non meno rilevante, è il livello di grassezza che ha non poche ripercussioni sull’effetto in cottura.
PESCE A TRANCIO – È indiscutibilmente la dimensione più percorsa nel mondo del pesce alla brace, vuoi perché già suddivisa comodamente in porzioni singole, vuoi per una tendenza di consumo sempre più rivolta alle piccole quantità di cottura. È quindi anche quella un pochino più sdoganata ma la mia intenzione qui è quella di entrare un pochino più nel dettaglio di come cuocere questo dimensione di pesce nel barbecue. Il primo distinguo è il “con pelle/senza pelle”. Trancio di Salmone, filetto di sgombro, trancio di pesce spada, sono alcuni esempi di pesci che spesso vengono grigliati o piastrati con pelle e a volte, SULLA pelle. Si tratta chiaramente di cotture dirette, dove l’abilità del griller è quella di moderare temperatura e irraggiamento al fine di ottenere una polpa cotta ma non asciutta e al contempo una pelle disidratata e croccante ma non bruciata, magari aiutandosi con un velo di olio sulla superficie per condurre calore e velocizzare la maillardizzazione. Cotture di pesce alla brace o in piastra senza pelle, possono invece essere quella della bistecca di tonno e di spada.
Tralasciando i casi particolari ma molto espressivi per la cucina barbecue, delle cotture Tataki, della cottura in planking e dell’affumicatura a freddo, a cui abbiamo già dedicato spazio in articoli dedicati, a questo punto subentra la valutazione della grassezza del pesce, fortemente indicativa del tipo di approccio alla cottura da adottare. Pesci magri come il tonno e in parte lo spada, esattamente come avviene per la carne, richiedono tempi di cottura molto rapidi a temperature di esercizio alte e maillardizzazioni veloci, ciascuna con la sua temperatura al cuore ideale, comunque lontana dalla completa denaturazione, molto efficaci in particolare sulla cottura del pesce alla brace. Pesci più grassi come il salmone sopportano e gradiscono invece temperature di cottura leggermente più avanzate e si prestano bene alla cottura indiretta anche se proporzionate a tranci, eventualmente anche con temperature di esercizio più aggressive se si cerca una particolare doratura.
PESCE INTERO – È uno dei crucci maggiori. Il motivo principale è che la cottura del pesce intero non avviene quasi mai su pesci molto grandi, scomodi da gestire e proprio per questo generalmente ridotti a tranci. L’oggetto sono molto più di frequente pesci di media dimensioni che coincidono però spesso con specie dalla polpa molto tenera e delicata, ostica da mantenere integra in cottura in griglia, come branzini o orate. Aggiungici poi che un pesce intero mantiene più facilmente la moisture. Questo è certamente un bene sotto molti punti di vista ma rende difficile portare la pelle esterna a diventare croccante. Finisce cosi per rimanere attaccata alla griglia accentuando ulteriormente il problema della delicatezza della polpa. Risultato classico: mangiare poi il pesce con il cucchiaino…
In realtà, la soluzione è relativamente semplice e passa attraverso l’utilizzo di una graticola a maglie flessibili, che si adattandosi alla forma del pesce, lo contengono “a libro” evitando il contatto diretto con la griglia e consentendo di poterlo girare e spostare in un secondo e senza rischi. Le maglie sono poi studiate per condurre facilmente calore e con l’aggiunta di giusto un velo di olio sulla pelle, creano velocemente una cauterizzazione nei punti di contatto che consente poi a fine cottura di poter aprire la graticola mantenendo il pesce perfettamente integro. La classica domanda a questo punto è: “cottura diretta o indiretta?“. La risposta è “entrambe” a seconda dei gusti personali. In cottura diretta probabilmente prevale l’intensità di gusti e profumi (in particolare se parliamo di pesce alla brace), in cottura indiretta un filo di più la conservazione della moisture e l’integrità della texture ma di base, molto valide e percorribili entrambe. Ti consiglio solo di mantenere una temperatura di esercizio moderata nel caso di una cottura diretta e più alta in cottura indiretta, abbassandola progressivamente solo all’aumentare delle dimensioni del pesce nel barbecue. In un caso o nell’altro, c’è chi dice di cuocere il pesce fino a quando gli occhi non diventano opachi. Io personalmente preferisco un altro metro: quando premendo sulla pelle tra una maglia e l’altra della graticola, la polpa cede e non è più elastica, ci siamo. That’s it. Non vale la pena complicarla più di cosi.
Scostandoci per un secondo dal concetto “stretto” di pesce alla brace e a completamento del quadro descrittivo, mi sento solo di segnalare contrariamente al comune pensiero, una certa predisposizione del pesce intero (eventualmente anche diviso in baffe) più grasso alla cottura Low&Slow o eventualmente anche Hot&Fast, perché no. Non appartiene moltissimo al nostro modo di interpretarne la cottura del pesce alla brace, ma il pesce al barbecue in purezza, è una vera sorpresa. Puoi avere facilmente un assaggio di quello che intendo dire se vuoi, provando la mia ricetta del Pulled Salmon.
Adesso hai una mappa completa delle possibili espressioni di cottura del pesce alla griglia, come sempre partendo dai principi fisici e dalla logica, indipendentemente che si parli di pesce alla brace o realizzato su grill a gas o elettrico. Hai capito anche i punti critici che distinguono la cottura del pesce alla griglia a trancio o intero e quelli dei crostacei, dei cefalopodi o dei molluschi e addirittura quando è possibile cuocere pesce al barbecue in purezza.
Ora vai e devasta la pescheria più vicina a casa tua per provare tutte le cotture sul campo ed inondare la tua griglia di omega 3.
Buon divertimento e buon pesce nel barbecue!